Category Archives: Notizie

image_pdfimage_print

Lettera: Pentecoste 1996

A volte c’è il desiderio di isolarsi. Sarebbe facile per me…entrare in foresta, in solitudine.

Rev.ma Madre e care sorelle tutte

La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

Avevo promesso che avrei scritto per la Festività di Pentecoste ed eccomi all’appuntamento. Vi dirò che ho cambiato provvisoriamente zona e sono finito più a monte ancore del fiume Melawi, una zona molto impervia e selvaggia per cui ho ancora più bisogno di luce e di forza che possono venire solo dallo Spirito Santo. Care sorelle tutte, è ingarbugliata la vicenda delle missioni. Pare a volte di guardare un arazzo dal di dietro. Si stenta a credere che da tanta confusione di fili e di colori, da un garbuglio d’incroci e di fibre, possa risultare un bel disegno. Eppure osservato di fronte appare il lavoro in tutta la sua bellezza ed arte.

Anch’io mentre scrivo ho la sensazione di trovarmi davanti l’arazzo della Missione: Annuncio, accoglienza, rifiuto; oppure richiesta di annuncio e poi abbandono. Poi ancora richiamo, ricerca, nostalgia di quanto si è conosciuto e poi è andato perduto. I fili dell’indifferenza e dell’oblio ce si incrociano con quelli dell0’amore sincero e del ricordo, che nessuna mano può spezzare. Non posso guardarlo alla rovescia, devo guardarlo di fronte alla Luce dello Spirito Santo per capire la Bellezza di Arte Divina e di Verità che ha in esso. “Lo spirito di Verità vi insegnerà tutte le cose che dovete fare, e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto”. Penso che qui in missione in modo particolare, c’è un grande bisogno non solo di avere nella memoria, ma soprattutto comprendere il senso delle Parole e dei fatti di Gesù.

L’ho capito in questi 43 giorni di tournée pasquale nella visita a 23 villaggi. Altri sono stati tralasciati per forza maggiore. Si ritenterà ancora a luglio quando la furia delle acque sarà meno impetuosa. A volte c’è il desiderio di isolarsi. Sarebbe facile per me quando sono arrivato all’ultimo villaggio, il più a monte oltre il quale non c’è più anima viva, entrare in foresta, in solitudine. È anche bello, con quel silenzio che non è turbato nemmeno dai suoni e rumori della giungla, perché domina sempre in profondità su tutto e lo permea. È vero, a volte ti sembra di non fare niente ed essere inutile! Allora ci vuole il fiducioso abbandono che aveva S. Isidoro per il quale la preghiera dopo tanto lavoro e dopo aver messo a posto quel che doveva, era definita: “Io guardo Lui e Lui guarda me…ciò basta e serve a lavorare di più…

È una pausa in cui si deve chiedere l’assistenza dello Spirito Santo negli impegni di apostolato perché comunichi la Sua Forza dando efficacia alla parola da comunicare. “La nostra predicazione del Vangelo si svolse in mezzo a voi non in parola solo, ma in potenza ed in Spirito Santo e con piena sicurezza”. Quanto vorrei averla questa “piena sicurezza”, soprattutto quando con “timore e tremore” parlo per la prima volta di Nostro Signore a chi non lo conosce ancora. Ma del resto è sempre la “prima volta” e non puoi nemmeno tirarti indietro dicendo che sei impreparato ed indegno per evangelizzare, perché non lo sarai mai abbastanza! Hai solo bisogno che lo Spirito Santo ti dia fede, grazia, forza e sapienza, altrimenti è un fallimento ed appare solo l’arazzo alla rovescia.

Paolo VI con il Suo grande amore alla Chiesa sospirava in preghiera: “Quale bisogno avvertiamo, primo e ultimo, per questa nostra Chiesa, benedetta e diletta, quale? Lo dobbiamo dire, quasi trepidanti e preganti, perché è il suo mistero, e la sua vita, voi lo sapete: lo Spirito Santo, animatore e santificatore della Chiesa, suo respiro divino, il vento delle sue vele, suo principio unificatore, sua sorgente interiore di luce e di forza, suo sostegno e suo consolatore, sua sorgente di carismi e di canti, sua pace e suo gaudio, suo pegno e preludio di vita beata ed eterna”.

E teniamo presente la materna presenza di Maria che con umiltà riconosce il Dono di Dio. “Si è degnato di guardare la bassezza della Sua serva… ed ha fatto in me grandi cose…” perché ci aiuti a vedere e scoprire il modo in cui lo Spirito Santo vuol fare il capolavoro della nostra personale santificazione e quella d’insieme.

Pregate in particolare per questa zona!!!

In Gesù e Maria

Riconoscente P. Valentino Bosio CM

condividi su

Lettera: novembre 1995

Sarikan, 23 novembre 1995

Voi siete come le radici, da cui anche coloro che sono fuori dalla Chiesa si nutrono di grazia divina.

