“Amici da ricordare” con il vescovo Napolioni

L'annuale celebrazione di Levata per i morti in giovane età quest'anno è stata celebrata nel parco “dei  bambini” diventato cattedrale naturale

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La prima domenica di settembre rappresenta ogni anno per le comunità di Grontardo e Levata un appuntamento tanto impegnativo quanto  coinvolgente. Sono 17 i giovani morti per incidente o per  malattia di cui si fa memoria, sono “gli amici da ricordare”, coloro che, nella loro misteriosa distanza, si vuole sentire ancora parte viva della comunità. Quest’anno il Covid ha suggerito uno scenario diverso dal solito: non è stata la chiesa di Levata a ospitare la Messa di suffragio, ma il parco detto “dei  bambini” perché ad ogni albero corrisponde un nuovo nato. È in questa cattedrale verde che il 6 settembre è stato accolto il vescovo Napolioni, che ha presieduto l’Eucaristia.

Una visita inaspettata la sua. «Inaspettata solo per modo di dire – ha sottolineato don Livio Lodigiani – perché un padre è sempre atteso dalla sua famiglia. È il padre che crea l’unità e fa sentire fratelli».

Per sentirsi uniti e fratelli non poteva esserci momento più propizio di questa ricorrenza.

«Ognuno di questi alberi rappresenta il desiderio di ciascun genitore di vedere il proprio figlio crescere e diventare adulto – ha detto il Vescovo – e quando la vita decide diversamente non ci sono parole che si possano dire, si può solo essere insieme, pregare insieme, ma soprattutto sentirsi amati». Parla di un grande credito d’amore che gli uomini hanno ricevuto, monsignor Napolioni: un amore più grande di quello imperfetto che ci si può offrire l’un l’altro, un amore senza pentimenti, come solo Dio può dare.

«Dio sa che cosa significhi perdere un figlio – ha proseguito il Vescovo – ma sa anche che cosa significhi riaverlo vivo per sempre».

Monsignor Napolioni si è rivolto a un’assemblea di popolo affluita numerosa, distanziata in obbedienza alle regole imposte dal virus ma assorta e silenziosa, benedetta da una brezza che è dono tanto quanto la visita del suo Pastore. Sarà stata la forza delle sue parole, la sua gioiosità, l’efficacia della sua comunicazione, ma il fare memoria ha avuto il connotato della festa: gli “assenti”, facilitati da un soffitto eccezionalmente fatto solo di cielo, sono stati presenti e vicini.

Il “padre” è arrivato e ha fatto subito famiglia: è venuto a consolare e a rassicurare, è venuto a dire «ci sono». Anche quando annuncia una nuova svolta nella vita dell’unità pastorale lo fa con leggerezza: «Non abbiate paura». Non lascia nessuno solo. Un padre sa quando e come esserci. E anche in questa occasione lo ha dimostrato.

Uberta Lena e Rossana Visigalli

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