Il bilancio dei coniugi Dainesi di 9 anni di Pastorale famigliare: «Uno stile di vita che può plasmare davvero la Chiesa»

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Per nove anni i coniugi Maria Grazia Antonioli e Roberto Dainesi hanno guidato l’Ufficio di Pastorale famigliare della Diocesi di Cremona. Lei, 60 anni, medico e direttore del Consultorio Ucipem di Cremona. Lui 65, ex funzionario di Regione Lombardia. Della parrocchia di Cristo Re, a Cremona, sono sposati dal 1990 e hanno due figlie di 33 e 29 anni.

Che cosa significa oggi parlare di Pastorale famigliare?

«Vuol dire riconoscere che la famiglia non è tanto l’oggetto di una attenzione specifica, perché bisognosa di cura: è essa stessa a essere protagonista della pastorale. C’è anche da dire che la Pastorale famigliare non può essere considerata come un settore isolato della pastorale perché, proprio per le dinamiche delle famiglie, è trasversale a tutte le attenzioni pastorali: per questo si dice che l’attenzione alla famiglia dovrebbe essere il centro dell’azione pastorale. Ed è bello ricordare anche quanto il Vescovo ricorda spesso: proprio lo stile di vita famigliare può plasmare la vita della Chiesa, come richiamato da Papa Francesco in tante occasioni, a partire dall’esortazione apostolica Amoris laetitia».

Tra le tante iniziative promosse dall’Ufficio famiglia c’è sicuramente da segnalare l’esperienza dei weekend residenziali: come si è strutturata negli anni questa proposta?

«Il grosso patrimonio dei finesettimana a Folgaria, che abbiamo ereditato, con il passare degli anni è stato rimodulato per venire incontro alle nuove esigenze delle famiglie: dunque non più come una proposta unica e continuativa, ma con destinatari diversi e specifici per ogni weekend: coppie giovani anche senza figli, famiglie con bambini piccoli o coppie più mature. L’idea non è mai stata quella di una proposta esaustiva, cui potessero partecipare tutte famiglie della diocesi, piuttosto un modo per sottolineare alcune esigenze, stimolando le unità pastorali e le zone pastorali a recuperare queste attenzioni».

Il calo dei matrimoni è ormai un trend costante. Ma questo non ha diminuito l’attenzione riservata a chi “mette su” famiglia con i percorsi in preparazione al matrimonio: come fare in modo che non siano tappe obbligate, ma esperienze significative?

«È davvero una grazia che ci siano coppie giovani che desiderano sposarsi in chiesa. Questo richiede, dunque, tutta la nostra attenzione nei loro confronti, con la voglia di mostrare loro la bellezza del Vangelo e una Chiesa gioiosa. Rispetto ai percorsi di preparazione al matrimonio è importante sottolineare la formazione e insieme la grande disponibilità delle équipe, formate da coppie di sposi e sacerdoti insieme. Il desiderio è stato di non limitare l’attenzione alla preparazione al sacramento, ma poter essere vicini anche nei primi anni di nozze. Ciò ha portato quest’anno a dare vita a una simpatica occasione per reincontrarsi un anno dopo il matrimonio: il segno di un’attenzione che come Diocesi dobbiamo sicuramente coltivare».

C’è stata anche un’attenzione per le fragilità delle famiglie…

«Molte sono senz’altro le fragilità che la famiglia vive. Oltre a ciò che viene vissuto nelle singole comunità parrocchiali, come Diocesi, soprattutto sulla scorta di ciò che Amoris laetita propone, si è data una particolare attenzione alle persone separate, divorziate e in nuova unione, che hanno avuto la possibilità di essere accompagnate sia attraverso momenti di spiritualità che con colloqui individuali, con l’obiettivo di discernere la situazione anche in vista di un accompagnamento verso i sacramenti, qualora vi siano le condizioni. Inoltre, è appena iniziato un percorso per le famiglie nelle quali ci sono persone Lgbt+ e in questa direzione si aprirà anche uno sportello di ascolto».

Che cosa hanno significato per voi questi nove anni?

«Questi nove anni sono stati un’importante occasione di Chiesa, in cui mettersi al servizio di una realtà molto più grande di quella cui eravamo abituati. E abbiamo avuto la possibilità di tante nuove relazioni con sacerdoti, laici, coppie e realtà anche molto diverse: l’ascolto di tante storie ci ha davvero arricchito. Ma ci è servito pure per interrogarci, anche rispetto alla nostra vita di coppia. Ci sentiamo di dire tanti grazie, a cominciare dal Vescovo, che ci ha dato fiducia e con il quale c’è sempre stato un rapporto franco, di famiglia».

Quale augurio vi sentite di rivolgere alle due coppie che prendono da voi il testimone?

«L’augurio è quello di cogliere questa occasione per crescere nel loro rapporto di coppia e anche con Dio. Crediamo possano davvero continuare a crescere nella passione per la famiglia che già in questi anni hanno dimostrato iniziando a mettersi a servizio della Chiesa. Auguriamo loro anche di poter vivere questo incarico e gli impegni che ne derivano con un po’ di leggerezza, anche divertendosi e cogliendo il bello che c’è».

 

 

Nomine: i coniugi Botti-Boiocchi e Lucchi-Gerevini da settembre alla guida della Pastorale famigliare

TeleRadio Cremona Cittanova
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