Gent. ma e cara Sorella in Cristo,

La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

Ho ricevuto la tua bella lettera che mi ha reso contento e sereno. Aveva ragione di dire il Santo Padre, che voi contemplative siete “le compagne dell’evangelizzazione” e poi ancora “siete il cuore della Chiesa”. Quanto tu scrivi: “la fecondità della nostra vita vissuta fra quattro mura che tu non vedi, il mondo la respira”,. mi ha fatto ricordare un pensiero che da tempo non usavo nella predicazione, ossia quello delle radici. Sovente, in foresta ci sono radici che si estendono per chilometri. A volte sono sotto terra, a volte emergono alla superficie ed è doloroso camminarci sopra, bisogna farci il callo! Ebbene, a notevoli distanze, ci sono germogli che succhiano la linfa, vivono, respirano da tali radici anche senza sapere e conoscere l’albero. Faccio il paragone: l’albero è la Chiesa di Cristo, voi ne siete come le radici, da cui anche coloro che sono fuori dalla Chiesa si nutrono di grazia divina. Mi sembra che stia anche qui la preziosità della vostra vita. E poi c’è anche “l’opus gloriae” l’opera della Gloria che voi fate!! Diceva di voi in una splendida preghiera Pio XII: “Ascolta il canto di tanti spiriti eletti che consacrano la loro vita a celebrare la Tua Gloria… la lode perenne che sotto tutti i cieli ti offre la Chiesa…”!

L’eccezionalità della vostra vocazione contemplativa vi porta a pregare sempre, incessantemente perché la vostra vita è tutta una preghiera e qualche volta, secondo le circostanze, come per questa volta, oltre che parlare al Signore, parla anche del Signore agli uomini. Non siete forse voi “Lettere viventi di Cristo” che Lui manda dove vuole e quando vuole?

[…]

Adesso termino chiedendo a te ed alle consorelle di pregare per me. Con l’anno nuovo penso di essere trasferito più a monte ancora e viene facile dire: “ci vuole più fede e più forza”!!! […]

Con affetto fraterno
In Cristo Gesù

P. Valentino Bosio

condividi su

Seconda Lettera: Pentecoste 1995

Pentecoste 1995

  Io voglio afferrare la luce della Vita Contemplativa perché con il Suo Silenzio che è quello stesso di Gesù, rappresenta una realtà divina per la Missione ed il mondo intero.

  Rev.da Madre

  Care sorelle in Cristo!

  La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

  Scriveva un vescovo: Ascoltiamo quei silenzi di Gesù così intensi ed eloquenti… in realtà sono più numerosi i Suoi silenzi, rispetto alle Sue parole. I SILENZI DI GESÙ RAPPRESENTANO UNA REALTA’ DIVINA. Ci sono infatti realtà che hanno una loro eloquenza intrinseca enormemente potente, come la luce: basta avere occhi per afferrarla”. Ecco: io voglio afferrare la luce della Vita Contemplativa perché con il Suo Silenzio che è quello stesso di Gesù, rappresenta una realtà divina per la Missione ed il mondo intero.

  Ricordo i tempi del catechismo, dove la maestra diceva: “Le suore di clausura stanno sempre con Gesù, esse pregano per quelli che non pregano mai; per i senza Dio; esse sono i parafulmini della società! Poi rivolgendosi a me che non stavo mai fermo, e davo fastidio anche agli altri, con la bacchetta in mano, lanciava come un grido: “Valentino, monello, ti fulmino; stai fermo!”

  Forse fin d’allora le preghiere delle suore di clausura senza che loro lo sapessero, cominciavano a fare effetto, a dare frutti, anche per me! E la maestra di catechismo diceva con parole molto concrete e gesti decisi le verità ‘DELL’UNUM NECESSARIUM E DELLA PARTE MIGLIORE’ che consiste nell’ascoltare Gesù Cristo rimanendo presso di Lui in adesione di spirito e di cuore. Tutto per fare Luce in quest’ora di tenebre!

  Con tali pensieri mi introduco a parlare della Festività di Pentecoste. La Missione è Opera Divina ed è lo Spirito Santo il Suo Autore! Vorrei che lo invocaste non solo per tutta la Chiesa Universale – questo è certamente uno dei vostri Compiti Specifici – ma anche per Chiesa locale, particolare, in terra di missione ed inserita in essa! Certo che è vero: anche voi contemplativi non vedete quasi mai il risultato dei vostri sforzi e sacrifici. Anche se c’è, ed è abbondante, non si può mica sempre sapere; non è sempre riscontrabile!

  La vostra è una pura vita di fede che cammina al buio, per fare luce ad altri. Il mondo potrebbe dire: “Come mai tu fai luce a me per vedere, mentre tu resti al buio?” Ciascuna di voi potrebbe rispondere: “Io sono stata creata per fare luce a chi si trova nelle tenebre. Io ho Luce “dentro” e te la trasmetto a … distanza!” Ogni esempio ha sempre i suoi limiti! Ma è come si lì a Fontanellato partisse una invocazione dalla vostra Trasmittente divina: “Accende Lumen sensibus – infunde amorem cordibus – infirma nostri corporis – virtute firmans perpeti (accendi in noi la Tua luce – infondi nei nostri cuori l’Amore – Fortifica la nostra debolezza – con il Tuo Vigore Eterno… Ogni monastero non è forse come città sul monte”?

