Il Papa: tanti gli eroi nella pandemia, ripartiamo da un’umanità che scalda il cuore (VIDEO e FOTO)

Francesco esprime un intenso grazie per quegli “artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza” che sono i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari e anche i tanti sacerdoti che con la loro abnegazione e "creatività" non hanno mai lasciato soli malati e famiglie, anche a costo della vita. Tra i presenti in sala Clementina anche il vescovo Napolioni con alcuni dei cappellani degli ospedali cremonesi oltre al giovane cremonese Dario Abruzzi

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Un “abbraccio ideale” alle Regioni italiane più colpite dal coronavirus: l’ha dato, nella mattinata di sabato 20 giugno, Papa Francesco, ricevendo in udienza una rappresentanza di medici, infermieri e operatori sanitari provenienti dalla Lombardia, una delle Regioni italiane più colpite dall’epidemia di Covid-19. Una ottantina di persone in tutto radunate, nel rispetto del distanziamento e con indosso le mascherine. Tra loro anche il vescovo Antonio Napolioni con quattro sacerdoti cremonesi, scelti tra i cappellani che operano negli ospedali del territorio: l’incaricato per la Pastorale della salute don Maurizio Lucini che, insieme a don Riccardo Vesperini, presta servizio all’Ospedale di Cremona; don Alfredo Assandri in servizio all’Oglio Po di Vicomoscano; don Angelo Rossi che opera all’Ospedale Caravaggio-Teviglio. Con loro anche Dario Abruzzi, giovane medico cremonese figlio del dottor Luciano Abruzzi, neurologo dell’Ospedale di Cremona che in servizio ha contratto il virus che gli è costato la vita.

Presente il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, con una delegazione ufficiale, l’arcivescovo di Milano e metropolita di Lombardia mons. Mario Delpini con i vescovi di Bergamo, Brescia, Crema e Lodi, oltre che di Cremona, insieme anche a quello di vescovo di Padova. Presenti medici, infermieri, operatori sanitari e della Protezione civile, alpini, sacerdoti e religiosi.

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“Nel corso di questi mesi travagliati, le varie realtà della società italiana si sono sforzate di fronteggiare l’emergenza sanitaria con generosità e impegno – ha ricordato il Pontefice -. Penso alle istituzioni nazionali e regionali, ai Comuni; penso alle diocesi e alle comunità parrocchiali e religiose; alle tante associazioni di volontariato. Abbiamo sentito più che mai viva la riconoscenza per i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, in prima linea nello svolgimento di un servizio arduo e a volte eroico. Sono stati segno visibile di umanità che scalda il cuore. Molti di loro si sono ammalati e alcuni purtroppo sono morti, nell’esercizio della professione. Li ricordiamo nella preghiera con tanta gratitudine”.

Nel turbine di un’epidemia “con effetti sconvolgenti e inaspettati”, per il Santo Padre “la presenza affidabile e generosa del personale medico e paramedico ha costituito il punto di riferimento sicuro, prima di tutto per i malati, ma in maniera davvero speciale per i familiari, che in questo caso non avevano la possibilità di fare visita ai loro cari. E così hanno trovato in voi, operatori sanitari, quasi delle altre persone di famiglia, capaci di unire alla competenza professionale quelle attenzioni che sono concrete espressioni di amore”. I pazienti, poi, “hanno sentito spesso di avere accanto a sé degli ‘angeli’, che li hanno aiutati a recuperare la salute e, nello stesso tempo, li hanno consolati, sostenuti e, a volte, accompagnati fino alle soglie dell’incontro finale con il Signore”.

