L’abbraccio dei consacrati al vescovo Antonio: «Dove ci sono i religiosi c’è la gioia»

Lunedì 2 febbraio, nella giornata mondiale loro dedicata, mons. Napolioni ha presieduto il canto del Vespro nella chiesa monastica di San Sigismondo. Ricordati gli anniversari di professione

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«Dove ci sono i religiosi c’è la gioia». È con questa iniezione di fiducia e di speranza che mons. Napolioni ha concluso la sua meditazione durante l’incontro con i religiosi e le religiose della diocesi nella ventesima Giornata mondiale della vita consacrata celebrata il 2 febbraio nella chiesa monastica di San Sigismondo a Cremona. Una giornata, vissuta nell’anno santo della misericordia, che chiude solennemente l’anno della vita consacrata così fortemente voluto da papa Francesco.

Il vescovo Antonio è giunto poco prima delle 16.30 nella splendida chiesa affrescata dal Campi ed è stato subito accolto dal cappellano don Daniele Piazzi e dal delegato episcopale per la vita consacrata don Giulio Brambilla. All’inizio del canto del vespro proprio don Brambilla ha rivolto alcune parole di benvenuto a mons. Napolioni senza dimenticare anzitutto un pensiero per il vescovo emerito Dante sempre così sollecito e attento nei confronti dei religiosi. Il delegato ha ricordato i tre motivi che spinsero Giovanni Paolo II ad istituire questa giornata: la lode e il ringraziamento per la testimonianza di donne e uomini dedicati interamente al Regno, la promozione della stima verso di loro da parte di tutto il popolo cristiano e, infine, la vicinanza ai consacrati perchè conservino la bellezza della loro vocazione e la consapevolezza dell’insostituibilità della loro missione.

Dopo il canto dei tre salmi, animato dalla comunità delle monache domenicane, e la lettura di un brano del capitolo terzo della lettera di Paolo ai Filippesi, ha preso la parola mons. Napolioni. Il Vescovo ha riletto, per farne una sorta di verifica, alcuni passaggi della lettera apostolica di papa Francesco rivolta proprio ai consacrati. Una lettura caratterizzata da alcuni suoi ricordi personali – il suo debito verso la vita consacrata – e naturalmente illuminata dalla Parola di Dio appena proclamata.

«Anche io  sono presentato quest’oggi al Signore, ma voi certo non siete Simenone e Anna!» ha esordito scherzando il presule che poi ha spiegato di volersi far conoscere meglio, di voler mettere in comune quello che c’è nel cuore. «Il Papa – ha continuato – nella lettera pone tre obiettivi: guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione e abbracciare il futuro con speranza».

Guardare il passato con gratitudine

Mons. Napolioni ha invitato a guardare alla storia degli istituti non per una facile nostalgia, ma risalire alle sorgenti del proprio carisma, alla radicalità della testimonianza. Per il presule il guardare al passato è anzitutto riconoscere che «la storia si rinnova perchè è guidata da Dio» e questa realtà egli l’ha sperimentata sulla pelle, nascendo – come più volte ha ricordato – da una famiglia più laica che cattolica.

Per San Paolo il ritorno al passato può celare una tentazione: quella di riporre fiducia nella carne! «E la nostra tentazione è quella di attaccarci più alle cose di Chiesa che a Cristo». Da qui l’invito a raccontare la propria storia per tenere viva l’identità, per continuare a cogliere la scintilla ispiratrice che portò alla nascita dei singoli istituti.

E tutto questo occorre farlo con umiltà imparando a confessare anche la propria fragilità: come il pensare alla vocazione come un guadagno sociale, come l’aver paura di soffrire e morire. Tentazioni combattuto dallo stesso vescovo Antonio grazie all’aiuto dei luoghi di preghiera e contemplazione come il monastero delle clarisse di San Severino Marche, sua seconda casa.

Vivere il presente con passione

Vivere il presente con passione significa nient’altro che seguire radicalmente Cristo, mettere in pratica il Vangelo «sine glossa» come ricorda sempre Papa Francesco, imparando da Paolo e dai tanti santi fondatori di congregazioni e ordini religiosi. E proprio «il pallino di Paolo per Cristo» deve diventare un forte e serio esame di coscienza per tutti: «Cristo vive in me – si è chiesto ed ha chiesto il presule – senza che diventi un oggetto fatto a mio uso e consumo? Possiamo dire che lo abbiamo incontrato veramente nella nostra esistenza? Ci lasciamo ancora interpellare dal suo Vangelo? Se di fronte a certe pagine diciamo di conoscerle già siamo fuori strada! La Parola di Dio è sempre nuova e ci risveglia e ci aiuta a fidarci di più di Dio». In ultima analisi per il vescovo Antonio occorre che Cristo sia il primo e l’unico amore, amore così intenso che resiste anche quando per alterne vicende della vita occorre discendere agli inferi. Un’esperienza che è accaduta anche a lui da rettore del Seminario di fronte alle difficoltà dei seminaristi o a quelle dei confratelli: «Per me è stata una seconda chiamata!». E per superare questi momenti occorre tenere insieme tutti i pezzi della propria vita, occorre portarli tutti sull’altare.

Per mons. Napolioni vivere il presente con passione significa aver pazienza di fronte alla tiepidezza della gente, diventare esperti di comunione, imparare a cercare insieme la strada. E quest’ultima caratteristica il vescovo Antonio l’ha imparata grazie all’esperienza scout, ma anche alla spiritualità di Charles De Foucauld.

Abbracciare il futuro con speranza

Abbracciare il futuro con speranza vuol dire anzitutto non aver paura dei numeri che si abbassano sempre di più, ma anche vivere con profonda umiltà la propria vocazione – «l’unico privilegio che dobbiamo avere è quello di non avere privilegi. Ricordiamo sempre che Gesù ci salva annientando se stesso». Insomma occorre una grande rivoluzione interiore imparando ad accettare la Chiesa che Gesù sta tratteggiando per il nostro tempo, una Chiesa con meno sacerdoti e consacrati. «Il Signore vuole che siamo tutti delle sentinelle non per chiedere quanto manca alla fine della notte, ma per attendere fiduciosi l’arrivo dello Sposo».

E dopo aver ricordato la forza e l’entusiasmo dei giovani mons. Napolioni ha concluso: «Dove ci sono i religiosi c’è la gioia».

Al termine del Vespro sono state chiamate le religiose che quest’anno festeggiano un particolare anniversario di professione: a loro il vescovo Antonio ha impartito una speciale benedizione e ha consegnato a ciascuna un piccolo omaggio preparato dall’USMI diocesana guidata da suor Luisa Ciceri.

Nel parlatorio del monastero si è poi svolto un breve momento conviviale durante il quale religiose e religiosi hanno potuto accostare personalemente il nuovo vescovo apprezzando la simpatia, la schiettezza e l’affabilità.

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I nomi delle festeggiate

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