  “Noi, sorelle di clausura, cercheremo di stare al nostro posto. Innalzeremo una povera antenna, quella dell’umiltà e del desiderio di Dio, e cercheremo di captare mettendoci in sintonia, in lunghezza d’onda divina con voi, la supplica allo Spirito Santo, per vederla diventare realtà divina che opera in mezzo a noi e da’ “forza al verde”!!!”

  Anch’io pregherò lo Spirito Santo, perché la vostra vita riproduca sempre meglio non solo i caratteri della Universalità della Chiesa, ma anche la fecondità spirituale di Maria Madre della Chiesa.

  Non c’è bisogno che rispondiate alle mie lettere. Non voglio che togliate tempo prezioso alla vostra vita nascosta con Cristo in Dio (S. Paolo). Come dicevo, basta il vostro silenzio per parlare a Dio di Dio. Già siete “lettere viventi di Cristo” ed in Lui vi saluto con auspici di ogni bene e santità”.

Riconoscente

P. Valentino Bosio, CM.

condividi su

Lettera: Pentecoste 1995

Pentecoste 1995

Bisogna gioire e porre in grande stima la vita contemplativa tutta dedita alla preghiera! Il segreto della riuscita nel nostro apostolato come di ogni altro evento ed iniziativa ecclesiale, dipende dalla preghiera!

  Gent.ma e cara sorella in Cristo,

  La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

  Sono stato spinto a scrivere da un numero del settimanale “La Vita Cattolica” che mi mandano qui in Indonesia e precisamente nel Borneo Occidentale (ora Kalimantan Barat). Arrivano sempre in ritardo a distanza di tre mesi nel numero di cinque o sei per volta. Se sono sul posto alla base, posso leggerle subito quando arrivano; ma se sono in tournée all’interno, passano mesi e mesi prima di leggerle. Tuttavia l’avvenimento di Grazia di una suora contemplativa, non può passare inosservato. Esso è una ricchezza non solo per la Chiesa Locale ma per tutta la Chiesa Universale. Il S. Padre chiama voi contemplative: “CUORE DELLA CHIESA” .. COMPAGNE NELL’EVANGELIZZAZIONE!!!

  Se debbo dire la verità ciò che mi ha spinto a scrivere è anche il fatto di aver conosciuto il vecchio parroco di Rivarolo del Re. “Sta sempre in Chiesa” dicevano. Io con fede un po’ interessata andavo in Chiesa prima di iniziare la partita, per chiedere di vincere. Ma quelle preghiere più che cambiare il risultato della partita lasciata alla nostra preparazione e bravura, cambiavano me stesso anche a mia insaputa. Per questo non andavano mai a vuoto, anche quando perdevamo. Io facevo parte della squadra di calcio di Solarolo Rainerio ed alcune volte in trasferta sono andato a giocare a Rivarolo del Re. Poi, invece di andare in C od in B, sono entrato nella Congregazione della Missione, o Lazzaristi […]. Li ho conosciuti quando sono venuti a fare la Missione in Paese, dove si trovavano le suore “Figlie della carità”, il ramo femminile della Congregazione della Missione.

  Ritorno a parlare del vecchio parroco. Lo trovavo quasi sempre in Chiesa. Era un’anima contemplativa, un Uomo di Dio ed avrà alimentato nelle vene, sorgive di Grazia che si saranno diramate dove il Signore avrà voluto, per irrorare cuori aridi, oppure fecondare con abbondante grazia, cuori in attesa. Ho già 57 anni eppure questi ricordi sono come disegnati negli occhi della mente. Sono già 25 anni che sono in Indonesia! Missionario di foresta come lo è questa Chiesa locale che deve mettere salde radici, perché è ancora come un giovane virgulto.

  Io ho avuta sempre una grande stima ed ammirazione per la vita contemplativa e quando posso chiedo preghiere alle contemplative che conosco. Qui ad esempio in Borneo Occidentale, nella Diocesi di Pontianak ci sono le clarisse cappuccine precisamente nella città di Singkawang, un grosso centro cinese. Sono nel numero di 21. Hanno poi una specie di succursale (chiamiamola così), un piccolo convento fatto costruire da un ricco cinese cattolico. Un posto molto isolato, difficile da raggiungere. Superstiziose credenze dicono che era un posto degli “hantu”, gli spiriti cattivi. Ancora adesso, questa credenza è dura a morire. Questa zona confina con la mia anche se sono centinaia di chilometri. Io sono nel Vescovado di Sintang che conta 65.000 chilometri quadrati, un po’ come la Lombardia ed il Lazio messi insieme. Qui nel Vescovado di Sintang non ci sono ancora i contemplativi.

  Allora io, certo anche questo per disposizione della Divina Provvidenza, ogni tanto vado a tale “succursale” delle suore clarisse cappuccine. Il luogo si chiama Sarikan. E siccome nessun sacerdote di quella zona può o vuole andare a servire anche ogni tanto queste povere sorelle, ci vado io, di solito quando ritorno dalle tournée. È come se ricaricassi il serbatoio spirituale che può alla fine farsi secco per il lungo girare. Perché senza vita spirituale si gira a vuoto, senza preghiera, senza il suo appoggio, si rischia di essere come delle ruote nel fango che girano a vuoto… non attaccano, non fanno presa!