Il Papa ha sottolineato: “Questi operatori sanitari, sostenuti dalla sollecitudine dei cappellani degli Ospedali, hanno testimoniato la vicinanza di Dio a chi soffre; sono stati silenziosi artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza”. “Cultura della prossimità e della tenerezza – ha ribadito a braccio -. E voi ne siete stati testimoni, anche nelle piccole cose: nelle carezze…, anche con il telefonino, collegare quell’anziano che stava per morire con il figlio, con la figlia per congedarli, per vederli l’ultima volta…; piccoli gesti di creatività di amore… Questo ha fatto bene a tutti noi. Testimonianza di prossimità e di tenerezza”.

E, rivolgendosi direttamente a medici e infermieri, ha detto: “Il mondo ha potuto vedere quanto bene avete fatto in una situazione di grande prova. Anche se esausti, avete continuato a impegnarvi con professionalità e abnegazione”. Quindi, ha ricordato: “Quanti, medici e paramedici, infermieri non potevano andare a casa e dormivano lì, dove potevano perché non c’erano letti, nell’ospedale! E questo genera speranza”. Il Papa ha evidenziato: “Siete stati una delle colonne portanti dell’intero Paese. A voi qui presenti e ai vostri colleghi di tutta Italia vanno la mia stima e il mio grazie sincero, e so bene di interpretare i sentimenti di tutti”.

“Adesso, è il momento di fare tesoro di tutta” la “energia positiva che è stata investita. Non dimenticare! È una ricchezza che in parte, certamente, è andata ‘a fondo perduto’, nel dramma dell’emergenza; ma in buona parte può e deve portare frutto per il presente e il futuro della società lombarda e italiana”. “La pandemia ha segnato a fondo la vita delle persone e la storia delle comunità. Per onorare la sofferenza dei malati e dei tanti defunti, soprattutto anziani, la cui esperienza di vita non va dimenticata, occorre costruire il domani: esso richiede l’impegno, la forza e la dedizione di tutti”, ha sottolineato il Pontefice. Si tratta “di ripartire dalle innumerevoli testimonianze di amore generoso e gratuito, che hanno lasciato un’impronta indelebile nelle coscienze e nel tessuto della società, insegnando quanto ci sia bisogno di vicinanza, di cura, di sacrificio per alimentare la fraternità e la convivenza civile”. E, “guardando al futuro, mi viene in mente quel discorso, nel lazzaretto, di Fra Felice, nel Manzoni (Promessi sposi, cap. 36°, ndr): con quanto realismo guarda alla tragedia, guarda alla morte, ma guarda al futuro e porta avanti”.

In questo modo, ha osservato il Santo Padre, “potremo uscire da questa crisi spiritualmente e moralmente più forti; e ciò dipende dalla coscienza e dalla responsabilità di ognuno di noi. Non da soli, però, ma insieme e con la grazia di Dio”. E ha aggiunto: “Come credenti ci spetta testimoniare che Dio non ci abbandona, ma dà senso in Cristo anche a questa realtà e al nostro limite; che con il suo aiuto si possono affrontare le prove più dure. Dio ci ha creato per la comunione, per la fraternità, ed ora più che mai si è dimostrata illusoria la pretesa di puntare tutto su sé stessi – è illusorio – di fare dell’individualismo il principio-guida della società”. Ma, ha avvertito il Papa, “stiamo attenti perché, appena passata l’emergenza, è facile scivolare, è facile ricadere in questa illusione. È facile dimenticare alla svelta che abbiamo bisogno degli altri, di qualcuno che si prenda cura di noi, che ci dia coraggio. Dimenticare che, tutti abbiamo bisogno di un Padre che ci tende la mano. Pregarlo, invocarlo, non è illusione; illusione è pensare di farne a meno! La preghiera è l’anima della speranza”.

