Da Omobono la spinta ad essere una Chiesa più misericordiosa

Nel pomeriggio di domenica 13 novembre, in una cattedrale gremitissima, il vescovo Napolioni ha celebrato la festa del Patrono e ha ufficialmente chiuso in diocesi il Giubileo straordinario della misericordia

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Con il solenne canto del Magnificat, al termine dell’Eucaristia vespertina di domenica 13 novembre, presieduta dal vescovo Antonio in Cattedrale, si è chiuso, in diocesi, il Giubileo straordinario della misericordia aperto il 13 dicembre 2016. Una celebrazione solenne e semplice allo stesso tempo, caratterizzata dal ricordo di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona. Accanto a mons. Napolioni, l’emerito Lafranconi, il vicario generale don Massimo Calvi, i vicari episcopali e numerosi sacerdoti. Ad animare la liturgia il coro della Cattedrale rafforzato dalla schola cantorum di Castelverde e dal Discanto di Cremona, tutti guidati da don Graziano Ghisolfi e accompagnati all’organo da Fausto Caporali e da un quartetto di ottoni. In mattinata sono state celebrate dell’Eucaristie di ringraziamento nelle altre tre chiese giubilari della diocesi: il Santuario di Caravaggio con il vicario giudiziale mons. Mario Marchesi, quello della Fontana di Casalmaggiore con il vicario generale don Calvi e quello della Misericordia di Castelleone con il vicario episcopale per la pastorale don Giampaolo Maccagni.

Il solenne Pontificale è stato preceduto, com’è tradizione, dall’omaggio dei ceri da parte dell’amministrazione comunale e provinciale. Il sindaco Galimberti con buona parte degli assessore e il neo presidente della Provincia Davide Viola sono stati accolti dinanzi alla Cattedrale dal parroco mons. Alberto Franzini e accompagnati in Cripta dove già si trovavano in preghiera i vescovi Napolioni e Lafranconi, i canonici del Capitolo della Cattedrale e i seminaristi diocesani che hanno garantito un impeccabile servizio liturgico.

Dopo un breve scambio di saluti e l’auspicio da parte del Vescovo di una collaborazione stretta e proficua tra Chiesa e istituzioni civili per la promozione del bene comune e la difesa della dignità della persona, il primo cittadino Galimberti ha acceso tre ceri che poi ha posizionato attorno all’urna del Santo Patrono. Quindi è stata recitata la preghiera scritta dal vescovo Dante.

Mentre i presuli e i sacerdoti, nella sagrestia capitolare, hanno assunto i paramenti sacri la delegazione cittadina ha raggiunto i primi banchi dove erano già posizionati il prefetto Piacciafuochi, il questore Bonaccorso, i comandanti provinciali delle forze dell’ordine e delle forze armate. In seconda fila i rappresentanti degli artigiani che all’offertorio hanno offerto alcune stoffe e una somma di denaro da destinare ai più poveri assistiti dalla Caritas: è, questo, l’annuale omaggio dei sarti al loro patrono che dopo una vita dedicata alla mercatura, all’età di 65 anni si è dedicato alla penitenza e alla carità.

Nell’omelia mons. Napolioni ha utilizzato un escamotage letterario e ha fatto parlare direttamente Sant’Omobono: «Sentendolo vivo oggi – ha esordito -, ho provato a chiedergli come ha visto e vissuto lui, al nostro fianco, l’anno giubilare che va a chiudersi. E cosa ci suggerisce per il cammino che continua». Ne è nata una corposa riflessione che guardando alle caratteristiche principali del Santo ha offerto spunti di vita concreta a tutti.

Anzitutto Omobono, per bocca del vescovo Antonio, ha esortato ad affidarsi totalmente alla verità del Vangelo: «Credete a me che tanto mi affannavo a tessere, a far da sarto e a commerciare, per vestire i ricchi, accontentare i mediocri, guadagnare e farmi una sicurezza». Una vita, dunque, tutta basata sulla ricchezza e sull’apparenza, ma al contempo segnata da una tremenda inquietudine e ansietà: proprio questi sentimenti lo portarono a 65 anni a vivere il suo Giubileo di misericordia, che dura tuttora: «Provare la commozione per il Vangelo e la spinta della carità è stata la svolta della mia vita. Quando potevo disperare di me, ho ricominciato a credere e sperare e il Signore mi ha fatto capre che non è mai troppo tardi per lui». Un invito alla speranza per tutti, perché sempre «si può ricominciare».

Quindi lo sprone ad essere uomini e donne di misericordia «perché il mondo non muoia nella durezza di cuore». Viceversa l’affidarsi alla sua Parola guarisce dall’indifferenza e conduce ad aprire l’esistenza all’altro: «La città – ricorda ancora Omobono – era la mia famiglia. Le guerre, la peste e le carestie, imponevano di non guardare dall’altra parte, e sentivo, finalmente, che i miei beni dovevo condividerli, generosamente e naturalmente, con chi soffriva».

Lo sguardo si è poi posato sul Giubileo non per fare un bilancio, ma per investire ancora di più in misericordia: «Al confessionale si giocherà ancora il futuro della Chiesa, se chi bussa troverà ascolto, comprensione, amore, il perdono di Dio stesso». E se una porta santa si chiude, non si ferma la missione dei cristiani che dovranno uscire per le strade per bussare a quelle porte «meno sante, quelle che sembrano sbarrate, maledette, che fanno paura. Per donare la pace e fare comunione».

Una accenno, senza però citarlo al Sinodo dei giovani: «Ascoltateli senza pregiudizi, perché vi stupiranno col bene di cui sono capaci, in ogni epoca».

Ai laici Omobono ricorda che la Chiesa ha bisogno estremo di loro per essere più bella, più leggere, più viva, più di Gesù: «Il vostro lavoro e la vostra partecipazione attiva alla vita della società siano sempre un contributo alla pace, al bene di tutti».

Da ultimo la spinta a non temere di fare silenzio per imparare veramente a pregare, a stare in dialogo con Dio: «Sapete che – racconta sempre il Santo -, convertito a più viva fede, io scelsi le vie della penitenza e della preghiera, per obbedire al Santo Vangelo e alla Madre Chiesa».

E infine l’augurio «di riprendere ancora, già da stasera, il cammino della santità. Io vi sarà sempre vicino, dal senso del mistero santo di Dio».

Il testo dell’omelia del vescovo Antonio (pdf)

Al termine dalla celebrazione, prima della benedizione episcopale con annessa indulgenza plenaria, è stato intonato il canto del Magnificat in segno di riconoscenza a Dio per il dono grande del Giubileo della Misericordia. Nel segno di Omobono, «uomo di pace, padre dei poveri e amante del vero».

Photogallery (Servizio Cristian Chiodelli)

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