Agricoltura biologica in crescita

Non si tratta più, come un tempo, di un mercato di alta gamma e di nicchia, ma certamente di qualcosa che ha un suo ben definito spazio commerciale

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Mangiare biologico. Il modo di dire riflette ormai molto più di una moda per pochi. La produzione agroalimentare ottenuta con metodi fortemente compatibili con l’ambiente e che, in sostanza, non fanno uso di prodotti derivanti dalla chimica di sintesi (particolari concimi e fitofarmaci prima di tutto), è ormai un comparto consolidato nell’ambito del vasto mondo dell’agricoltura italiana. Anzi di più, l’agricoltura biologica italiana è una delle prime al mondo. E va, quindi, valorizzata e difesa, ma anche vista per quello che è: una parte notevole della produzione alimentare che, tuttavia, difficilmente potrà diventare preponderante. D’altro canto, l’agricoltura moderna ha (più di un tempo) tra i suoi principi di base proprio quello del rispetto dell’ambiente: esiste cioè una sfumatura di passaggi dalle tecniche più incisive dal punto di vista ambientale a quelle strettamente “biologiche”, tale da rendere tutto il comparto molto più compatibile con l’ambiente.

In ogni caso, il “fenomeno del biologico” merita tutta l’attenzione possibile. Anche per quanto significa in termini di giro d’affari e di occupazione.

Per capire meglio basta leggere qualche pagina del rapporto “Bio in cifre 2020” presentato dell’Ismea all’incontro organizzato dalla Coldiretti per la presentazione del rapporto annuale del Sinab (Sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica). Un po’ per moda, un po’ per necessità, il mercato dei prodotti alimentari biologici è notevolmente cresciuto.  I consumi domestici di questi alimenti hanno raggiunto il livello da primato pari a 3,3 miliardi: è l’effetto di una crescita del 4,4% nell’anno che termina a giugno 2020. A spingere sul biologico, stando alla analisi dei coltivatori diretti, sarebbe stato il particolare periodo di emergenza ma, in effetti, la crescita dei consumi di prodotti biologici va avanti da un decennio circa.

In ogni caso, l’Italia – come in molti altri comparti agroalimentari -, riesce ad avere il primato anche per l’agricoltura biologica.  Stando ai numeri definitivi (quelli del 2019), il nostro Paese è primo in Europa per numero di aziende agricole, operatori coinvolti, superfici coltivate. L’incidenza della superficie biologica nel nostro Paese ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della Superficie agricola utilizzata (Sau) a livello nazionale. Ad inseguirci sono paesi come Spagna, Germania e Francia. Ma non si tratta solo di produzione e di mercato interno. A crescere, infatti, sono state anche le importazioni soprattutto quelle da paesi extraeuropei, a testimonianza comunque di una vitalità che dovrebbe attirare altri produttori.

Tutto bene dunque? Non esattamente. Proprio le importazioni extra-Ue devono fare alzare il livello di guardia. I coltivatori sono attenti. Occorre dare al più presto – spiegano -, seguito alla raccomandazione della Corte dei Conti europea che invita a rafforzare i controlli sui prodotti biologici importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. Più controlli, dunque, con due obiettivi: garantire i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, ma anche una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra-Ue. E non basta. I prodotti alimentari biologici costituiscono comunque una categoria di mercato che ancora oggi seppure non come qualche anno fa, è alla portata non di tutte le tasche. Non si tratta più, come un tempo, di un mercato di alta gamma e di nicchia, ma certamente di qualcosa che ha un suo ben definito spazio commerciale. Anche se porre il termine “biologico” sulle confezioni può far gola a molti. Da qui un’altra cautela. Benissimo i prodotti alimentari biologici, a patto che sia davvero tali e che, comunque, lascino lo spazio corretto anche al resto delle produzioni alimentari. Su tutto un imperativo: il cibo deve essere comunque sano e garantito, biologico e non biologico che sia.

AgenSir
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