«Misericordia, non parentesi, ma essenza della Chiesa»

Don Marco D'Agostino, missionario della misericordia cremonese insieme a don Compiani, riflette sulla lettera post giubilare di Papa Francesco

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Due donne guidano la riflessione nel freschissimo testo, appena firmato dal Papa, che porta il titolo: “Misericordia et misera”. L’esortazione Apostolica prende avvio dalle parole del grande Agostino che, nel commento al testo del Vangelo di Giovanni (8,1-11) descrive l’incontro tra lo sconfinato amore di Dio che, in Gesù Salvatore porta sulle sue spalle una peccatrice (n. 1).

Il Papa non bada a mezzi termini nel suo testo che – mi si permetta l’espressione casalinga – “è una spremuta di Vangelo”, un concentrato dell’essenza del messaggio di Gesù. Egli parla, fin dai primi numeri, di un “tutto che si rivela nella misericordia” (n. 1) e di un “niente” che, davanti alla misericordia divina, “può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono” (n. 2). Noi siamo peccatori e per questo sentiamo, nella vita quotidiana, “la contraddizione tra ciò che vorremmo fare e ciò che concretamente facciamo” (n. 8). Ma proprio perché Dio ci ama e continuamente ci perdona abbiamo il coraggio e l’umiltà di ricominciare sempre dalla carità, dal perdono, dalla misericordia ricevuta.

A più riprese, ma con il solo ritmo dell’uomo di Dio sempre bisognoso della misericordia, apre il suo cuore di Pastore e invita ogni comunità e credente a fare in modo che la misericordia non sia una parentesi della vita della Chiesa, ma la sua stessa “essenza” che rende tangibile la verità profonda del Vangelo.

Se il Concilio Vaticano II ci ha regalato una Chiesa missionaria per natura, il Papa, nella scia dello stesso, evidenzia che il Vangelo è misericordia e che imparando come “Dio si china su di noi, anche noi possiamo chinarci sui fratelli” (n. 16). Il Vangelo, se accolto e vissuto, crea una nostalgia, nel nostro cuore e nel cuore di tanti, perché incontrino testimoni sinceri e non superbi di una fede che può essere spezzata e di una mano che può essere raccolta perché si ritorni a camminare insieme.

Non si tratta di svendere il Vangelo, al contrario di renderlo luminoso esattamente come Gesù lo ha incarnato, perché “niente è più gradito al Padre se non un segno di misericordia” che significa la creazione di uomini e donne non statici, ma dinamici perché – afferma Francesco – “una volta che si sperimenta la misericordia nella sua verità non si torna più indietro” (n. 16): egli vede con molta positività il tempo di grazia dell’Anno Santo che ci lasciamo dietro le spalle. Se anche la porta santa si è chiusa “la porta della misericordia del nostro cuore deve sempre rimanere spalancata” (n. 16).

Il Papa rassicura tutta la Chiesa di essere avvolta e di vivere il mistero della misericordia anzitutto nella liturgia. E la misericordia è il nome dell’amore di Dio “con cui Egli si fa conoscere e ci viene incontro” (n. 5). I gesti della Chiesa quando celebra l’Eucaristia, ascolta la Parola, rimette i peccati e si fa vicino, nell’Unzione, al mondo della malattia e del dolore, li illumina di speranza con gesti che “concedono misericordia” perché mentre la invochiamo “ci viene concessa”, mentre la “confessiamo viva e reale, realmente ci trasforma” (n. 5). Sono parole che bussano al cuore, alimentano la speranza, aprono all’amore di un Dio che non si dà per vinto e, come un Padre, “ci viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli” (n. 8).