  Bisogna gioire e porre in grande stima la vita contemplativa tutta dedita alla preghiera! Il segreto della riuscita nel nostro apostolato come di ogni altro evento ed iniziativa ecclesiale, dipende dalla preghiera.

  Le sorelle contemplative clarisse cappuccine qui a Sarikan sono nel numero di tre per ora, a periodi una viene da Singkawang e così sono nel numero di quattro. Restano lunghi periodi senza avere Messa ed Eucaristia, per cui quando ci sono io, sono molto contente.

  È una vita difficile in queste zone dove sacrifici e sforzi sembrano essere inghiottiti da questo intreccio grandioso di verde, alberi, radici, fiumi grandi e piccoli, senza vedere risultati. Non è tanto la difficoltà delle comunicazioni, pericoli di fiumi, pericoli di animali ecc. No! Non è questo! È piuttosto l’ambiente d’insieme che spesso sembra restio, freddo od indifferente davanti al Vangelo. Sembrerebbe così naturale, pacifico, assodato: non c’è nulla di più bello, vero, confacente per qualsiasi tribù, razza, cultura, della Persona di Gesù Cristo e del Suo Vangelo per crescere, progredire sia spiritualmente che materialmente. Ed ecco che a volte si frappongono come dei muri di superbia e di egoismo che sembrano molto forti, duri da abbattere.

  Ora termino. In occasione della Festa di Pentecoste ho voluto scrivere qui a parte una specie di “Missiva” perché facciate arrivare un appello allo Spirito Santo. La consegnerà Lei alla Madre Abbadessa ed alle consorelle tutte. Così io impegno tutte, se non esigo troppo!

  A Te cosa debbo dire ancora cara Sorella?!?

  Sei un Capolavoro della Grazia di Gesù Cristo, Artefice Divino nello Spirito Santo. Un Capolavoro però appena iniziato ed ancora da finire e rifinire. Nostro Signore non è che fa tutto Lui in noi. Vuole un po’ di collaborazione da parte nostra. Così io prego che tu Gliela dia in pienezza questa collaborazione. Fino alla Statura di Cristo che vuol dire pienezza di Santità!!!

In Gesù Cristo
e Maria sua e Nostra Madre
Riconoscente
P. Valentino Bosio, CM.
condividi su

Cenni biografici di Padre Valentino Bosio

  Padre Valentino Bosio nasce a San Giovanni in Croce, provincia e diocesi di Cremona, il 23 gennaio 1938. È il primogenito di quattro fratelli e sorelle ed ha la grazia di crescere in una famiglia profondamente cristiana, che rispetta la sua vocazione e, anzi, si sente onorata di avere un missionario fra i suoi membri. Ne è segno e testimonianza la fede con cui la mamma, Caterina, accetta il sacrificio della lontananza del figlio e l’umile, costante preghiera con cui ella accompagna il suo apostolato in missione. Nel 1983, in uno dei suoi brevi ritorni in Italia, Padre Valentino la trova ormai gravemente inferma. Da tempo un tumore ha aggredito il suo fisico e, tra cobalto e medicine, compie inarrestabile la sua opera di distruzione. Eppure mamma Caterina non si lamenta, non si ribella e attinge nell’assidua preghiera la forza di mantenersi serena e abbandonata alla volontà di Dio. Un giorno P. Rolando, un Confratello di P. Valentino, la stuzzica: “Mamma Caterina, il permesso di Valentino di rimanere in Italia sta per scadere. Cosa pensate di fare?”. Ella è consapevole dello stadio avanzato del suo male e della morte ormai vicina ma, come Abramo, non esita: “Valentino deve tornare in missione. A me penserà il Signore”.

  Anche la maestra di scuola, a modo suo, coltiva il terreno sul quale sta germogliando il seme della vocazione missionaria del suo piccolo allievo. Tra grammatica e aritmetica insegna al vivace Valentino che le monache di clausura sono “i parafulmini della società”. Egli ascolta un po’ stupito e solo quando la maestra lo richiama con tono solenne: “Valentino, sta fermo! Altrimenti ti fulmino!” riesce a intuire che forse Dio, che è un Padre buono, misericordioso e provvidente, “manda i fulmini” alla gente non per cattiveria, ma per amore, come chi corregge e castiga per educare e far crescere.

  Il 31 ottobre 1962, vale a dire a ventiquattro anni, Valentino entra come vocazione adulta nella Congregazione dei Preti della Missione, chiamati anche “Lazzaristi” o, più comunemente, “Vincenziani” perché fondati a Parigi, nel 1625, da San Vincenzo de Paoli, un grande santo della carità.

  Egli incontra qualche difficoltà negli studi, ma si impegna tenacemente e soprattutto manifesta un sincero desiderio ed una ferma volontà di acquisire le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano che, secondo le Regole dei Missionari, devono essere “le cinque pietre di Davide” ossia la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per la salvezza delle anime. Il 15 agosto 1970 viene ordinato sacerdote con in cuore tanta gratitudine e un’irresistibile urgenza di raggiungere la missione. I Superiori, di fatto, non lo fanno attendere a lungo. Quattro mesi dopo l’ordinazione è già in Indonesia e termina nel suo nuovo campo di lavoro un anno ricco di emozioni e di grazie.

