Il messaggio di speranza per i detenuti di Ca’ del Ferro dai vescovi di Cremona e Crema: «La comunità cristiana non vi dimentica e prega per voi»

Mons. Napolioni e mons. Giannotti hanno inviato il loro augurio di Pasqua ai detenuti e al personale del carcere di Cremona. Il cappellano don Graziano Ghisolfi: «Nei loro volti sofferenti si vede quello di Cristo»

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Una Chiesa vicina a tutti, anche a quelli che la società considera gli ultimi e i più miserabili. Una Chiesa che ricorda come, ai piedi della Croce, siamo tutti ugualmente bisognosi di perdono. Un’attenzione che ha anche il Papa, come la Via Crucis dello scorso anno in San Pietro, con i testi scritti dai detenuti del carcere di Padova, ci ricorda. Non fanno eccezione le diocesi di Cremona e Crema che, tramite i loro vescovi, hanno fatto arrivare questo messaggio anche nelle carceri.

In occasione della Pasqua, infatti, monsignor Antonio Napolioni e monsignor Daniele Gianotti, non potendo visitare i detenuti come facevano abitualmente, perché le restrizioni dovute al Covid non lo permettono, hanno deciso di affidare ai cappellani della casa circondariale di Cremona il compito di portare la carezza e l’abbraccio della comunità cristiana a tutti.

«Cari amici, i limiti imposti dalla pandemia impediscono ancora di rivederci», si legge nel biglietto d’auguri dei due vescovi, «ma vogliamo farvi sentire la nostra vicinanza attraverso i sacerdoti e i volontari che vi sono sempre accanto, e vi inviamo una breve preghiera che ci faccia sentire uniti in questo tempo santo. Pensiamo alle vostre fatiche, alle paure, al pensiero costante che avete per i vostri familiari, al desiderio di uscire e vivere finalmente in pace. Non solo per voi questa vita è una via crucis, che il sacrificio di Gesù illumina e riempie di speranza». E ancora: «La vittima innocente salva il mondo, perdona i peccati, ci rende capaci di lottare per il bene e, soprattutto, rigenera l’amore in tutti i cuori che si aprono a Lui con umiltà. Unitevi al Signore e sarete meno soli, guardate con simpatia a chi vi sta accanto e gustate la gioia che viene da un gesto di solidarietà. La comunità cristiana non vi dimentica e prega per voi».

Proprio questa apertura è il cuore della presenza dei cappellani, come racconta don Graziano Ghisolfi, sacerdote cremonese in servizio presso la casa circondariale di Cremona insieme a don Roberto Musa. «Per noi stare accanto a loro è un privilegio. Cerchiamo di fare compagnia a queste persone con la nostra presenza, in maniera semplice. Adesso, a causa dell’emergenza, abbiamo optato per delle celebrazioni più frequenti, con i detenuti divisi in gruppi, così da evitare assembramenti. A ciascuno, però, garantiamo la possibilità di un incontro e un dialogo personale, soprattutto nel tempo pasquale. Sono momenti preziosi perché loro si sentono liberi di confrontarsi, di aprirsi», racconta il sacerdote. Che prosegue: «Con noi cappellani sanno che possono aprire l’animo a fondo senza essere giudicati. Penso specialmente a chi ha commesso i reati più gravi e vive nel rimorso o con il peso del male fatto. Un peso che è un macigno perché logora. Eppure questi momenti sono sempre occasione di ricarica perché anche il peccatore più incallito sa di essere accolto. Noi cerchiamo di far passare l’amore di Dio per loro. Null’altro. Quando finisce il colloquio si vede che la persona ha un volto diverso, più speranzoso, e questo cambia anche noi. Stare con loro per me significa incontrare la vita in tutte le sue sfaccettature. E mi insegna che male e bene sono dentro ciascuno, ma che il perdono e la redenzione, come la Croce e la Pasqua ci ricordano, sono una possibilità per tutti».

Maria Acqua Simi
TeleRadio Cremona Cittanova
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