In Ospedale la Messa del Vescovo per gli operatori sanitari (VIDEO)

Monsignor Napolioni nella ricorrenza del patrono dei medici: «Abbiamo ragioni di festa che devono prevalere sulle ragioni di preoccupazione e di rammarico o peggio ancora sulla paura»

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Nell’ambito della festa liturgica di san Luca, patrono dei medici, nel pomeriggio di lunedì 19 ottobre il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto, nella chiesa dell’Ospedale di Cremona, l’Eucaristia per gli operatori sanitari.

Un luogo non casuale quello scelto per celebrare questa festa, che – come ha sottolineato il Vescovo all’inizio della celebrazione – si è voluta vivere da «credenti, uomini e donne di servizio, di disponibilità quotidiana ai fratelli infermi». «Abbiamo ragioni di festa che devono prevalere sulle ragioni di preoccupazione e di rammarico o peggio ancora sulla paura», ha detto monsignor Napolioni a tutti coloro che portano «il sollievo e l’aiuto alla fragilità umana». E ancora: «Tra gli uomini c’è ancora la solidarietà».

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La Messa – animata con il canto dal coro Psallentes di Soresina – è stata concelebrata dai cappellani dell’Ospedale: don Marco Genzini, don Maurizio Lucini e don Riccardo Vespertini; con il servizio all’altare affidato al diacono Alberto Bigatti.
Presenti i vertici dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Cremona: il direttore sanitario Rosario Canino, il direttore amministrativo Gianluca Bracchi e il direttore socio-sanitario Paola Mosa.

A comporre l’assemblea anche l’Associazione medici cattolici italiani con il presidente Gianluigi Perati che all’inizio della Messa ha voluto ricordare tutti coloro che durante il loro servizio non si sono tirati indietro, ammalandosi loro stesso e persino perdendo la vita. Una professionalità che è stata «segno tangibile di un amore con la A maiuscola, di cui noi eravamo e siamo piccoli strumenti».

Nell’omelia il Vescovo ha riflettuto sul comandamento di guarite i malati. Una guarigione che, però, non è solo di tipo fisico. E per questo riguarda tutti «noi che concorriamo alla guarigione progressiva, graduale e paziente del mondo, dell’unico organismo vivente, intero, che è il corpo di Cristo, che è l’umanità». «Per cui la prognosi per questo mondo – ha affermato – è ancora riservata. Non solo per la congiuntura che stiamo ora attraversando. Ma perché c’è voluto un Dio che si facesse uomo e desse la sua vita per far circolare nel mondo gli anticorpi della salvezza».

E dal Vangelo di Luca (10, 1-9) il Vescovo ha tratto alcuni comportamenti concreti da attuare in questo viaggio. Li ha evidenziati proprio a partire dalla parole di Gesù.

Che invita ad andare due a due, come a dire che nessuno ce la può fare da solo. E qui un monito al lavoro di équipe: non solo per i professionisti, ma anche per le Istituzioni e i Paesi.

Pregando il Signore perché la messe è abbondante ma pochi sono gli operai. Una preghiera che per il Vescovo significa stima per le vocazioni altamente umane, ha spiegato invitando a far innamorate i giovani di questa vera e propria missione.

Agnelli in mezzo ai lupi, senza sacca né sandali. E qui il Vescovo ha sottolineato che la povertà di un operatore non è tanto quella di non avere gli strumenti tecnici necessari, quanto piuttosto il non poter pensare che la tecnologia «si possa sostituire alla qualità umana di un discernimento, alla responsabilità di una decisione, al dramma della solitudine in cui in certi momenti siete chiamati ad assumervi le vostre responsabilità».

Ecco allora che l’invito di Gesù ad affermare “Pace a questa casa!” diventa quella «parola d’ordine che viene prima delle diagnosi e delle prognosi, delle terapie e delle altre considerazioni proporzionalmente indispensabili: dare un senso di accoglienza, trasmettere fiducia, sicurezza e pace, perché l’inquietudine del malato è aggravante rispetto alla sua malattia».

«Così siamo chiamati a guarire i malati che incontriamo – ha concluso monsignor Napolioni – e a testimoniare che davvero il regno di Dio si avvicina attraverso la qualità dei nostri gesti, la verità delle nostre parole, l’onestà delle nostre attività, che hanno grandi potenzialità ma avranno sempre dei limiti».

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