“Canti sacri”, il nuovo CD con musiche di Fulvio Rampi

Esecutori il Coro Sicardo e l’organista Stefano Molardi

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Nel pomeriggio di sabato 20 gennaio, presso i locali della parrocchia di S. Abbondio, a Cremona, si è tenuta la presentazione ufficiale del nuovo cd “Canti sacri”, una raccolta di composizioni di Fulvio Rampi eseguita dal Coro Sicardo (fondato e diretto dallo stesso Rampi) e accompagnate all’organo da Stefano Molardi. Il nuovo disco è disponibile presso la parrocchia di S. Abbondio.

In una sala particolarmente affollata, il parroco di S. Abbondio don Andrea Foglia ha spiegato come egli stesso abbia promosso e sostenuto l’iniziativa, a nome della Parrocchia, con l’intento di raccogliere in una registrazione alcuni fra i brani più significativi che, nel corso di tanti anni, Rampi ha composto per la liturgia della Cattedrale (è stato infatti maestro di Cappella della Cattedrale dal 1998 al 2010) e per le celebrazioni in S. Abbondio, dove con il Coro Sicardo svolge regolare servizio liturgico da ormai sette anni.

Da sinistra: don Andrea Foglia e il maestro Fulvio Rampi

Alla soddisfazione e al plauso del parroco per la qualità delle composizioni e dell’esecuzione corale, hanno fatto seguito i ringraziamenti del maestro a tutti i protagonisti del nuovo progetto, a lungo preparato e illustrato dallo stesso direttore-compositore con dovizia di particolari nei suoi contenuti.

Le nuove composizioni di Fulvio Rampi presentate in questo progetto discografico, oltre a fare sintesi della grande lezione del passato, si caratterizzano per la vivace ricerca di soluzioni armoniche ed espressive, sempre suggerite dal significato e dalla destinazione liturgica dei testi. Altrettanto dicasi per il variegato stile compositivo, opportunamente utilizzato in base ai soggetti coinvolti nell’esecuzione, dal coro a voci miste all’assemblea liturgica, dal solista al “choro favorito”. Gli interventi organistici sono sempre pensati come sostegno del canto, senza che la parte strumentale prevalga sull’impianto vocale.

Speciale attenzione è stata riservata al coinvolgimento dell’assemblea, segnatamente nei brani dell’Ordinario. Ed è precisamente nei canti della Messa a testo fisso (Signore pietà, Gloria, Santo, Agnello di Dio) che è possibile notare la spiccata varietà stilistico-formale, oltre che linguistica, che accompagna le nuove composizioni vocali. Un discorso a parte merita il Credo, per il quale è stata considerata la versione testuale in lingua latina del Simbolo apostolico. Si tratta, in questo caso, del brano più complesso ed elaborato non solo del corpus dell’Ordinario della Messa, ma dell’intero repertorio del disco. L’esecuzione è interamente affidata al coro, suddiviso in alcune sezioni del testo fino a otto voci; la scrittura musicale, pur privilegiando procedimenti omoritmici, esige spiccate qualità vocali e notevole perizia tecnica, distinguendosi in modo deciso dallo stile compositivo degli altri brani dell’Ordinario.

I brani del Proprio si aprono con il canto d’ingresso per la solennità patronale di sant’Omobono per coro a quattro voci e organo; il possente offertorio di Pentecoste Confirma hoc, Deus è trattato in forma di solenne corale polifonico omoritmico a due strofe con raddoppio strumentale “in organo pleno”. La sezione dedicata all’Eucarestia prevede due brani di struttura stilistico-formale opposta. Il mottetto polifonico O sacrum convivium, nell’originale testo latino, prevede l’esecuzione a cappella del coro a quattro voci, mentre di tutt’altro genere si presenta il secondo brano eucaristico, questa volta con testo in italiano, Ecco il corpo, che richiede l’esecuzione assembleare sia per il ritornello che per le strofe. Completa il programma una corposa sezione di otto brani a tema mariano, aperta dall’inno Ave maris stella, nella tradizionale versione in lingua latina e con veste musicale che, discostandosi in parte dalla lezione antica, riserva la medesima monodia accompagnata alle strofe dispari, alternandola alla polifonia a cappella, sempre diversa, delle strofe pari. Segue il mottetto Ave Maria: nella prima frase del testo latino (Ave Maria….benedicta tu in mulieribus) risulta evidente l’allusione al frammento musicale già utilizzato nel Credo in riferimento al mistero dell’Incarnazione (qui conceptus est de Spiritu Sancto).

La sequenza Stabat Mater, formata da venti versetti, è stata suddivisa in cinque “blocchi” da quattro versetti ciascuno. Ogni blocco è caratterizzato da una medesima struttura compositiva interna, che si richiama alle principali forme liturgico-musicali che hanno attraversato i secoli: il primo versetto riprende l’antica versione monodica in canto gregoriano, il secondo e il terzo versetto presentano una versione polifonica originale e ricca sotto il profilo ritmico-armonico, mentre il quarto e ultimo versetto di ogni blocco si rifà alla forma del corale protestante con scrittura omoritmica a quattro parti.

Alla ricercata varietà della costruzione armonica del mottetto in lingua latina Salve Regina si contrappongono due semplici “canzoncine alla Vergine”, di sapore popolare: Stella del nostro mar e Curvano vago serto. Esse intendono rappresentare la lode tanto semplice quanto autentica – a tratti volutamente ingenua – dell’intero popolo di Dio alla Madonna. Il variopinto lessico adottato nelle diverse epoche di stesura dei testi qui utilizzati (XVI e XVII secolo) evidenzia, pur nell’unità di intenti, la pluralità di accenti espressivi e di atteggiamenti che i figli manifestano verso la Madre celeste, invocata con confidenza filiale e con cuore sincero. Chiudono il programma il breve mottetto meditativo per coro a quattro voci Nigra sum e l’Inno alla Vergine Lauretana, la cui solenne melodia popolare, affidata all’assemblea, è integrata dalla polifonia del “choro favorito” e sostenuta dal corposo accompagnamento organistico.

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