Intorno all’opera/24 – Il destino di Hagia Sophia

Cosa succederà alla chiesa della Sapienza divina di Costantinopoli dopo la decisione della Turchia di farne una moschea?

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«E il mare mi porta un po’ lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato». È con queste poche parole aggiunte a braccio che, a margine dell’Angelus domenicale papa Francesco ha fatto riferimento alla decisione per Hagia Sophia (la chiesa della Sapienza divina di Costantinopoli, costruita nel 537) di farla tornare ad essere una moschea: venerdì 24 luglio con la preghiera solenne di mezzogiorno recitata davanti al presidente turco Erdogan (anzi, è stato proprio lui a recitare i primi versetti del Corano) e in diretta televisiva.

Lo era già stata per quasi cinque secoli, dalla conquista ottomana di Maometto II nel 1453 alla decisione del presidente Mustafa Kemal Atatürk nel 1934 di trasformarla in museo: priva cioè di funzioni religiose, aperta alle visite turistiche con biglietto d’ingresso.

La decisione formale era già arrivata due settimane prima, con un decreto presidenziale che ha fatto seguito a una pronuncia formale del Consiglio di Stato sulla revoca dello status museale.

I motivi politici della decisione di Erdogan e il contesto in cui sono maturati sono ben noti: esigenze politiche interne, dovute a difficoltà economiche e di conseguenza elettorali; volontà di rivendicare per la Turchia un ruolo di guida del mondo islamico, in ambito sia regionale mediorientale, sia globale.

La mossa del presidente turco ha però suscitato allarmi da parte dell’Unesco e di studiosi di tutto il mondo. Questi nei loro appelli hanno sollevato perplessità sul futuro delle strutture e delle decorazioni di Hagia Sophia, in termini sia di accessibilità, sia di conservazione. La chiesa-moschea, già museo, fa infatti parte del patrimonio mondiale dal 1985, la sua specificità è quella di offrire ai visitatori elementi architettonici e cultuali propri sia dell’islam sia del cristianesimo, giustapposti gli uni agli altri.

Le autorità turche hanno risposto rassicurando: tutto ciò che riguarda la conservazione continuerà a essere mantenuto, assicurando sulla visibilità delle immagini cristiane di età bizantina; d’altra parte, verrà abolito il biglietto d’ingresso e la struttura diventerà quindi (al di fuori degli orari delle cinque preghiere quotidiane) a entrata libera e gratuita. Nelle due settimane d’interregno sono apparse indiscrezioni e qualche foto dei primi interventi: grandi tappeti verdi; pannelli rossi che nascondono le impalcature per restauri da tempo in corso; veli che coprono, parzialmente, i mosaici della Madonna con Bambino e dell’arcangelo Gabriele sulla volta dell’abside (verranno alzati solo durante le preghiere).

L’impatto non è esteticamente gradevole, ma neanche devastante. Rimangono però da capire alcuni dettagli per il futuro: se tutti gli altri mosaici e affreschi rimarranno visibili; se dopo le preghiere verranno rimossi i tappeti che ricoprono i marmi pavimentali; se la nuova configurazione istituzionale consentirà le attività internazionali di ricerca e di restauro che negli ultimi decenni hanno arricchito le conoscenze su questo straordinario edificio. Vedremo.

a cura di don Gianluca Gaiardi
incaricato diocesano Beni Culturali

TeleRadio Cremona Cittanova
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