  La sua tattica missionaria consiste nel coinvolgere i piccoli, con i quali riesce a dialogare fin dall’inizio. Qualche caramella gli è sufficiente per superare l’impaccio iniziale del periodo di apprendimento della lingua locale. Poi, attraverso i piccoli, raggiunge i grandi e inizia la sua vera opera di evangelizzazione. Ben presto i poveri cominciano a chiamarlo “uomo dal cuore buono”, e non mancano di notare che
P. Valentino si dimentica a volte persino di dormire o di mangiare pur di aiutarli. Come quando, per trasportare un ammalato in un ospedale distante circa 200 chilometri dal villaggio, rimane digiuno due giorni e ritorna alla missione con un appetito formidabile. O come quando, senza prendere in considerazione pericoli, disagi e fatiche, compie lunghi viaggi tra fiumi e foreste per portare la Parola e i Sacramenti anche ai residenti più lontano.

  Il suo apostolato è contrassegnato da una dedizione illimitata. Chi non lo conosce a fondo lo ritiene perfino stravagante e indiscreto. In realtà, se P. Valentino eccede nel trascurare la sua salute e supera a volte i limiti della prudenza “normale”, non trascura mai però il primato di Dio e non dimentica le esigenze della vita spirituale. Se è esuberante, generoso, vivace, non di meno è silenzioso, contemplativo, un vero uomo di preghiera. La sua abituale unione con Dio rende stabile e costante il suo buon umore temperamentale, mentre il suo nativo ottimismo, temprato in situazioni ben poco confortevoli, diviene salda speranza e letizia cristiana.

  Rimane in Indonesia 34 anni, prima nell’Isola di Giava, poi più all’interno, tra gli indigeni del Borneo, nei villaggi attorno al fiume Melawi, Diocesi di Sintang.

  La morte lo coglie all’improvviso, l’8 giugno 2004, dopo la celebrazione eucaristica. Forse ha da tempo problemi di salute. Ma lui non si lamenta mai e nessuno è al corrente di qualche sua malattia. Dopo la S. Messa, celebrata alle sei del mattino, i fedeli e il Concelebrante escono dalla Cappella. Nessuno si sorprende se P. Valentino si ferma per prolungare il suo ringraziamento. Sanno che gli piace sostare, senza fretta, in preghiera. Solo dopo qualche ora, non vedendolo occupato nelle consuete attività, iniziano a cercarlo. Lo ritrovano in Cappella, ancora rivestito dei paramenti liturgici, nel banco dove aveva celebrato al sorgere del sole. È passato così, silenziosamente, sostenuto dal Pane di vita eterna, da un’esistenza terrena vissuta in umile rendimento di grazie, alla festa senza fine che ha atteso e preparato lavorando, senza risparmiarsi
nell’ “Isola delle meraviglie”.

condividi su

Clausura e Missione

  “Bisogna prendere in considerazione il mondo contemplativo, stabilire un ponte fra le due sponde essenziali alla Chiesa e alla civiltà. La sponda della contemplazione e la sponda dell’azione. Ma, ahimè, bisogna fare attenzione perché l’azione deve scaturire dalla contemplazione. Altrimenti è un girare a vuoto, come un motore ingolfato che fa molto rumore ma non riesce a partire; oppure come delle ruote che girano a vuoto nel fango ma non attaccano …”.

Così diceva il grande e indimenticabile Giorgio La Pira. Padre Valentino Bosio, Vincenziano (1938-2004), missionario in Borneo, scrisse varie lettere alle Monache Domenicane di clausura del Monastero San Giuseppe, allora situato in Fontanellato (Parma). Esse rappresentano un bell’esempio di come si può concretizzare questa esortazione di Giorgio La Pira. Un missionario del nostro tempo, morto 1’8 giugno 2004 e rimasto in missione circa 34 anni (dalla fine del 1970), scrive alle suore Domenicane amiche, per chiedere preghiere e raccontare le sue avventure nelle foreste del Borneo, con toni avvincenti, commossi: da un lato partecipa alle sorelle la sua singolare esperienza fra popolazioni tribali che stanno scoprendo Cristo, dall’altro vuol partecipare alle ricchezze della loro contemplazione.

  Un giovane missionario italiano, a diecimila chilometri dall’Italia e immerso nelle foreste del Borneo indonesiano (oggi si chiama Kalimantan Barat), fra popoli “primitivi” distanti mille miglia dalla nostra cultura e religione, leggendo il settimanale diocesano di Cremona “La Vita Cattolica”, nel 1995 scopre che a Fontanellato c’è una suora, una sorella di clausura nata vicino al suo paese in provincia di Cremona, e le scrive entrando così in comunicazione con le Domenicane. Prima non si conoscevano, poi la fede li rende fratello e sorella in modo autentico: si vogliono bene, si scrivono partecipando i loro problemi, gioie e sofferenze, soprattutto pregano a vicenda e si aiutano spiritualmente, che in fondo è la cosa più importante.

