Le quattro D di don Albertini, la formula per uno sport da vincenti (AUDIO)

L’assistente ecclesiastico del CSI nazionale ospite della polisportiva Sant’Alberto di Rivolta d’Adda per una serata con genitori, atleti e dirigenti

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No, l’importante non è partecipare. In vent’anni di vita da prete in parrocchia e nel ruolo di consulente ecclesiastico del Csi nazionale don Alessio Albertini ha raccolto prove e accolto abbastanza storie da convincersi che la celebre massima attribuita al barone De Coubertin rischia di portare lo sport decisamente fuori strada. Lo ha ribadito e spiegato venerdì sera nella serata organizzata a Rivolta d’Adda dalla polisportiva dell’oratorio Sant’Alberto ad una platea di genitori, atleti, dirigenti e allenatori con il titolo eloquente «Per uno sport da vincenti».

Ascolta l’audio della serata

Perché – dunque – l’importante non è partecipare. Il sacerdote milanese si alza in piedi e passeggia davanti alla scrivania preparata per il convegno («perché qui siamo tra amici»): «Quella frase – ricorda – in realtà era stata pronunciata da un pastore anglicano alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 1908 e non si fermava lì: disse che l’importante è vincere partecipare… purché si sia dato il massimo». Una precisazione che fa tutta la differenza del mondo.
La riflessione di don Albertini muove dalla considerazione di Carlo Ancelotti secondo cui «nella nostra Italia manca oggi una cultura sportiva». Don Alessio mette in guardia dal pericolo di adeguarsi: «Se l’unica cosa che conta è arrivare primo è chiaro che sei portato a cercare ogni via per essere qualcuno: doping, distinte taroccate, i meno bravi messi da parte…». E anche le migliori intenzioni educative, come quelle del Csi, non sono immuni. «Lo sport – aggiunge – è impietoso: fatto di risultati, tempi, misure al millesimo di secondo. Ti dice che puoi migliorare, ma anche che non vincerai mai un’olimpiade, che vuoi vincere ma puoi anche perdere». Così genitori ultras, allenatori scatenati, ragazzi che vivono attività sportiva come incubo per i continui giudizi: «Non diamo per scontato che riguardi solo gli altri», avverte don Albertini, che però – citando il Papa – invita a non accettare che la competizione tratti i ragazzi meno dotati come scarti: «Nessun ragazzo viene alla polisportiva perché vuole essere educato, ma perché vuole giocare. Ed è quella passione che un educatore deve tenere alta. Anche per chi ha meno talento: la grandezza di un allenatore non è nel gestire chi è meno bravo, ma nell’insegnargli ad essere sempre più bravo».
Allora come distinguersi, senza scadere nella falsa retorica de «l’importate è partecipare»? Con simpatia ed efficacia don Albertini lo spiega con la formula efficace delle 4D: «Dove: perché devi sapere dove andare per avere un obiettivo che motivi le tue scelte, ma dev’essere un obiettivo realista. Disciplina: la capacità di darsi delle regole, di mettere in ordine le priorità e fare rinunce, anche con l’aiuto di bravi maestri. Determinazione, ovvero la volontà di raggiungere un obiettivo nonostante il tempo che richiede, perché nell’epoca dell’iper–velocità dove tutto è a portata di clic, lo sport richiede ancora di accettare le lacrime e rischiare con tanta speranza. Di più: perché del talento dobbiamo rendere conto, e il talento che ciascuno di noi ha in modo diverso richiede di superarci sempre un centimetro alla volta». Ecco la ricetta per «vincere bene». Oltre le medaglie: «Perché – conclude citando la meravigliosa storia della coppia di alpinisti Nives Meroi e Romano Benet – la più grande vittoria è accorgersi che c’è qualcuno che ci sta aspettando e che ha bisogno di noi. Quando scopriamo che siamo destinati a qualcuno a cui dare il meglio di noi stesso, che sia una persona in carne e ossa o Dio, è la più grande vittoria».

 

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