L’Oratorio di Picenengo in Sardegna sulla via di «Santu Jacu»

Diciassette i partecipanti alla route svolta a fine luglio: un cammino, non senza fatiche, ricco di incontri e scoperte

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Sono 126 i chilometri che separano il bastione aragonese di Porto Torres, che si affaccia sul mare, dalla Cattedrale di Ozieri, meta del percorso del gruppo dell’Oratorio di Picenengo, guidato dal parroco don Bruno Bignami. Da pochi anni in Sardegna è stato lanciato il cammino di «Santu Jacu» (san Giacomo in sardo) che va da Cagliari a Porto Torres e la route 2017 del gruppo cremonese ne ha percorso a ritroso l’ultimo tratto.

L’antica regione del Logudoro è stata attraversata facendo tappa a Sorso, a Sassari, a Codrongianos, a Ploaghe, a Ardara, a Chilivani e a Ozieri. Località che erano sconosciute ai pellegrini e che ora, raggiunte a piedi, sono divenute familiari.

Dal 23 al 29 luglio i diciassette partecipanti alla route hanno visto approfondirsi giorno per giorno il loro legame di amicizia. Come spesso accade, il cammino avvicina con la forza della lentezza. Fa calpestare in punta di piedi una regione e altrettanto in punta di piedi fa avvicinare all’altro. È il vero miracolo che si rinnova ogni volta che qualcuno si mette in strada a piedi e zaino in spalla.

Il cammino non è mai facile. Ci sono da affrontare levatacce (alle 4 del mattino la sveglia butta nella mischia del nuovo giorno), c’è da sostenere il caldo dell’estate sarda, c’è da stringere i denti di fronte alle inevitabili vesciche, c’è da prendere le misure al passo e al carattere degli altri e c’è, infine, da allenarsi alla fatica. In compenso, c’è da godersi albe eccezionali, si è attraversato il nord dell’isola da ovest verso sud-est riempiendo gli occhi di bellezze naturali, si sono sperimentate la generosità e l’accoglienza di persone diventate care. Come dimenticare i pasticcini offerti dalle signore di Ploaghe all’arrivo in paese o la cena con carne di pecora preparata da Fabrizio a Casa Betania, con la presenza di mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri, venuto di proposito a salutarci a circa mille metri di altezza? Come non ricordare la gratuità di preti come don Tonino, parroco di Ploaghe, o di don Luigi a Sorso? E che dire degli angeli custodi messi lungo il percorso a indicarci la strada? Su tutti la disponibilità di Mario, ex alcolista trovato per caso, che in ciabatte da Sennori ci ha accompagnato per alcuni chilometri fino a Sassari, raccontandoci la sua vita con i suoi drammi e i suoi sogni?

Le persone sono la vera ricchezza del cammino. Così la testimonianza di suor Elena, ottantatreenne vincenziana figlia della carità, ha aiutato il gruppo a capire cosa significa vivere al fianco dei detenuti e spendersi per il loro recupero umano. Anche il sostegno di Pasquale Demurtas a Ploaghe è stato molto gradito.

La route sa dosare con maestria natura e cultura. Ci si è tuffati in una variegata natura: la vegetazione della costa lungo la litoranea, i canyon tra Sassari e Ossi, i lunghi chilometri di sterrato da Codrongianos fino a Ozieri in mezzo a campi, greggi, mucche al pascolo, distese di querce da sughero… La cultura, invece, parla di fede vissuta, che ha seminato il territorio logudorese di chiese romaniche molto belle. Basti citare in ordine lo straordinario complesso di san Gavino a Porto Torres, la chiesetta di san Giacomo a due passi dall’ospedale san Camillo di Sassari, la splendida basilica di Saccargia a Codrongianos, il gioiello architettonico di san Michele alle porte di Ploaghe, la maestosa Chiesa di santa Maria del Regno ad Ardara, l’antica e spettacolare basilica di sant’Antioco a Bisarcio nel territorio di Ozieri. L’antichità di questi luoghi testimonia una vita cristiana secolare: i piedi dei pellegrini calpestano le orme di una fede radicata nel popolo sardo. A questi luoghi si aggiunge la maestosità dei nuraghi che raccontano di una tradizione originale nella storia.

Il pellegrinaggio si è concluso sul sagrato della Cattedrale di Ozieri, dopo aver percorso l’ultimo tratto su strada sterrata con cancelli pastorali che, di volta in volta, bisognava aprire e richiudere alle spalle. Una bella metafora del cammino: c’è sempre qualcosa da lasciare dietro di sé e un tratto di strada inesplorato. Il passaggio degli ostacoli è più facile se si gode della compagnia di qualcuno.

Ora, per i partecipanti alla route, la parola Sardegna evoca mille sensazioni. La mente corre a colori, profumi e volti. Molte cose sono entrate nel cuore grazie ai piedi, prima ancora che grazie agli occhi. E il viaggio scava nell’anima per scoprire cos’è la condivisione. Nella vita non si è mai soli. Del resto, l’augurio sardo di buon viaggio è «Bai cun Deus». Come minimo, avventura a due!

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