Giornata della Memoria, il Corriere onora Mazzolari

Il quotidiano milanese dedica un articolo alla vicenda della famiglia di Oskar Tänzer, salvata dal parroco di Bozzolo dalle persecuzioni nazifasciste

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Nella Giornata della memoria dedicata alle vittime dell’Olocausto nazista il Corriere della Sera, nella pagine nazionali, ricorda don Primo Mazzolari come protettore di numerosi ebrei ed antifascisti. L’articolo, a firma di Carlo Baroni, descrive le disavventure di Oskar Tänzer e della sua famiglia, ebrei tedeschi prima rifugiati a Milano e poi, dopo le infamanti leggi razziali fasciste, a Bozzolo. In questo paesino mantovano essi trovano la salvezza proprio grazie al coraggioso parroco.

Scrive Baroni: “Nel 1936 Oskar lascia Saarbrücken per Milano. «Pensavamo di stare al riparo dalle persecuzioni — racconta — abitavamo in corso Buenos Aires. Non conoscevamo la città e neanche la lingua. Mi ha aiutato la mia buona memoria. Mi hanno messo subito in quarta elementare». Una nuova vita, la speranza che riprende forma. Due anni dopo, è il 1938, il regime fascista promulga le leggi razziali. Per gli ebrei è punto e a capo. I piccoli Tänzer esclusi dalla scuola. La comunità ebraica trova dei locali per farli studiare. «Una notte bussano alla porta: sono i poliziotti fascisti. Tirano giù mio padre dal letto e lo portano a San Vittore. L’accusa? È un ebreo…»”.

Prosegue il giornalista: “Oskar e i fratelli mettono in piedi un’attività da pellicciai: «Eravamo bravini». Poi la guerra e anche Milano diventa insicura. «Un nostro lavorante ci dice che i suoi genitori stanno a Bozzolo, nel Mantovano, lontano dagli echi della persecuzione razziale». Almeno, così sembra. I Tänzer respirano. Ma l’ombra nera del fascismo si allunga anche su quelle campagne. Il regime vuole i nomi di tutti gli ebrei che abitano a Bozzolo. «Si presentano a casa il podestà, il maresciallo dei carabinieri e il parroco, don Primo, appunto. Non vogliono denunciarci. Ci danno tre giorni per riuscire a scappare. Dove? Don Primo trova una famiglia di contadini. Noi chiediamo: sanno i pericoli che corrono? Lo sanno». Ma non si tirano indietro. Don Primo sempre al fianco dei Tänzer. Pronto a fare argine al Male che li circonda. «Mio padre, però, pensa non sia giusto costringere quella brava famiglia mantovana a rischiare la vita»”.

E così conclude: “Si riparte: Milano. E qui la portinaia li avverte dell’arrivo delle squadracce. Fuggono in Svizzera. Aiutati da una guardia di confine. Ma quando lo attraversano le autorità elvetiche non li vogliono. E ancora una volta la Storia prende la strada giusta. Passa un conoscente, persona di grandi disponibilità economiche. Li vede. Li fa restare. Settant’anni dopo Oskar Tänzer racconta di quel giorno che un futuro santo lo salvò”.

Proprio della vicenda di questa famiglia di ebrei è stato prodotto un documentario dalla Rai che è andato in onda sul canale 54 (RaiStoria) lo scorso settembre. Il filmato, tra l’altro, è accompagnato dal suono del violino della Shoah, messo generosamente a disposizione dalla famiglia cremonese Carutti e dal Comune di Cremona: si tratta di uno strumento appartenente a un ragazzo ebreo, suonato ad Auschwitz e ritrovato dopo anni di oblio.

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