Delpini: «La parrocchia comunica perché è comunicazione, non perché ha un prodotto da vendere»

Anche alcuni giovani della diocesi di Cremona al corso sulla comunicazione promosso nel capoluogo lombardo e che il 5 maggio ha visto intervenire l'arcivescovo di Milano

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Anche in parrocchia occorre educare alla comunicazione, perché ciascuno – e la parrocchia stessa – è comunicazione. È l’invito che l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha rivolto a quanti nelle parrocchie si occupano di comunicazione in occasione della mattinata di formazione organizzata sabato 5 maggio presso la sede milanese dell’Università Cattolica. L’evento nell’ambito dei percorsi formativi per i giornalisti e del corso “Parrocchia comunica” che, promosso dall’Ufficio per le comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi ambrosiana, vede la partecipazione,  tra i 170 iscritti, anche di un gruppo di giovani della diocesi di Cremona.

“Social media e video, l’impatto sulle nuove generazioni e l’educazione a una corretta fruizione” il titolo del convegno, promosso dall’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Milano e da Aiart Lombardia, in collaborazione con Ucsi Lombardia.

I lavori, aperti da mons. Davide Milani (responsabile della comunicazione ambrosiana e presidente dell’Ente dello spettacolo), sono stati impreziositi dall’intervento dell’Arcivescovo che ha offerto alle circa 500 persone presenti in sala una riflessione sul tema “La parrocchia comunica”. Partendo anzitutto dalla presa di coscienza che la parrocchia comunica perché è in se stessa comunicazione. «Con questo corso – ha infatti precisato Delpini – vorremmo preparare persone che, nella loro comunità o parrocchia, siano operatori della comunicazione. L’espressione “la parrocchia comunica” è provocatoria, perché non dice solo che essa è in grado di diffondere avvisi o comporre il bollettino parrocchiale, ma significa che la parrocchia stessa è un segno, perché esiste ed è presente nel territorio».

Eppure qualche volta questa presenza, seppur nevralgica, appare residuale, correndo il rischio da un lato di offrire un’immagine di vecchio e dall’altro di essere un messaggio omologato a tutti gli altri e che, pertanto, ha la necessità di segnalare le proprie iniziative per conquistare «clienti». Invece, ha continuato l’Arcivescovo: «La parrocchia comunica nel modo con cui esiste. Preparare a ciò le persone significa dare loro questa consapevolezza e la responsabilità di fare in modo che la parrocchia sia un messaggio coerente con la sua missione». Insomma, un «incoraggiamento», come lo definisce mons. Delpini, «per non vendere un prodotto, per non ripetere parole logore, ma per dare un’immagine vera, autenticamente cristiana, di profezia, consolazione e convocazione».

In un tale contesto, i Social sono un’agorà da cui non si deve evadere, ma che certo non esulano da rischi. In particolare quello di «sequestrare le persone», portandole a un individualismo che le rende più facilmente manipolabili. Per questo la responsabilità educativa dei comunicatori, a ogni livello, e come adulti, è di estrema importanza, delineata dall’Arcivescovo con «tre punti pertinenti».

Prima di tutto – riprendendo l’immagine usata da Papa Francesco – «il villaggio», la comunità che, educando, può aiutare nell’uso corretto dei mezzi a realizzare buone prassi, introducendo criteri per dire ciò che è bene e ciò che è male. L’educazione è più della formazione, perché ha sempre a che fare con la libertà di persone. Un secondo aspetto sono le regole, necessarie, come in tutti gli altri ambiti. Infine l’elaborazione di una «strategia di resistenza al male» di fronte a realtà rovinose. In tal senso da segnalare l’iniziativa “Parole Ostili”, dell’Istituto Toniolo, per sensibilizzare i giovani ad un uso consapevole dei termini e dei mezzi.

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Il convegno, che ha visto intervenire in apertura per un saluto Edoardo Caprino, vicepresidente Ucsi Lombardia, è proseguito con gli interventi di Stefania Garassini (presidente Aiart Milano e docente di Editoria multimediale all’Università cattolica), Paolo Braga (docente di Scritture per il cinema e la televisione alla Cattolica) e Paola Abbiezzi (segretaria Aiart Milano e docente di Storia della radio e della televisione alla Cattolica di Brescia).

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