Una serata per approfondire il tema delle riforme costituzionali, in vista del prossimo referendum, attraverso la voce di un costituzionalista e di un esponente del Governo. Dalla teoria al caso concreto, cercando di guardare a pregi e difetti, collocando il tutto nello scenario europeo e nel contesto storico-politico di riferimento.
È quanto l’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, diretto da Sante Mussetola, ha organizzato in collaborazione con il Comune di Cremona e la Zona pastorale VI nella serata di venerdì 2 settembre nel salone dei Quadri di Palazzo comunale. Protagonisti, in una sala consiliare gremita, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Luciano Pizzetti, e il prof. Paolo Sabbioni, docente di Istituzioni del Diritto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’incontro, moderato dal direttore del quotidiano La Provincia di Cremona, Vittoriano Zanolli, è stato introdotto dal saluto di mons. Alberto Franzini, parroco della Cattedrale e coordinatore del tavolo pastorale per la cultura e la comunicazione, che ha voluto precisare il senso dell’iniziativa, già preceduta da altre occasioni informative/formative.
Presenti in sala il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, insieme al “padrone di casa”, il sindaco Gianluca Galimberti; e non è mancata per un saluto neppure il prefetto Paola Picciafuochi.
La serata è entrata nel vivo guardando a ciò che l’ordinamento prevede per cambiare la Costituzione: da un lato un processo parlamentare, dall’altro il referendum. E subito il prof. Sabbioni ha sciolto alcuni nodi, anzitutto chiarendo che non risulta giuridicamente rilevante il fatto che a portare al referendum sia stata una iniziativa governativa. Si tratta semmai di una questione politica, come anche per l’incostituzionalità dell’ultima legge elettorale che, comunque, come afferma anche la sentenza della Corte Costituzionale, non toglie legittimazione al Governo in carica.
Altra questione – molto controversa – quella del cosiddetto “spacchettamento” dei quesiti referendari. Secondo molti costituzionalisti, un modo per garantire la sovranità dei cittadini che potrebbero così esprimersi su ogni specifico argomento. Ma come effettuare lo spacchettamento? La questione diventa allora politica, con tutte le difficoltà del caso per separare la riforma del Titolo V dal nuovo Senato. Inoltre Pizzetti ha ricordato come in Parlamento la riforma sia stata votata in modo unitario e per questo anche i cittadini saranno chiamati a fare altrettanto. Non è mancato poi il richiamo a un precedente: quello della riforma Berlusconi del 2006.
Dal Sottosegretario, quindi, la cronistoria della riforma, che affronta un tema sotto attenzione da anni. Analizzato prima dalla Commissione della Camera (con Violante, nel 2007) e poi dalla Commissione dei Saggi (con Quagliariello, sotto il Governo Letta). Si arriva così alla prima Commissione del Senato (relatori Finocchiaro e Calderoli) che apporta notevoli cambiamenti. Anche con l’approvazione di Forza Italia, ha ricordato l’esponente del Pd. Ma alla Camera l’appoggio di Forza Italia viene a mancare, a seguito della rottura del “patto” sull’elezione del Presidente della Repubblica. E qui alcune precisazioni del Sottosegretario, che ha evidenziato la scelta della Maggioranza a continuare comunque con il testo condiviso, senza tornare all’originale. «Per questo non di può parlare di testo del Governo», ha precisato Pizzetti, sottolineando come la riforma sia «frutto di lavori parlamentari, riferibile a un’intesa più ampia».
Quindi la questione della cancellazione del bicameralismo perfetto. Un unicum italiano, ha sottolineato il docente universitario, richiamando i passaggi storici che hanno portato alla sua costituzione. Ma con il nuovo Senato non si giungerà neppure a un monocameralismo nel quale «la Repubblica finirebbe per coincidere con lo Stato», ha affermato Pizzetti, sottolineando come in tal modo la Repubblica possa sì coincidere con lo Stato, ma anche con Regioni e Comuni.
E qui si sono intrecciate altre due questioni. In particolare il riferimento al Bundesrat tedesco, che entrambi i relatori avrebbero preferito alla soluzione italiana scelta. Ad esempio per il fatto che – ha ricordato il professore della Cattolica – il voto dei rappresentanti dei territori è unico, mentre per il nuovo Senato si può profilare lo scenario di una divisione dei rappresentanti territoriali ancora per partiti anziché per rappresentanze. Altro capitolo quello della “clausola di supremazia”
Tra gli spunti di riflessione anche il tema, alquanto controverso, dell’immunità dei nuovi senatori e della riduzione dei costi. Da parte del Sottosegretario alcune precisazioni sulle ragioni e le modalità di concessione dell’immunità, la cui mancata applicazione ai soli senatori costituirebbe, secondo il costituzionalista, un vulnus e una disparità tra rappresentanti istituzionali. Affrontando il tema dei risparmi è risultato evidente che il tutto non possa ridursi solo a 315 indennizzi in meno.
Particolarmente acceso il dibattito sulle aree vaste che, a detta dei relatori, non possono essere lette come «province in piccolo». Provocato da Zanolli, Pizzetti ha guardato in particolare alla situazione locale. La mappa delle sinergie – ha affermato il Sottosegretario – non può, però, essere calata dall’alto. Lo sguardo si è focalizzato quindi sulle aspirazioni di piccole realtà come Crema e Treviglio: pur con un commento positivo al disegno Maroni, il Sottosegretario ha posto l’attenzione sul caso dell’Emilia-Romagna, dove si è giunti alla creazione di tre sole aree vaste.
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