Campo Ac 2024, “la responsabilità che manca, che salva, che cambia la vita”

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Lo scorso 25 Aprile in Piazza S. Pietro, in occasione dell’incontro con gli associati di Azione Cattolica, Papa Francesco aveva lasciato tre riflessioni sul tema dell’abbraccio: un abbraccio che manca, che salva e che cambia la vita.

Facendo eco a queste sollecitazioni è nata l’idea di “Fatta a mano: la responsabilità che manca, che salva, che cambia la vita”, titolo e tema del campo nazionale del Settore Giovani che si è tenuto a Castellammare di Stabia. L’esperienza associativa è intrisa del concetto di responsabilità, sia essa declinata nel concreto rivestire un ruolo a livello diocesano, regionale, nazionale, ma anche e soprattutto nell’essere testimoni di quella Missione che ognuno ha scelto di condividere in quanto associato. Facile a dirsi, ma molto spesso difficile a farsi, soprattutto per i giovani, frequentemente sballottati tra desideri e ambizioni, insicurezze e fragilità. I tre giorni all’ombra del Vesuvio, quindi, hanno provato a fornire una guida e gli strumenti necessari per aiutare tutti coloro che si sono presi un impegno nel proprio territorio a vivere al meglio quel ruolo con spensieratezza, ma anche con profondità.

Dopo un primo giorno di arrivi, saluti, conoscenza e accoglienza, la seconda giornata di campo si è aperta in bellezza con una mattinata di deserto, guidata dagli spunti di don Michele Martinelli. Partendo da un brano del Vangelo di Luca (Lc 10, 1-11), i ragazzi sono stati invitati a riflettere su come vivere e far vivere l’AC in una società sempre più individualista e complessa. La responsabilità dell’essere cristiano spesso comporta il sentirsi come agnelli in mezzo ai lupi, ma vive anche della rassicurante consapevolezza di non essere mai soli durante il viaggio. Nel lessico dell’AC questa consapevolezza prende anche il nome di “corresponsabilità” e proprio quest’ultima è stata il cuore dell’attività del pomeriggio. Assieme a don Luigi Verdi, sacerdote, artigiano e fondatore della Fraternità di Romena, ognuno ha provato a rappresentare cosa significava per sé l’AC utilizzando materiali di scarto. La vera bellezza di questa esperienza è emersa quando i gruppi sono stati invitati a unire i lavori in un’unica opera d’arte che potesse racchiudere in sé il significato e le specificità di ogni sua parte. Essere corresponsabili significa proprio questo: unire le proprie differenze e sensibilità verso il raggiungimento di un obiettivo comune.

Se gli iniziali due giorni  hanno portato stimoli riguardo a una responsabilità che a volte manca, ma che sa salvare, il terzo è ruotato attorno ad alcuni momenti che hanno provato a far riflettere su come la responsabilità può cambiare la vita. Il primo di questi è stato la visita di Villa Fernandes a Portici, edificio storico confiscato alla camorra nei primi anni 2000 e che oggi è un vero e proprio bene comune, un incubatore sociale a servizio della comunità e dei giovani. Nel pomeriggio, invece, si è svolto l’incontro con il presidente nazionale Giuseppe Notarstefano che ha voluto commentare insieme ai giovani gli orientamenti per il triennio 2024-27. Assieme alla sua testimonianza, si sono alternate diverse attività nelle quali si è discusso di come calare queste indicazioni nel concreto delle realtà locali e diocesane, e conseguentemente di come l’essere responsabili possa essere davvero fattore di cambiamento. La giornata si è chiusa con la veglia al tramonto e con la serata finale curata dalla delegazione regionale della Campania che si è svolta, come non poteva essere altrimenti, all’insegna della festa tra balli, canti e buon cibo.

«Vivere un campo nazionale sul tema della responsabilità all’inizio di un mandato – commenta il consigliere diocesano di AC Cremona per il settore giovani Matteo Bovarini – è stato sicuramente speciale ed estremamente formativo, ma, ancora più prezioso, è stato il conoscere realtà diverse e dialogare con persone provenienti da tutta Italia che condividessero il carisma dell’AC. Se ero partito con una sana curiosità e tanta voglia di fare, ora sento di avere anche gli strumenti per tramutare questa spinta in qualcosa di concreto. Il confronto con modi  differenti di vivere e sentire l’Associazione mi ha aiutato a capire quanto vasto e vario sia il campo della missione. Eventi come questo, oltre a rinsaldare nella fede e nel percorso associativo, penso abbiano il grande pregio di aiutare a ricordare che la forza dirompente dell’AC travalica da sempre il tempo e lo spazio, sa superare le difficoltà e le fatiche locali e adattarsi ai tempi. Questo è certo – conclude Bovarini – ma per farlo al meglio essa ha bisogno di quella voglia di “osare l’inedito”, alla quale don Michele ci ha esortato più volte durante il campo; ha bisogno di quella passione che ho visto negli occhi degli assistenti nazionali, regionali e diocesani che ho incontrato e che ho fatto mia; ha bisogno di persone responsabili che con la propria testimonianza le diano costantemente un nuovo slancio».

TeleRadio Cremona Cittanova
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