Festa di famiglia in carcere in occasione della rappresentazione de “Il Piccolo Principe”

Nel pomeriggio di mercoledì 25 maggio dopo lo spettacolo i detenuti hanno potuto incontrare i propri figli. Presente anche il vescovo Antonio con i cappellani e i volontari

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È stata una vera e proprio festa di famiglia quella che si è svolta nel pomeriggio di mercoledì 25 maggio all’interno della casa circondariale di Cremona. La rappresentazione de “Il Piccolo Principe” proposta da alcuni detenuti, infatti, è stata l’occasione per aprire le porte del penitenziario cremonese ai figli di quanti qui stanno scontando la propria pena. Presente anche il vescovo Napolioni che, nel suo saluto, ha parlato del carcere come famiglia di famiglie.

Una dozzina i detenuti saliti sul palco per uno spettacolo che è il frutto del laboratorio teatrale portato avanti grazie alla disponibilità dell’attore cremonese Alfonso Alpi, che da alcuni anni, come volontario, sta portando avanti questo progetto nella struttura di Ca’ del Ferro. Non senza difficoltà dato il continuo ricambio forzato dei partecipanti, dovuto in particolare ai trasferimenti.

Proprio lo stesso Alpi ha impersonato il pilota uscito dalla penna di Antoine de Saint-Exupéry. Costretto a un atterraggio di fortuna in pieno deserto del Sahara, mentre ripara il proprio aereo ha modo di incontrare un bambino, il Piccolo Principe appunto, interpretato da un altro volontario cremonese: il giovane Michele Alquati.

Da qui prende avvio l’avventura dell’aviatore che visita altri pianeti incontrando strani personaggi: un re, un vanitoso, un ubriacone, un lampionaio, un geografo… Parti affidate appunto alla dozzina di detenuti che negli ultimi sei mesi si sono impegnati per preparare al meglio questa rappresentazione.

Il laboratorio teatrale, però, va al di là del semplice tentativo di mettere in scena uno spettacolo. Asse portante del progetto è il coinvolgimento dei detenuti che, scegliendo di voler partecipare a questa iniziativa, intraprendono un percorso che non è fatto solo di tecnica teatrale, ma ricerca della propria autostima, impegno, capacità, voglia di mettersi in gioco e superare le difficoltà, la prima delle quali è certamente mettersi a nudo sul palco.

Per questo la rappresentazione de “Il Piccolo Principe” è stata molto di più di un saggio di fine anno. È stato uno spettacolo preparato con cura soprattutto pensando ai propri spettatori: le proprie famiglie e i figli loro e degli altri detenuti. Presenti anche i volontari che operano in carcere.

Nel teatro della casa circondariale, infatti, i detenuti con figli hanno avuto modo di incontrare i propri cari. Un fatto non così scontato per chi vive la detenzione. Tutti ne erano ben consapevoli. E nell’aria questo clima lo si respirava in modo palese. Tanto da emozionare persino la direttrice Maria Gabriella Lusi, da madre quasi incapace di prendere la parola al termine dello spettacolo.

Emozionato anche il vescovo Napolioni, presente insieme ai due cappellani don roberto Musa e don Graziano Ghisolfi. Toccante anche la lettera che proprio i detenuti hanno rivolto al Vescovo, ringraziandolo per l’affetto e la vicinanza che sta dimostrando, facendo percepire in modo tangibile un «abbraccio di misericordia».

Nel suo intervento il Presule, oltre che congratularsi con gli attori, ha voluto guardare alla «famiglia di famiglie» che aveva di fronte.

Non è mancato un regalo per il Vescovo: la cosiddetta preghiera della tenerezza insieme a una treccia di pane preparata dai detenuti, che mons. Napolioni ha garantito di voler portare il 26 maggio al santuario di Caravaggio per condividerla durante il pasto con i sacerdoti.

La conclusione del pomeriggio è stata nello spazio verde appositamente allestito tra il verde proprio non lontano dal teatro per poter garantire il giusto contesto per gli incontri familiari. In questo caso l’occasione è stata una buona merenda, con focacce e pizze preparata proprio dai detenuti.

Il pomeriggio del 25 maggio davvero ha rappresentato, dunque, un altro importante tassello nel lavoro portato avanti della Direzione della casa circondariale cremonese perché il carcere non sia una realtà isolata come un ghetto, nella consapevolezza che solo abbassando i ponti levatoi tra il carcere e la città sarà possibile garantire una reciproca conoscenza in grado di avvicinare le persone, abbattere le paure e aiutare a camminare tutti insieme per il bene della società. Un processo che anche la semplice rappresentazione dell’opera più conosciuta di Antoine de Saint-Exupéry in un contesto di famiglia ha aiutato a consolidare. In fondo “Le Petit Prince” è sì un libro per bambini, ma che si rivolge agli adulti, chiamati a riflettere su tanti temi importanti che interrogano personalmente.

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