Il valore della condivisione nell’incontro con l’altro

Il 26 giugno all'Happening riflettori puntati su tre realtà dell’accoglienza cremonese

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“Incontro bagnato, incontro fortunato”, ha commentato così don Antonio Pezzetti, direttore della Caritas di Cremona, il secondo incontro organizzato in piazza Stradivari dall’Happening di Cremona, che si è concluso sotto un breve temporale. L’incontro aveva al centro il rapporto con l’altro, altro che – come è stato messo in luce dall’introduzione di Davide Donno – mette in crisi le nostre certezze ma che è inevitabile, quotidiano, determinante per la costruzione della propria identità.

Per approfondire il tema dell’alterità è stato chiesto a tre realtà dell’accoglienza cremonesi di raccontare la propria esperienza di condivisione con persone straniere e che vivono situazioni di fragilità personale e familiare.

Pinuccia Meazza, della comunità Santa Rosa, che accoglie madri sole, e si impegna nella battaglia contro la violenza di genere, ha sottolineato come l’altro che accoglie è sempre un’altra persona, non un utente come spesso viene definito nel gergo, ed è necessario tenere ben presente questa cosa perché il fare educativo non sia solo un “fare per” ma soprattutto un “fare con”, un “fare insieme”.

Di lavoro educativo ha parlato anche Giulia Fiammenghi della cooperativa Nazareth, che si occupa da una decina d’anni dell’accoglienza di un altro fenomeno migratorio che è quello dei minori stranieri non accompagnati. La condivisione con questi ragazzi è fatta di due ingredienti fondamentali: il tempo per realizzare con loro attività che hanno come obiettivo il raggiungimento dell’autonomia e l’integrazione sul territorio, e lo spazio dove loro le realizzano, che sia l’appartamento in cui vivono insieme ad altri ragazzi piuttosto che il centro diurno, dove apprendono la lingua italiana anche grazie ai numerosi volontari.

Infine, don Antonio Pezzetti, ha chiuso raccontando quei gesti che spesso passano sotto silenzio e che in ventitré anni che è alla direzione della Caritas danno ancora valore all’operato che svolge: come il fatto che la prima cosa che chiedono alcuni migranti cristiani non sia il cellulare ma la Bibbia, come il semplice atto di togliersi il cappello quando entrano in ufficio da lui in segno di rispetto, o la richiesta da parte di alcuni di poterlo accompagnare la domenica quando va a celebrare Messa.

“Tu, cosa fai qui?” era il titolo di questo confronto come a voler rilevare quanto l’incontro con l’altro sia al tempo stesso sorprendete, ma anche faticoso, dirompente, in grado di mettere in gioco risorse sopite e inesplorate sia per chi è impegnato in prima linea nell’accoglienza sia per chi è accolto.

 

Il 25 giugno serata nel contesto del Sinodo dei giovani

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