Messa di mons. Napolioni in carcere: «Ognuno di noi è una tessera del mosaico del volto di Gesù. Insieme diventa tutto possibile, soprattutto il bene»

Mercoledì 16 marzo nella casa circondariale di Cremona la celebrazione presieduta dal Vescovo in vista della Pasqua

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Visita ufficiale del vescovo Antonio Napolioni nella casa circondariale di Cremona nel pomeriggio di mercoledì 16 marzo. L’occasione è stata la Messa in preparazione alla Pasqua celebrata per i detenuti e gli operatori penitenziari.

Non il primo ingresso all’interno del carcere cremonese, come i detenuti stessi hanno ricordato nel saluto iniziale: «È bello poterci vedere così presto – ha detto uno di loro – dopo la prima visita che ci fece subito dopo l’ordinazione. È venuto in carcere, è uscito e dopo poche settimane è di nuovo qui: esattamente come capita a molti di noi. Solo che della sua recidiva possiamo solo ringraziarla».

Proprio a fronte di queste parole il Vescovo ha voluto ricordare un’ulteriore sua presenza in questo luogo: in occasione della Via crucis per gli adolescenti della città, iniziata proprio dal piazzale del carcere. «Io ho pensato a voi – ha detto mons. Napolioni – e ho richiamato ai ragazzi l’attenzione per voi». Perché quella del carcere è una realtà che deve essere conosciuta, ha auspicato il Vescovo, sottolineando la presenza di alcuni adolescenti dell’oratorio di S. Abbondio e di tanti volontari, che a diverso modo operano nella casa circondariale, «un circondario che si accorge delle ferite della nostra società e se ne prende cura». «Lo facciamo poco e lo facciamo male – ha continuato il Vescovo – ma lo faremo meglio e lo faremo di più. Siamo qui per questo: per chiedere al Signore la forza di essere tutti migliori. E Lui ci dona la sua Pasqua, ci dona se stesso, perché ci riusciamo».

Ad accogliere ufficialmente il Vescovo le parole della direttrice Maria Gabriella Lusi, che ha espresso l’“entusiasmo” di questa giornata. «Il nostro – ha precisato la direttrice – è un contesto che può trarre un efficace lezione dall’entusiasmo, perché ci arricchisce di umanità». E come spunto di riflessione ha poi citato l’autore latino Terenzio: «Uomo sono: nulla di ciò che è umano mi è estraneo». Una “humanitas” da condividere in tutte le relazioni quotidiane, ha auspicato Lusi nella consapevolezza che «così facendo diventa anche molto più semplice il nostro difficile compito di rieducare la popolazione detenuta».

Nelle parole del detenuto, che hanno fatto seguito, il pensiero è andato al Giubileo del 2000 con Papa Giovanni Paolo II che aveva sottolineato come «questa forma punitiva riesce solo in parte a far fronte al fenomeno della delinquenza». A distanza di 16 anni, giunti al Giubileo della Misericordia, «il carcere continua a essere quello che è sempre stato». Saper leggere, capire e accompagnare le storie di chi è dietro le sbarre: questo l’auspicio dei detenuti. «I carcerati non esistono», è stato affermato nella consapevolezza che ogni generalizzazione è dannosa. Ci sono volti, nomi e storie, così non si può somministrare a tutti le stessa terapia. «Ciò di cui abbiamo più bisogno – hanno detto ancora i detenuti – sono relazioni ed esperienze positive, radicalmente altre a quelle che molti di noi hanno vissuto». E il riferimento è stata alla pecorella perduta della parabola evangelica, per la quale il pastore lascia tutto il resto del gregge per ricondurla all’ovile. «Lei oggi è qui fra noi – è stato detto ancora – pecore giudicate perdute, forse irrecuperabili, ma anche noi siamo parte della Chiesa di Cremona. Certo pieni di limiti, difetti e peccati anche gravi. Le chiedo di starci vicino, di pregare per noi e di raccontare fuori di qui quello che siamo, anche perché da vescovo recidivo del carcere in qualche modo è già diventato uno di noi».

La Messa è stata celebrata come consuetudine nel teatro del vecchio padiglione. Ha accompagnato la liturgia il coro formato da un gruppo di detenuti, sostenuti da alcuni volontari che con loro stanno condividendo un progetto proprio per l’animazione delle celebrazioni in carcere. A dirigerli uno dei due cappellani, don Graziano Ghisolfi.

L’altro cappellano, don don Roberto Musa, ha concelebrato l’Eucaristia insieme anche al direttore della Caritas diocesana, don Antonio Pezzetti, e mons. Felice Bosio, per oltre 40 anni guida spirituale a Ca’ del Ferro. A garantire il servizio all’altare è stato il diacono Marco Ruggeri, operatore di Caritas Cremonese in servizio proprio presso il carcere cremonese.

Nell’omelia il Vescovo ha fatto riferimento alle letture del giorno, particolarmente in sintonia con l’occasione poiché portavano all’attenzione i temi della libertà e della prigionia. «Non basta un carcere per togliere la libertà – ha detto il vescovo –. Toglie la libertà di muoversi, ma non di pensare, di volere, di amare».

Quindi il riferimento all’Innocente: il Cristo ingiustamente arrestato e ucciso sulla croce. Così mons. Napolioni ha ricordato come il Figlio di Dio «si è messo dentro la nostra carne», «con la nostra miseria che è prigione per Dio». In questo si palesa l’amore di Dio per ogni uomo; un amore fatto di vicinanza e misericordia.

Proprio guardando alla Pasqua imminente lo sguardo del vescovo si è focalizzato sulla gioia della beatitudine eterna, «dove non ci saranno celle, ma un banchetto».

Infine una domanda: «Come il Signore è presente nelle nostre celle, nelle nostre storie, lungo le nostre strade? Se ognuno di noi ne fa vedere un pezzetto agli altri! Ognuno di noi è una tessera del mosaico del volto di Gesù. Insieme diventa tutto possibile, soprattutto il bene».

Al termine della Messa il Vescovo è stato salutato con una poesia-preghiera scritta da uno dei detenuti e gli sono stati donati alcuni ricordi.

Quindi; dopo la benedizione; mons. Napolioni ha incontrato personalmente tutti i presenti donando loro una croce e la preghiera del Giubileo.

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