A S. Sigismondo la professione di suor Maria Domenica tra le monache domenicane (AUDIO – FOTO – VIDEO)

Al secolo Debora Morabito, è originaria della parrocchia cittadina di S. Francesco d'Assisi

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La predicazione nel nascondimento della vita claustrale domenicana paragonato alla funzione delle radici di una pianta che, quanto più sono profonde e nascoste, maggiormente ne rendono rigogliosa la crescita. Con questa immagine padre Daniele Drago, vicario del maestro generale dell’Ordine dei frati predicatori e maestro dei novizi domenicani dell’Italia settentrionale, ha tracciato il profilo della vita monastica rivolgendosi a suor Maria Domenica della Salus Animarum, al secolo Debora Morabito, che domenica 16 giugno nella chiesa di S. Sigismondo, a Cremona, ha emesso la professione solenne.

Lei, cresciuta nella parrocchia di S. Francesco d’Assisi, nel quartiere Zaist di Cremona, è entrata nel monastero di clausura di Cremona nel 2013, all’età di 28 anni. Dopo il discernimento vocazionale e gli anni di formazione, è stata accolta a tutti gli effetti nella comunità claustrale domenicana che da ormai 11 anni risiede in città, all’interno del complesso monastico di S. Sigismondo, dopo il trasferimento da Fontanellato. Il legame ancora forte con quella terra era dimostrato dai tanti amici giunti dal Parmense, insieme alla presenza dei molti cremonesi che costantemente esprimono la loro stima e il proprio affetto al monastero di largo Bianca Maria Visconti anche mettendosi a disposizione per i diversi servizi.

Tutti si sono stretti attorno alla comunità domenicana, a suor Maria Domenica e ai propri familiari in questo giorno di speciale significato. Cuore di tutto è stata la Messa, all’interno della quale si è svolto il suggestivo rito della professione. Particolarmente commossa suor Maria Domenica, ma la gioia era visibile anche in tutte le consorelle. A cominciare dalla priora, madre Maria Lucia Soncini che, dopo il Vangelo, si è rivolta a suor Maria Domenica con la domanda: «Che cosa chiedi?». «La misericordia di Dio e la vostra», è stata la risposta della giovane monaca.

Ha fatto seguito l’omelia, iniziata da padre Drago con un riferimento all’annuncio della morte di Dio da parte del folle dell’apologo de “La gaia scienza” di Nietzsche, poi contrapposta al Dio Vivente di cui ogni uomo sente il bisogno. Quella «sete e fame» che hanno portato Debora a bussare al monastero.

Il riferimento al mistero della Trinità, attraverso le letture del giorno, ha portato a rileggere nella Creazione l’amore di Dio, sino ad arrivare al tema della carità. Quindi, citando “I dialoghi delle Carmelitane” di Bernanos, il padre domenicano ha richiamato le parole che la priora rivolgeva poco prima della rivoluzione francese a una sua monaca nel momento della vestizione: “Figlia mia, sei entrata in monastero perché noi potessimo provare la tua debolezza”. E proprio guardando alla Trinità il richiamo all’umiltà e alla semplicità, da vivere anzitutto nella relazione con le consorelle.

«A te è chiesta una vita controcorrente – ha detto ancora padre Drago – o, per usare un linguaggio mondano, una vita di non senso». E qui il riferimento alla “Introduzione al cristianesimo” di Ratzinger, con il cosiddetto “paradosso del pagliaccio”. «Tu sei chiamata a predicare in un modo nascosto», ha detto il domenicano a suor Maria Domenica. E ancora: «Il mondo forse riderà, ma fagli scoprire la bellezza di Cristo attraverso la tua vita di penitenza, la tua vita di preghiera». Poi ha proseguito: «L’amore è la vittoria che la Trinità ha avuto nel tuo cuore. Sarai chiamata in modo particolare ad amare Dio», ha affermato ricordando che il monaco niente deve anteporre a Cristo, secondo la regola di san Benedetto. «Tu diventi la sposa di Cristo. Ti ama di un amore particolare».

E ha concluso con un ultimo richiamo: «Se è vero che l’idolatria dalla quale tu devi fuggire è quella di costruirsi falsi dei, permettimi di dirti, secondo le parole di Chesterton, che dobbiamo fuggire anche i falsi demoni. Abbi paura soprattutto della perdizione, di aver annacquato la tua coscienza: quella ti dovrà soprattutto parlare di Dio».

Dopo aver espresso la propria volontà di consacrarsi al Signore nell’Ordine di san Domenico, la giovane monaca si è prostrata al centro del coro, mentre venivano intonate le litanie. Quindi, inginocchiata davanti alla madre priora, con le mani nelle sue, ha pronunciato la formula di professione. Poi la preghiera di consacrazione, seguita dalla benedizione del velo da parte del padre domenicano.

La liturgia, servita all’altare dai novizi domenicani dell’Italia Settentrionale, è stata concelebrata da una quindicina di sacerdoti diocesani. Tra loro il cappellano del monastero, don Gianpaolo Maccagni; il delegato episcopale per la Vita consacrata, don Giulio Brambilla, parroco anche della parrocchia della Beata Vergine di Caravaggio, nel cui territorio si trova il monastero; presente anche il vicario don Davide Schiavon (responsabile del Centro diocesano vocazioni). Non mancavano i sacerdoti della parrocchia di S. Francesco d’Assisi (il parroco don Gianni Cavagnoli e il vicario don Matteo Alberti). Tra gli altri anche il guardiano della comunità cappuccina di Cremona, padre Giorgio Peracchi, e don Daniele Piazzi, già cappellano del monastero.

 

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TeleRadio Cremona Cittanova
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