Azione Cattolica, intervista alla presidente Corbari in vista della Festa dell’adesione

Si celebrerà come tradizione l'8 dicembre, nella solennità dell'Immacolata

image_pdfimage_print

Come ogni anno la giornata dell’8 dicembre rappresenta per l’Azione Cattolica la festa dell’adesione. Una ricorrenza che quest’anno assume un significato ulteriormente importante visto che il nuovo anno associativo porterà al rinnovo delle cariche. Ne abbiamo parlato con la presidente diocesano, Silvia Corbari.

L’anno associativo che si celebra l’8 dicembre è un anno speciale, perché segna anche il rinnovo delle responsabilità nelle diverse realtà di Azione Cattolica. Che cosa significa questo momento?

«La scelta democratica dell’Azione Cattolica, che continua a caratterizzare la nostra esperienza associativa, ha diversi significati. È prima di tutto un’esperienza di partecipazione, che, se vogliamo, nasce dalla volontà di sperimentare il valore del sentirsi Popolo di Dio, che partecipa alla missione della Chiesa e, concretamente, viene chiamato a farlo anche andando a scegliere responsabili e progetto associativo. È anche un’esperienza di servizio, in cui ai nuovi responsabili è chiesto primariamente di mettere a disposizione tempo, relazioni, intelligenza per accompagnare la vita dell’Associazione. Infine è un momento esperienziale, in cui allenarsi a quelli che sono i tempi, le regole e i ritmi che guidano l’esperienza della partecipazione e della democraticità oggi, che tutti abbiamo imparato a vivere proprio in AC».

Che cosa è richiesto oggi a un responsabile associativo?

«È richiesta prima di tutto una grande disponibilità alla relazione, al valorizzare i rapporti tra le persone e le risorse che ciascuna può portare. Lo stile è quello della sinodalità e l’attenzione quella che caratterizza i rapporti di una famiglia, in cui ciascuno ha un valore. Per far questo serve essere capaci di ascolto, di lettura della realtà in cui si vive, ma anche di creatività, nel trovare strade nuove, come ci chiede Papa Francesco».

Qual è il volto dell’Azione Cattolica diocesana oggi?

«L’AC cremonese sta vivendo, come tutte le esperienze in Italia, un momento di cambiamento. Gli aderenti sono circa 2000, suddivisi in 60 associazioni, di cui 11 interparrocchiali. Più che di un volto io parlerei di “volti”, dal momento che i progetti delle varie esperienze sono molto differenti tra loro, perché corrispondono a territori diversi e a risorse diverse. I volti, poi, sono proprio legati alla persone che partecipano alla vita associativa, che sono tra di loro sempre più in relazione, valorizzando la dimensione associativa della diocesanità».

Quali i problemi e le risorse dell’AC oggi?

«Tra i problemi individuo soprattutto la difficoltà a costruire un progetto associativo da parte delle singole esperienze. Sono finiti i tempi in cui vivere “di rendita” e l’Associazione è chiamata a darsi obiettivi, momenti, esperienze in cui incarnare, oggi, la propria dimensione missionaria e di servizio all’uomo e alla Chiesa. Le risorse principali sono nelle persone e nella loro fantasia, che poi arriva tutta dallo Spirito, nel saper ritrovare la passione del dire la gioia del Vangelo, attraverso la semplicità di proposte formative, di amicizia, di riflessione, di servizio… Spesso questa risorsa si trova nei giovani, grande ricchezza associativa oggi».

Un sogno per l’AC cremonese?

«Il tema del sogno e del cantiere fa parte della proposta che stiamo facendo anche nelle assemblee parrocchiali in questi giorni, mutuato dal progetto pastorale del Vescovo Antonio. Il sogno, che poi è un augurio, è che l’AC trovi la forza di rinnovare la propria missione di esperienza formativa e associativa per i laici, di cui tanto ha bisogno anche la nostra Chiesa cremonese e che può trovare, nell’occasione del rinnovo degli incarichi associativi, una spinta propulsiva e un’opportunità».

Leggi anche l’articolo su Avvenire del 4 dicembre

Facebooktwittermail