«La Vergine Maria antidoto alla frenesia del tempo»

Nel tardo pomeriggio di sabato 31 dicembre il vescovo Napolioni ha celebrato la Messa e il Te Deum di ringraziamento nella chiesa cittadina di S. Agostino

image_pdfimage_print

«Siamo schiavi o figli del tempo? Rischiamo di esserne schiavi, invece, siamo chiamati ad esserne figli! Figli del nostro tempo, della storia che abbiamo alle spalle, figli del dono di Dio che in ogni istante ci rende vivi, non tanto perché è il burattinaio che non taglia i fili per chissà quale destino di bontà, mentre ad altri sembra che la vita sfugga sempre, ma perché è realmente fonte di vita, anche nel male e nel dolore! È talmente fonte di vita che ama i suoi figli, li custodisce e li rende immortali, li riempi di eternità e li libera dalla schiavitù del tempo». Ha esordito così mons. Napolioni nell’omelia dell’ultima Messa dell’anno, celebrata, come da tradizione, nella chiesa cittadina di S. Agostino. Un’Eucaristia caratterizzata dal rendimento di grazie per i dodici mesi trascorsi attraverso il canto del Te Deum proposto dalla schola cantorum parrocchiale diretta dal maestro Isidoro Gusperti.

La Messa, ben partecipata da fedeli provenienti da tutta la città, è stata concelebrata dal parroco di S. Agostino-S. Pietro don Stefano Moruzzi, dal vicario don Roberto Musa, dai collaboratori parrocchiali don Giuseppe Ferri e don Pier Altero Ziglioli e dal sacerdote residente mons. Ruggero Zucchelli.

All’inizio mons. Napolioni ha venerato con l’incenso l’artistico presepio posto ai piedi del presbiterio, quindi ha ricevuto il saluto di don Moruzzi che ha ricordato l’antica tradizione di celebrare il Te Deum in S. Agostino: «La presenza del Vescovo, successore degli apostoli – ha detto – rinsalda la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa universale».

Nell’omelia mons. Napolioni ha stigmatizzato il comportamento dell’uomo contemporaneo che sembra sempre più schiavo del tempo: «Anche i nuovi mezzi digitali invece di aiutarci a vivere meglio – ha spiegato – aumentano la nostra ansia. La tecnologia oggi è ansiogena! Per cui non solo non ci basta il tempo, ma non lo sappiamo gustare, non ci sappiamo fermare a pensare, a capire. Siamo in preda a che cosa non si sa: a un motore che non si ferma eppure all’improvviso si inceppa, troppo tardi a volte per essere protagonisti della nostra vita».

Il presule ha evidenziato due trappole che rendono gli uomini schiavi del tempo: «Anzitutto la frenesia: per cui rincorriamo un benessere che non troviamo, perché lo cerchiamo male e cresce in noi una insoddisfazione che cerca risposte che ci ammalano sempre di più. Sempre più schiavi di mille forme di dipendenza. A tal proposito non posso che appoggiare chi nella nostra città giustamente cerca di limitare i danni della dipendenza dal gioco d’azzardo che rovina le persone, le intelligenze, le coscienze, le famiglie, la società stessa. Il dramma è che questa società attraverso le sue istituzioni un po’ alimenta queste dipendenze e un po’ cerca di ridurne i danni».

Guardando alla notte dell’ultimo dell’anno mons. Napolioni ha auspicato che si utilizzino meno botti e alcolici, ma si riscopra la gioia dello stare in famiglia, ma anche in piazza, ritrovando la fiducia dell’essere insieme.

Una seconda schiavitù riguarda la tentazione della nostalgia a scapito della memoria: «Nella fede noi viviamo il memoriale della morte e risurrezione del Signore! Non possiamo non ricordare la sorgente, il dono della salvezza, cosa ha fatto Dio per noi, chi siamo davvero, la fonte della nostra gioia e speranza. Non siamo nel mondo per sbaglio, siamo vivi per grazia e per amore». Eppure se tutto questo non si traduce in uno sguardo positivo sul presente e sul futuro e si guarda al passato nelle sue forme esteriori come se fossero le uniche «si cade nella malattia della memoria. La cultura europea, la più ricca ed evoluta del pianeta, si sta ammalando gravemente di un ripiegamento sul passato tanto è vero che non siamo capaci di trasmettere ai nostri giovani la voglia e la capacità di costruire un futuro più degno e più bello della vita che li abbiamo consegnato. Magari perché gli abbiamo illusi di un benessere materiale, senza dare loro un benessere interiore, di una pace profonda che diventa fecondità».

L’antidoto a tutto questo è Maria Santissima che nel mistero della Natività da parte sua «custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Il silenzio di Maria è un silenzio colmo di pace: «Lei ha fatto pace col tempo, perché l’eterno è entrato in lei, ha fatto della sua giovinezza la più importante maternità della storia. E farà della sua fedeltà sotto la croce un’esperienza d’amore infinito, tanto che nel suo cuore tutti i nostri frammenti di tempo, anche quelli più bizzarri e intrisi di peccato, trova misericordia, tenerezza di madre e speranza».

E così ha concluso: «Lei è regina della pace non solo per l’esemplarità dei suoi sentimenti, ma perché ci da’ la forza di essere costruttori di pace, con stili di tenerezza e gratuità, in ogni situazione di vita. Impariamo da lei, guardiamo lei, parliamone con lei, lasciamoci guidare da lei affinché tutta la Chiesa sia più mariana e perciò più madre e più feconda».

Ascolta l’omelia di mons. Napolioni

Domenica 1° gennaio, mons. Napolioni presiederà, alle 18, in Cattedrale, il solenne Pontificale nella solennità di Maria Madre di Dio e nella 50a Giornata mondiale della pace che quest’anno ha come tema: «La nonviolenza: stile di una politica per la pace». I canti saranno proposti dalla corale parrocchiale di Pieve Delmona.

Facebooktwittermail