Queste preghiere e questa corrispondenza hanno illuminato il missionario, per volgerlo ancor più all’unione con Dio e alla contemplazione che, come dice lui stesso, aumenta la nostra capacità di lavorare. Potrebbe sembrare un assurdo: se tolgo spazio al lavoro, la produttività diminuisce; invece è vero il contrario, la capacità e il rendimento nel lavoro aumentano. È uno dei tanti misteri della fede, che chi non ha fede, o ne ha poca, non riesce a capire. Citando Paolo VI, padre Valentino definisce le claustrali “cuore della Chiesa” e “le compagne dell’ evangelizzazione”.

Giusto e bello, lo sappiamo tutti, ma ci pensiamo poco. Portare il Vangelo agli uomini, e soprattutto infondere efficacia soprannaturale alle nostre attività di evangelizzazione, non è opera di noi uomini, della nostra intelligenza e capacità, ma solo di Dio. Noi siamo, e lo ripetiamo spesso, “servi inutili”, cioè strumenti di cui Dio si serve per toccare il cuore degli uomini e convertirli: chi ci rende utili, nelle nostre piccole e povere attività umane, è solo l’aiuto, la forza, la grazia di Dio!

  Le lettere di padre Bosio meritano di essere lette, anzi sono una buona lettura spirituale e possono servire di meditazione anche alle persone più distratte. Non sono infatti minestrine riscaldate di verità astratte che abbiamo letto e sentito tante volte, ma portano in un mondo lontano e interessante, raccontano esperienze molto concrete di Vangelo di cui abbiamo urgenza anche noi in Italia; e poi, nel dialogo fraterno con le sorelle di clausura, ci fanno capire che la vocazione delle Domenicane come di tutte le suore dei monasteri italiani di contemplazione, è una vocazione missionaria al cento per cento! Sono donne consacrate a Dio e alla preghiera che “abbracciano già il mondo intero con l’amore di Gesù Cristo”, come scrive una di loro; o, come diceva un’insegnante di catechismo ricordata in queste lettere, con le loro preghiere e la loro stessa vita sono “i parafulmini della società”. Questa è una “buona notizia”: ci dà coraggio, ci fa sapere che non siamo soli nel combattere l’unica guerra giusta, che è quella contro le forze del male e perché il Vangelo diventi la luce e la norma di vita per tutti gli uomini e tutti i popoli.

                                                                        Estratto dalla Prefazione alla prima edizione delle lettere, 2005.
                                                                        Piero Gheddo, missionario del PIME

condividi su

San Giuseppe
La preminenza di San Giuseppe su ogni altro santo

  La dottrina secondo la quale S. Giuseppe, dopo Maria, è stato ed è sempre più unito a nostro Signore di ogni altro santo, tende sempre più a diventare una dottrina comunemente ricevuta dalla Chiesa.

  S. Giovanni Battista era incaricato di annunziare la venuta immediata del Messia. Si può dire che egli fu il più grande precursore di Gesù nell’Antico Testamento. S. Tommaso intende così la parola. di Gesù in S. Matteo (11, 11): In verità vi dico che fra i nati di donna non venne mai al mondo alcuno più grande di Giovanni il Battista. Ma nostro Signore, aggiunge subito: Ciò nonostante il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Il regno dei cieli è la Chiesa della terra e del cielo; è il Nuovo Testamento, più perfetto come stato dell’Antico. E chi nella Chiesa è il più piccolo? E nella Chiesa chi è il più umile? Quello che non fu né apostolo, né evangelista, ne martire, almeno esteriormente, né pontefice, né sacerdote, né dottore, ma che conobbe e amò il Cristo Gesù certo non meno degli Apostoli, degli Evangelisti, dei Martiri, dei Pontefici e dei Dottori, e cioè l’umile artigiano di Nazareth, l’umile Giuseppe.

  Gli Apostoli erano chiamati a far conoscere agli uomini il Salvatore, a predicare loro il Vangelo per salvarli. Gesù è rivelato agli Apostoli perché sia annunziato a tutto l’universo. Esso è rivelato a Giuseppe perché lo taccia e lo nasconda. Gli Apostoli sono delle luci per far vedere Gesù Cristo al mondo. Giuseppe è un velo per coprirlo; e sotto questo velo misterioso vien nascosta la verginità di Maria e la grandezza del Salvatore delle anime. Colui che glorifica gli Apostoli per l’onore della predicazione, glorifica Giuseppe per l’umiltà del silenzio.

  Dopo Maria, Giuseppe fu quegli che stette più vicino all’Autore stesso della grazia. E se fu così, certo egli ricevette nel silenzio di Bethleem, durante il soggiorno in Egitto e nell’umile casa di Nazareth, più grazie di quel che non abbia ricevuto e non riceverà mai alcun Santo.

  Quale fu la missione eccezionale di Giuseppe presso il Signore? Veramente il Verbo di Dio fatto carne gli fu affidato. Giuseppe vegliò tutte le ore, notte e giorno sull’infanzia di Nostro Signore. Spesso tenne nelle sue mani colui nel quale vedeva il suo Creatore e il suo Salvatore. Egli ricevette certo da lui grazia su grazia durante i lunghi anni nei quali visse con lui nella più grande intimità quotidiana. Egli lo vide crescere e contribuì alla, sua educazione umana. Gesù gli fu sottomesso.

