Anche in carcere Gianluca Firetti semina speranza: la Via Crucis e il monologo di Benna ispirati alla sua vicenda

Lo spettacolo, realizzato da Spazio Mythos, a partire dal libro scritto dal giovane e da don D'Agostino sarà proposto il 9 maggio in Seminario. Prenotazione gratuita e obbligatoria

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Nel carcere di Cremona, in via Cà del Ferro, i giorni trascorrono tutti quanti uguali. Tranne nel momento delle visite e dei colloqui. E giovedì 21 aprile c’è stata la visita di Gianluca Firetti, per tutti Gian, il giovane di Sospiro morto il 30 gennaio 2015 la cui storia di speranza, coraggio e forza nella malattia sta visitando, come balsamo che ristora e conforta, le periferie italiane. E dove arriva scardina, spacca in due, infonde tanta speranza. Torna in carcere con il monologo “Spaccato in due”, realizzato da Spazio Mythos, attore Federico Benna, per la regia di Danio Belloni. Non è la prima volta che Gian va in carcere. C’era già stato lo scorso venerdì santo attraverso una via crucis composta ad hoc con alcuni testi di Gian e diffusa via facebook in una cinquantina di parrocchie italiane. All’inizio del pomeriggio è la direttrice, dott. Maria Gabriella Lusi, a dare il benvenuto a Gian. Il libro l’ha letto e le sue parole lo rivelano. Desidera che la storia di dolore e di fede entri nel cuore di tutti e faccia bene, risani, dia forza e coraggio. Chiediamo a Marco Ruggeri, operatore Caritas, della Cappellania del Carcere, come è stata l’esperienza di Gian in  carcere
«Gian – spiega Ruggeri – è venuto in carcere e proprio non so da dove iniziare. In carcere, il momento liturgico, è un momento un po’ particolare perché, in un luogo diviso in sezioni ben separate fra loro, la preghiera è un’ottima opportunità per i detenuti per incontrare persone con cui altrimenti sarebbe impossibile comunicare. La via crucis per i corridoi dell’Istituto ancora peggio”.

Cos’è successo?
«Tutto è iniziato con un certo imbarazzo, misto ad ansia, come quando si accoglie qualcuno di importante in casa e si percepisce il rischio di fare una pessima figura. Guardando i detenuti si capiva che, quelli venuti per la Via Crucis, non erano tantissimi. Dopo le raccomandazioni inutili si parte in un clima di confusione. Interrompiamo la lettura della meditazione e invitiamo i disturbatori a tornarsene in cella. Poi dico a Gian dentro di me: “Oggi sei venuto tu, fai tu, parla tu. Non manderò via nessuno, non farò più nessun richiamo, semplicemente ti presterò la voce. Tu seminerai come vuoi e poi vediamo. Il timone è tuo”».

E ha funzionato?
«La Via Crucis procede e con sorpresa noto aumentare le persone che, dalle retrovie rumorose, provano a farsi avanti, come a stare più vicini a Gian che si racconta. E a chiedere silenzio non sono più io, ma loro. In carcere quando si capisce che c’è qualcosa di importante, di autentico, ci si ferma e ci si mette in gioco, per davvero, fino in fondo. Quando a parlare è Gian si fa silenzio, ma un silenzio strano, particolare, che ho già conosciuto, proprio lì in carcere, quando morì Giovanni Paolo II. Anche in quella circostanza, per quel Papa che tanto aveva detto e fatto per loro, i detenuti si fermarono, si misero in silenzio per pregare e il carcere divenne monastero. Con Gian è stata la stessa cosa, a sprazzi forse, ma è lo stesso silenzio. Cose che solo i santi riescono a fare».

E come è terminata l’esperienza con Gian?
«È salita la commozione. Il cappellano, don Graziano Ghisolfi, faceva fatica, le lacrime rigavano il suo volto, come doveva essere. Lui Gian lo ha conosciuto, sono entrambi di Sospiro, è stato suo insegnante all’Istituto Stanga. Accade anche a me la stessa emozione e, se alzo lo sguardo, mi vedo circondato di occhi lucidi».

Credi che questo sia un piccolo miracolo di Gian?
«Sì. Gian, venendoci a trovare in carcere, ci ha portato il dono delle lacrime, e in un luogo pensato per togliere la libertà e non poca umanità, qualcuno si è ripreso finalmente quella di essere umano e piangere. La Via Crucis con Gian e il monologo teatrale sono stati un cammino e un’esperienza di vera libertà, con un maestro inatteso, giovanissimo e molto preparato in materia».

Alla fine del monologo teatrale il libro di Gian “Spaccato in due” ha preso la via delle celle e tutti, agenti, detenuti, cappellani, volontari, si sono salutati con le lacrime agli occhi. Più belli “dentro”. Il 21 aprile Gian ha ritrovato non pochi amici ad aspettarlo per rendersi presente attraverso il monologo teatrale che ha avuto un pubblico eccezionale. Presenti anche alcuni amici di Gian che, alla fine, vengono abbracciati e ai quali sono rivolte alcune domande: Michele Sacchini, Simone Guarneri ed Emanuele Scarani. Spaccati in due da una storia che ha richiamato tutti quanti al “coraggio di essere felici”. Alzandosi da dove si è per camminare gioiosamente. Nonostante tutto.

Il monologo “Spaccato in due” sarà proposto in Seminario, nella Sala Bolognini, il 9 maggio prossimo. Prenotazione gratuita e obbligatoria a ufficio-stampa@liceovida.org.

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