Il suicidio del giovane extracomunitario alla Casa dell’Accoglienza di Cremona, a noi che vogliamo restare umani, dovrebbe far riflettere. In un comunicato della Diocesi di Cremona il direttore della Caritas dichiara: “Questa tragedia suscita in noi e nei nostri ospiti un forte rammarico su come i viaggi della speranza verso un lavoro e una vita più dignitosa possano naufragare in situazioni di lunga attesa e con poche prospettive riguardo all’ottenimento dei documenti. E non possiamo tacere lo sconforto di fronte al nostro impegno e a quello dei sanitari che seguono questi ragazzi in depressione, senza che il loro stato di fragilità sia minimamente tenuto in conto nell’iter per l’ottenimento dei documenti”.
Riceverò molte critiche per queste riflessioni e proposte operative, ma non riesco a stare zitto. Siano stati “bravi” come sistema Italia, ad organizzare l’accoglienza degli stranieri, ma del tutto incapaci ad elaborare ed organizzare percorsi di integrazione. Una esperienza positiva, come ad esempio quella di Riace, è stata chiusa. Oggi con l’avvento dell’era Salvini, che speriamo duri ancora poco, si sta smantellando anche l’accoglienza.
Quel suicidio è anche frutto di un disagio continuo permanente in cui vivono i migranti accolti sul nostro territorio.
Certo si butta fango su queste persone, si lanciano messaggi di odio, vengono additati come i responsabili dei nostri problemi di Italiani e quindi sempre di più sono marginalizzati e considerati degli ‘scarti‘ di cui liberarsi con l’indifferenza di tutti.
Molto è stato fatto per l’integrazione a Cremona sia dalle strutture del terzo settore che dalle istituzioni. Ma le speranze di queste politiche non si possono spegnere. Integrazione, ci dicono gli esperti, significa essenzialmente tre cose. Primo, imparare la lingua del paese che ti ospita, secondo, conoscere le leggi che sono vigenti e terzo l’inserimento in percorsi lavorativi.
La Fondazione Città di Cremona, in questi anni, ha emesso bandi, rivolti alle associazioni del terzo settore per il sostegno all’inserimento lavorativo ed alla lotta alla povertà.
Sui temi dell’integrazione degli stranieri è giunto il momento di fare qualche ulteriore riflessione, proposta e realizzazione.
Una Fondazione, nata attorno al 1300, come la nostra, la cui sede è in palazzo chiamato della Carità non può rimanere fuori da questo percorso che ci coinvolge tutti.
Per questa ragione nel prossimo Consiglio di amministrazione proporrò un progetto ‘pilota’ (per noi) sul tema dell’integrazione degli stranieri sulla base dei tre principi prima indicati ovvero insegnamento della lingua, delle leggi ed inserimento lavorativo che coinvolga, almeno in questa fase, una parte di persone che sono ospitate dalle varie strutture cremonesi.
Una goccia nel mare diranno in tanti. Altri diranno che non è compito della Fondazione ma di altri ecc. Ma su questa partita devo scendere in campo diversi attori.
Gian Carlo Storti
vicepresidente Fondazione Città di Cremona