  Fu questa la missione principale di Giuseppe. Missione unica, altissima quella di custodire il Figlio di Dio, il Re del mondo, la missione di custodire la verginità, la santità di Maria, la missione unica di entrare in partecipazione del grande mistero, nascosto agli occhi dei secoli e di cooperare così all’Incarnazione e alla Redenzione! Tutta la santità di Giuseppe sta precisamente nel compimento, fedele fino ano scrupolo, di questa missione sì grande e sì umile, sì alta e sì nascosta, sì splendida e così circondata di tenebre.

Da “L’amore di Dio e la croce di Gesù” di P. Garrigou Lagrange, OP

Immagine: Giotto, San Giuseppe (particolare de “La fuga in Egitto”), Cappella degli Scrovegni, Padova.

condividi su

TEMPO DI QUARESIMA

Al momento favorevole ti ho esaudito

e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.

Ecco ora il momento favorevole,

ecco ora il giorno della salvezza.

2 Cor 6, 2

  Carissimi, fra tutti i giorni che la devozione cristiana celebra con onore in molti modi, nessuno è più importante della festa di Pasqua, dalla quale tutte le altre festività della Chiesa di Dio attingono la loro sacra solennità. Lo stesso Natale del Signore è legato al mistero pasquale, perché il Figlio di Dio non nacque se non per poter essere confitto in croce.·

  Nel grembo della Vergine fu accolta una carne mortale; in quella carne mortale si è compiuta la passione, per ineffabile disegno della misericordia di Dio, affinché diventasse per noi sacrificio di redenzione, remissione del peccato, e principio di resurrezione per la vita eterna. Se consideriamo poi che per mezzo della croce tutto il mondo è stato redento, comprendiamo che è giusto prepararci a celebrare la Pasqua con un digiuno di quaranta giorni, per poter partecipare degnamente ai divini misteri.

E si devono purificare da ogni macchia di peccato non solo i più grandi vescovi, i semplici sacerdoti e i diaconi, ma tutto il corpo della’ Chiesa, tutti i fedeli, affinché il tempio di Dio, il cui fondatore è lo stesso fondamento, sia magnifico in tutte le sue ‘pietre e splendente in ogni sua parte. Infatti, se le regge e i palazzi delle autorità supreme sono a ragione abbelliti con .ogni genere di ornamento affinché le loro abitazioni siano tanto più sontuose quanto più grandi sono i loro meriti, con quale cura non si dovrà edificate e ornare la dimora di Dio stesso!

  Questa dimora, che non può essere incominciata e terminata senza il suo autore, esige tuttavia la collaborazione di chi la costruisce, partecipando con la propria fatica alla sua edificazione. Infatti, per la costruzione di questo tempio si prende una materia viva e dotata di ragione, che lo Spirito anima con la sua grazia, affinché spontaneamente si cementi in un unico corpo. Questa Chiesa è amata e cercata da Dio, perché a sua volta cerchi chi non la cerca e ami chi non l’ama, come dice il beato apostolo Giovanni: «Noi dobbiamo amarci perché egli ci ha amati per primo» (1 Gv 4, 11. 19). Poiché dunque tutti insieme e ciascun fedele in particolare formiamo un unico tempio di Dio, questo dev’essere perfetto nel singolo come in tutti. E anche se la bellezza di tutti i membri non è identica e neppure possibile un’uguaglianza di meriti in tanta varietà di parti, tuttavia l’unione della carità ottiene un’ armonia di bellezza. Così tutti i membri sono uniti in un amore santo, e pur non godendo in eguale misura dei benefici della grazia, si rallegrano a vicenda dei rispettivi beni; e tutto ciò che amano appartiene ad essi, in quanto coloro che si allietano del bene altrui si arricchiscono a proprio vantaggio.

ORAZIONE

O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male.
Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Dal «Discorso 48» di san Leone Magno, papa.

Immagine: Cristo e l’angelo, Moretto, Pinacoteca, Brescia.

condividi su

OGGI IL RE DEL CIELO NASCE PER NOI DA UNA VERGINE, ALLELUIA!

L’angelo disse ai pastori:

Vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: *

Oggi vi è nato nella città di davide un Salvatore,

che è il Cristo Signore.

Troverete un bambino avvolto in fasce,

che giace in una mangiatoia.

Oggi vi è nato nella città di davide un Salvatore,

che è il Cristo Signore.

Dalla Liturgia

  «Oggi ci è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore, nella città di Davde» (Lc 2, 11). Questa città è Betlemme ed è là che dobbiamo accorrere come fecero i pastori appena udito l’annunzio. «È questo per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,12).

  Ecco perché vi ho detto che dovete amarlo: temete il Signore degli angeli, ma amatelo tenero bambino; temete il Signore della potenza, ma amatelo avvolto in fasce; temete il re del cielo, ma amatelo deposto in una mangiatoia.

