Richiedenti asilo e rifugiati in Italia, il punto di mons. Gian Carlo Perego

Nell'ambito della Settimana della Carità, il sacerdote cremonese, direttore generale della Fondazione Migrantes della CEI, è intervenuto nella serata di giovedì 10 novembre presso il Teatro comunale di San Giovanni in Croce

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Nell’ambito degli appuntamenti della Settimana della Carità, nella serata di giovedì 10 novembre, presso il Teatro comunale “Gallerani” di San Giovanni in Croce, mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della CEI, ha affrontato dinanzi ad una folta e attentissima platea il tema “Richiedenti asilo e rifugiati in Italia: la partenza, il viaggio, l’accoglienza nelle città, tra solidarietà e indifferenza”.

Sono state le concrete questioni poste dal Vicario Zonale della Zona Pastorale decima, don Luigi Pisani, ad introdurre l’intervento del relatore, insieme ad una sintetica fotografia della situazione diocesana tracciata dal Direttore della Caritas cremonese don Antonio Pezzetti.

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I numeri parlano chiaro: 1100 immigrati chiedenti asilo in provincia di Cremona, di cui quasi la metà accolti dalla Caritas: un trend in crescita dal 2011, nonostante il dato oggettivo di un tempo di permanenza sul territorio in sensibile calo. Pochissime persone hanno optato per restare nel cremonese. Chi ha ottenuto uno statuto di legale permanenza in Italia lo utilizza per spostarsi in Europa, in cerca di lavoro o per ricongiungimento familiare. Le esperienze di accoglienza temporanea diffusa si sono rivelate l’aspetto più problematico, soprattutto per chi non abbia ottenuto il permesso di soggiorno. I dati Caritas documentano che 446 persone sono già state ascoltate dalla Commissione territoriale e per 321 è stato dato parere negativo. Attraverso i ricorsi finora presentati al Tribunale ordinario per i rigetti ottenuti, 23 persone hanno ottenuto un permesso di soggiorno mentre 77 si sono visti ribadire la scelta della Commissione. Sono 17 coloro che hanno ottenuto il titolo di “rifugiato politico”, 47 quelli che lo hanno ottenuto come “protezione sussidiaria” e 40 e quelli che lo hanno ottenuto per motivi umanitari.

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Le domande sollevate o suscitate dai media nella pubblica opinione non sono domande banali, e richiedono risposte non superficiali: perché assistiamo a questa ondata migratoria? Fino a quando durerà? Come valutare la concreta politica di accoglienza, anche nelle sue pieghe meno trasparenti o ambigue?

L’intervento di mons. Perego – forte di una analisi documentata e puntuale – è entrata nel merito delle questioni senza reticenze: nell’ultimo anno sono entrate in Italia 485.000 persone richiedenti asilo, di cui 45.000 minorenni, provenienti da paesi ove il 60% della popolazione non ha lavoro, o da situazioni di decennali conflitti (circa l’80% degli immigrati). Milioni di persone sono oggi in fuga dalla propria terra perché cacciati da politiche neocoloniali o di sfruttamento economico straniero, o a causa di mutamenti ambientali. 250 milioni di persone vivono oggi nel mondo in paesi ove non c’è libertà religiosa o politica. Dinanzi a questo drammatico scenario il relatore si è posta la domanda se sia davvero una tragedia l’arrivo di una decina di persone in una cittadina come tante del territorio italiano, come amaramente è accaduto nella cronaca recente.

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In una nazione votata alla decrescita per il saldo negativo registrato annualmente tra nati e defunti, con un milione di badanti straniere in Italia che sorreggono l’invecchiamento inarrestabile della popolazione, il relatore ha posto polemicamente la questione della scelta – squisitamente politica – di un approccio sociale, e non solo di tutela della sicurezza.

La storia della presenza sociale della Chiesa nelle diverse epoche storiche – ha concluso mons. Perego – è una storia di accompagnamento delle situazioni e delle persone, volta alla valorizzazione e al rispetto della dignità e delle competenze. Così sta accadendo in diverse Diocesi italiane, nelle 500 famiglie che hanno scelto di accogliere in casa propria la storia spesso drammatica di un rifugiato, nelle 500 parrocchie che hanno costruito un percorso di accoglienza e di promozione dell’autonomia delle persone. Che restano persone, oltre le esasperazioni della comunicazione mediatica. Oltre la diffidenza che ci impedisce di distinguerne il volto.

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