“In questi mesi, le persone non hanno potuto partecipare di presenza alle celebrazioni liturgiche, ma non hanno smesso di sentirsi comunità. Hanno pregato singolarmente o in famiglia, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, spiritualmente uniti e percependo che l’abbraccio del Signore andava oltre i limiti dello spazio”. Lo ha evidenziato, stamattina, Papa Francesco, ricevendo in udienza una rappresentanza di medici, infermieri e operatori sanitari provenienti dalla Lombardia. “Lo zelo pastorale e la sollecitudine creativa dei sacerdoti – ha aggiunto – hanno aiutato la gente a proseguire il cammino della fede e a non rimanere sola di fronte al dolore e alla paura”. Il Pontefice ha evidenziato: “Questa creatività sacerdotale che ha vinto alcune, poche, espressioni ‘adolescenti’ contro le misure dell’autorità, che ha l’obbligo di custodire la salute del popolo. La maggior parte sono stati obbedienti e creativi. Ho ammirato lo spirito apostolico di tanti sacerdoti, che andavano con il telefono, a bussare alle porte, a suonare alle case: ‘Ha bisogno di qualcosa? Io le faccio la spesa…’. Mille cose. La vicinanza, la creatività, senza vergogna”. Questi sacerdoti che “sono rimasti accanto al loro popolo nella condivisione premurosa e quotidiana” sono stati “segno della presenza consolante di Dio. Sono stati padri, non adolescenti. Purtroppo non pochi di loro sono deceduti, come anche i medici e il personale paramedico”. E, ha detto rivolgendosi ai presenti, “anche tra voi ci sono alcuni sacerdoti che sono stati malati e grazie a Dio sono guariti. In voi ringrazio tutto il clero italiano, che ha dato prova di coraggio e di amore alla gente”.

Il Santo Padre ha concluso: “Rinnovo a ciascuno di voi e a quanti rappresentate il mio vivo apprezzamento per quanto avete fatto in questa situazione faticosa e complessa. La Vergine Maria, venerata nelle vostre terre in numerosi santuari e chiese, vi accompagni e vi sostenga sempre con la sua materna protezione. E non dimenticate che con il vostro lavoro, di tutti voi, medici, paramedici, volontari, sacerdoti, religiosi, laici, che avete fatto questo, avete incominciato un miracolo. Abbiate fede e, come diceva quel sarto, teologo mancato: ‘Mai ho trovato che Dio abbia incominciato un miracolo senza finirlo bene’ (Manzoni, Promessi sposi, cap. 24°, ndr). Che finisca bene questo miracolo che voi avete incominciato! Da parte mia, continuo a pregare per voi e per le vostre comunità, e con affetto vi imparto una speciale benedizione apostolica. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, ne ho bisogno”.

Il testo integrale dell’intevento del Papa

Al al termine dell’udienza il vescovo Napolioni ha avuto modo di ricordare a Papa Francesco una significativa coincidenza: l’udienza, infatti, è avvenuta esattamente tre anni dopo la visita del Santo Padre in diocesi. Il 20 giugno del 2017 Francesco fu accolto proprio da monsignor Napolioni a Bozzolo dove visitò la tomba di don Primo Mazzolari dando idealmente avvio al processo di beatificazione del sacerdote originario del Boschetto. Un processo che oggi continua con le tappe della fase diocesana. Nell’occasione Papa Francesco espresse tutta la sua ammirazione verso la figura, il pensiero e l’opera di don Primo, che già aveva voluto omaggiare con una rosa d’argento da porre sulla sua tomba, nella chiesa parrocchiale di Bozzolo.

«Questo incontro che il Papa ci ha voluto concedere – ha commentato il vescovo Napolioni dopo l’udienza in sala Clementina – è stato un segno di conferma della grande attenzione che ha rivolto e ancora rivolge alle nostre comunità, così profondamente segnate negli scorsi mesi dal passaggio della malattia. Con le sue parole – aggiunge – ha sottolineato in particolare il valore della prossimità e della tenerezza nella cura del prossimo. Una attenzione che anche per il futuro deve orientare le scelte e l’atteggiamento di tutti noi».

 

 

 

 

 

 

 

Photogallery della delegazione cremonese in Vaticano

 

TeleRadio Cremona Cittanova
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