Il momento della morte spirituale, cioè il peccato (nn. 10-12) e quello della morte fisica (n. 15) sono e devono diventare sempre più luoghi della misericordia e della pastorale della stessa, cioè del Vangelo spezzato  e vissuto accanto al peccatore riconciliato e chiamato all’amore misericordioso ad essere nuovo. Tutta la Bibbia – afferma il Papa – è un “il grande racconto delle meraviglie della misericordia di Dio” (n. 7) ed è vivo desiderio di Francesco che ogni comunità, una domenica all’anno, “rinnovi “l’impegno per la diffusione, la conoscenza, l’approfondimento della Sacra Scrittura. Mettersi davanti alla Parola perché sia Dio – attraverso la lectio – a guidare la comunità su strade e progetti nuovi. Il Papa non ha paura della novità che Dio vuole creare e ci invita a non averne. Non per essere originali a tutti i costi, ma perché la riflessione sulla Parola – come già aveva detto papa Benedetto nell’Esortazione post-sinodale Verbum Domini (nn. 86-87) – “sfoci necessariamente in gesti e opere concrete di carità”.

La misericordia celebrata e vissuta impegna tutti: chiede ai missionari della misericordia, mille sacerdoti nel mondo che hanno il “potere” di sciogliere le censure riservate alla Sede Apostolica, di continuare il loro prezioso ministero perché non ci siano confini a chi cerca Dio con cuore pentito anche dopo averlo offeso (n. 9). Non che il peccato non abbia più gravità. Ne ha ed è da evitare. Il Papa lo ribadisce a proposito dell’aborto che è un “grave peccato perché pone fine ad una vita innocente” (n. 12). Ma se le persone si accostano alla “dispensa della misericordia” ogni sacerdote ottiene, grazie all’autorità apostolica, la facoltà di assolvere chi ha procurato un crimine contro la vita. La celebrazione del sacramento della riconciliazione diventa, per i ministri della misericordia, peccatori perdonati da Dio, luogo di crescita e di discernimento. Essi, secondo le parole del Papa, devono essere “accoglienti con tutti, testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili nell’accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio” (n. 10). Sono aggettivi e atteggiamenti che vanno tenuti insieme e ci impegnano enormemente come ministri di una misericordia non nostra. Soprattutto ci chiedono di tenere insieme tutti gli aspetti e non solamente uno a scapito degli altri sei. Il Papa chiede che i sacerdoti “mettano la loro vita a servizio” della centralità del sacramento della riconciliazione (n. 11). C’è di che pensare, meditare, riflettere e anche soffrire per cambiare la nostra mente e il nostro cuore.

La misericordia – per me è stato così in questo anno santo – è tutto ciò che io, spontaneamente, non farei. Ma non posso vivere la misericordia divina se non mi lascio impastare da essa. Per questo “fermarsi solamente alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina” (n. 11). Sono parole fortissime che chiedono di metterci davanti alla persona di Gesù e lasciare che lui interroghi seriamente i nostri atteggiamenti. Sono parole liberanti che chiedono di più, maggiore creatività nell’impegno di un vangelo che va incarnato e vissuto, attraverso nuove vie che non vengano meno alla verità e siano animate dalla misericordia, non trascurino la giustizia sociale, il giusto salario, la pace, la carità e possano aiutare chi si sente lontano o si è allontanato da solo.

Da qui anche l’idea di Francesco di una Giornata mondiale dei poveri (la XXXIII domenica del Tempo Ordinario) per celebrare la solennità di Cristo Re “che si è identificato con i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia” (n. 21).  “È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante opere nuove, frutto della grazia”. Crediamoci. E apriamo il cuore alle opere di misericordia che sono “artigianali”, cioè mai una uguale all’altra, sempre modellabile e originale (n. 20).  Non lasciamo Lazzaro fuori dalla porta e noi, dentro, a banchettare. Non lasciamo che la donna peccatrice, in casa di Simone, rimanga ferma, senza una parola che la provochi ad un amore gratuito. Dio non si rassegna a pensarci fuori casa e non sta bene finché, anche il figlio maggiore, non entra a fare festa. La festa di chi – anche se non si perde – sa gioire dei fratelli che tornano e possono nuovamente vivere. Non per gentile concessione, ma perché il Padre vive di amore misericordioso e spera, fino all’ultimo, che possiamo viverlo anche noi.

Don Marco D’Agostino
Missionario della misericordia

La sintesi della lettera apostolica post giubilare “Misericordia et misera”

 

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