Intorno all’opera/30 – Gli affreschi di Bernardino Campi a Pizzighettone

Un commento del dottor Piazza, storico dell'arte della Soprintendenza di Mantova, sui tesori della chiesa di San Bassiano

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Per raccontare la bellezza di un tesoro del nostro territorio come sono gli affreschi della chiesa di San Bassiano a Pizzighettone, da poco oggetto di un restauro che ne ha restituito l’antico splendore, riportiamo volentieri uno stralcio di quanto recentemente scritto dal dottor Piazza della soprintendenza di Mantova.

Pizzighettone è un luogo che colpisce immediatamente, qualunque sia il punto che si sceglie per avventurarsi nel suo centro. Che ciò avvenga dal ponte sull’Adda o da via Marconi, non si può ignorare il richiamo di questo borgo all’interno di una cortina muraria ancora conservata.

Data la sua posizione di confine, eppure a mezza strada tra le città di Cremona, Crema, Lodi e Piacenza, spesso conteso dalle potenze dominanti del momento, non stupisce che in passato Pizzighettone fosse crocevia non solo di culture e commerci, ma anche zona vivace sul versante artistico: le emergenze principali, dalle mura ai resti dell’antico castello, stanno lì a ricordarlo.

Anche la chiesa parrocchiale dedicata a San Bassiano è scrigno di numerose opere, non sempre adeguatamente conosciute. Varcando la soglia, per esempio, non è scontato accorgersi che in controfacciata campeggia una Crocifissione affrescata da Bernardino Campi insieme agli oculi con i Profeti lungo la navata centrale. Questi ultimi sono stati oggetto di un recente restauro.

La decorazione fu intrapresa all’inizio del quinto decennio del Cinquecento, quando il giovane Bernardino Campi, nato il 31 dicembre 1521, aveva da poco concluso il periodo di formazione a Mantova: non a caso la Crocifissione è intessuta di un’eleganza memore degli anni appena trascorsi nella città dei Gonzaga, dove il protagonista è Giulio Romano con la sua équipe di collaboratori. Le notevoli dimensioni dell’affresco, che costrinsero i fabbricieri della chiesa di San Bassiano a tamponare il rosone della facciata, risentono forse del precedente di Pordenone nel duomo di Cremona. La cultura mantovana scorre anche nelle vene dei Profeti della navata centrale, che manifestano una evidente parentela con le effigi dei Cesari realizzate da Tiziano per il camerino di Federico II Gonzaga nell’appartamento di Troia di Palazzo Ducale, in seguito distrutte. Il recente restauro dei Profeti di Pizzighettone, oltre a rendere più agevole, grazie a una accorta pulitura, la lettura di questa memorabile sequenza di personaggi, ha permesso talvolta di recuperare le scritte nei cartigli, così che ora possiamo identificare i nomi di Esdra, Malachia e Giosuè.

La prospettiva dei finti oculi dai quali si affacciano i Profeti, sporgendo in fuori verso l’osservatore, crea un effetto illusionistico che un tempo risultava più efficace. Il degrado e le trasformazioni avvenute nei secoli (Bernardino Campi affrescò anche il presbiterio della chiesa, di cui però non resta più traccia) possono ostacolare la percezione complessiva di questo ciclo, che tuttavia è tra i più rappresentativi dell’intero manierismo cremonese.

Chi, malgrado tutto, riesca a cogliere la superba qualità delle pitture ripartirà soddisfatto da Pizzighettone.

(dott. Filippo Piazza, funzionario storico dell’arte)

a cura di don Gianluca Gaiardi
(incaricato diocesano per i Beni culturali)

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