 Quale segno ricevettero i pastori? «Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». Egli è il salvatore, egli è il Signore: è poi una cosa straordinaria essere avvolto in fasce, giacere in una mangiatoia? Non si avvolgono in fasce anche gli altri bambini? Che segno è questo? Grande certamente, se però riusciamo a comprenderlo. E lo potremo, se non ci limitiamo ad ascoltare questo messaggio di amore, ma anche accogliamo nel cuore la luce che apparve con gli angeli. Essa brillò appena dato questo annunzio, per insegnarci che ascoltano veramente soltanto coloro che accolgono nel cuore la luce del cielo.

  Molte cose ci sarebbero da dire su questo mistero; ma il tempo è passato, perciò dirò ancora poco e in breve. Betlemme, «casa del pane» è la santa Chiesa, in cui si dispensa il corpo di Cristo, il vero pane. La mangiatoia di Betlemme è l’altare in chiesa. Qui si nutrono le creature di Cristo. Di questa mensa è scritto: «Hai preparato una mensa dinanzi a me» (Sal 22, 5). In questa mangiatoia c’è Gesù avvolto in fasce. Le fasce sono il velo del sacramento. Qui, sotto le specie del pane e del vino, c’è il vero corpo e sangue di Cristo. In questo sacramento noi crediamo che c’è Cristo vero, ma avvolto in fasce ossia invisibile. Non abbiamo nessun segno così grande e evidente della natività di Cristo come il corpo che mangiamo e il sangue che beviamo ogni giorno accostandoci all’altare: ogni giorno vediamo immolarsi colui che una sola volta nacque per noi dalla Vergine Maria. Affrettiamoci dunque, fratelli, a questo presepe del Signore; ma prima per quanto ci è possibile, prepariamoci con la sua grazia a questo incontro, perché ogni giorno e in tutta la nostra vita, «con cuore puro, coscienza retta e fede sincera» (2 Cor 6, 6) possiamo cantare insieme agli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14).

  Per lo stesso Cristo nostro Signore, a cui sia onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dal «Discorso 2 per Natale» di sant’Elredo, abate

condividi su

AVERE IL PARADISO IN CASA

  In questi giorni l’urna contenente le reliquie di S. Imerio, S. Facio, S. Paola Elisabetta Cerioli, S. Vincenzo Grossi. S. Francesco Spinelli e dei Beati Enrico Rebuschini e Arsenio da Trigolo sosta presso le Monache Domenicane di ‘S. Sigismondo’ in attesa di essere collocata, domenica prossima, nel nuovo altare della Cattedrale.

  Noi Monache di clausura sentiamo questa sosta come un privilegio che ci fa amare ancor più la nostra vocazione. Domenica prossima noi non saremo presenti in cattedrale. La clausura, infatti, anche nelle normative più recenti emanate da Papa Francesco, esclude la partecipazione fisica a eventi importanti della comunità ecclesiale. La esclude per favorire una più intensa comunione spirituale, invisibile ma reale, in cui crediamo fortemente e che in questo caso ci è dato quasi di toccare con mano.

  Ci sentiamo membra vive della Diocesi e la dedicazione del nuovo altare non ci lascia indifferenti. A quell’altare della Cattedrale, centro della Chiesa locale, sul quale viene offerto il sacrificio eucaristico noi ci uniamo quotidianamente con la nostra assidua preghiera di lode.

  Avere tra noi le reliquie di alcuni santi cremonesi proprio in questi giorni in cui celebriamo la festa di tutti i santi e commemoriamo i defunti è un po’ come ‘avere il Paradiso in casa ’: li preghiamo, li onoriamo, ci sentiamo fortificate e protette dalla loro intercessione, ci è di esempio la loro vita nel nostro cammino di santità. Comunitariamente stiamo facendo anche una novena che termineremo proprio sabato, vigilia dell’evento.

  Alla dedicazione del nuovo altare e all’adeguamento liturgico della nostra Cattedrale ci siamo preparate con una interessantissima catechesi che ci ha tenuto il nostro Cappellano Don Daniele Piazzi, personalmente coinvolto ai lavori in corso quale responsabile dell’Ufficio Liturgico Diocesano. Egli ci ha descritto l’iter del progetto e i vari passaggi del rito spiegandoci i significati simbolici dei vari segni liturgici utilizzati durante la celebrazione. Al termine della sua conferenza don Piazzi ha firmato con la Madre Priora il verbale della deposizione delle reliquie nell’urna di ottone satinato e argentato, e ha sigillato l’urna con un nastro rosso e con il sigillo di Mons. Antonio Napolioni.

  Si realizza per noi in questi giorni un’occasione privilegiata e speciale per rinsaldare e rendere più consapevole in nostro inserimento in Diocesi. Quindici anni or sono, proprio partendo dalla Cattedrale, è iniziata la nostra presenza a Cremona. Celebravamo allora due giubilei concomitanti: il IX centenario del Duomo e l’VIII centenario di fondazione delle Monache Domenicane. Da allora i cremonesi hanno percepito la nostra presenza silenziosa come una presenza vitale. In tanti ci manifestano stima e affetto. La nostra preghiera quotidiana dà voce alle loro intenzioni di supplica e di lode e si innalza come rendimento di grazie a nome di tutti.

Le Monache Domenicane

condividi su