Dal 29 novembre, prima domenica d’Avvento, in diocesi di Cremona si adotterà la terza edizione del Messale romano. Lo stabilisce il decreto vescovile del 15 ottobre, secondo quando deciso dall’intera Conferenza episcopale lombarda. «Il Messale è un libro dinamico – spiega don Daniele Piazzi, incaricato diocesano per la Pastorale liturgica – che si muove in base all’inserimento di nuovi santi, nuove celebrazioni e nuove normative».
Sfogliando il volume le novità che più balzano all’occhio sono quelle di tipo grafico, con una nuova impostazione generale e il corredo di immagini in stile moderno, oltre all’inserimento dei testi in canto, che sino ad ora erano tutti in appendice. «Questo a ricordare – sottolinea don Piazzi – che l’azione liturgica non è fatta soltanto di parole recitate, ma anche di gesti, canti e movimenti».
Tra le novità anche l’aggiornamento di alcune traduzioni. Il testo del Gloria viene allineato al testo greco con «gli uomini di buona volontà» che diventano «gli uomini amati dal Signore». Mentre nel Padre Nostro, come già nella nuova traduzione del Vangelo di Matteo, si aggiunge «anche» prima di «noi li rimettiamo ai nostri debitori», con a seguire la nuova formula «e non abbandonarci alla tentazione». Per il «Confesso a Dio onnipotente» si è adottato un linguaggio inclusivo, aggiungendo al termine «fratelli» anche «sorelle» e così in altre formule del rito della Messa. «Il fatto che siamo costretti a cambiare i modi di pronunciare cui eravamo abituati – conclude Piazzi – potrebbe diventare una buona occasione per riprendere una formazione liturgica e all’azione liturgica».
In una lettera rivolta all’intera comunità diocesana, il vescovo di Cremona sottolinea l’importanza e il lungo percorso che ha portato alla nuova edizione del Messale romano. «Nel tempo della revisione di questo testo liturgico di fondamentale importanza – scrive monsignor Napolioni – si sono evidenziate notevoli discussioni e diversità di pareri circa alcune delle modifiche proposte, ad esempio per l’inno cristologico del Gloria, per la preghiera del Padre Nostro e ancor più per la traduzione della formula per la consacrazione eucaristica (pro multis), discussioni e pareri che testimoniano l’amore e l’interesse per la liturgia e che manifestano sensibilità ecclesiali diverse e per certi versi tutte legittime e significative. Ora però che la laboriosa revisione del testo ha ottenuto l’approvazione dei Vescovi italiani e della Santa Sede, queste diverse sensibilità devono cedere il posto alla comune volontà di esprimere l’unità della Chiesa anche attraverso la fedeltà di tutti al testo liturgico appena pubblicato, nella consapevolezza che l’unità nella preghiera è espressione dell’unità nella fede».
Poi un appello a tutte le comunità e ai presbiteri: «Questo formulario – scrive ancora il vescovo Antonio Napolioni – ci impegna a una fedeltà al testo che non ingessa le nostre celebrazioni, ma le rende espressione comune dell’unica Chiesa radunata dallo Spirito Santo. Il principio della fedeltà, che si traduce in un vivo senso dell’obbedienza, impegna ciascun ministro a non togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa nella celebrazione dell’Eucaristia, nella consapevolezza che una superficiale propensione a costruirsi una liturgia eucaristica a propria misura, ignorando le comuni norme liturgiche, non solo pregiudica la verità della celebrazione, ma rischia di arrecare profonde ferite alla comunione ecclesiale, e non di rado sconcerta i fedeli. Auspico che l’adozione della nuova edizione del Messale susciti in tutti noi una rinnovata e approfondita sensibilità liturgica, che ci induca a sperimentare sempre più nella celebrazione eucaristica la centralità della presenza del Risorto che con il dono del suo Spirito ci apre alla lode grata e gioiosa al Padre e all’amore dei fratelli».
Per approfondire:
- Decreto del vescovo Antonio Napolioni
- Lettera di mons. Napolioni ai Presbiteri e alle Comunità cristiane
- Presentazione della Conferenza Episcopale alla nuova edizione
- Sussidio CEI “Un messale per le nostre assemblee”
- Articolo apparso sul quarto numero di Rivista di Pastorale liturgica
- Convegno tenuto dalla Regione Ecclesiastica Piemonte