Intervista a mons. Bonazzi sul Museo diocesano

Nelle cantine del Palazzo vescovile in corso i lavori per la realizzazione dello spazio espositivo, che seguirà un criterio tematico e non cronologico

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Fervono i lavori, all’interno del Palazzo vescovile di Cremona, per la preparazione dei locali che ospiteranno presto il nuovo Museo diocesano. Vogliamo fare il punto della situazione, cercando di focalizzare gli obiettivi che hanno portato a questa realizzazione insieme ai criteri che ne guideranno l’allestimento. Per questo abbiamo intervistato mons. Achille Bonazzi, incaricato per la costituzione del Museo diocesano, che ha fortemente voluto e per il quale ha posto le basti.

Mons. Bonazzi, quello in fase di realizzazione è il museo del Duomo e della Diocesi di Cremona…

«Questa denominazione, per ora provvisoria, indica che le opere d’arte che andranno a formare il nuovo museo provengono da tutta la realtà diocesana, da Rivolta d’Adda a Viadana, e in modo particolare dalla Chiesa-Madre, la Cattedrale della città di Cremona».

Un importante spazio espositivo che avrà sede all’interno di Palazzo vescovile: perché la scelta proprio di questo luogo?

«Sì, gli spazi per la realizzazione del Museo sono stati identificati nelle cantine del Palazzo vescovile. La scelta si fonda su alcune considerazioni. Da una parte permette la valorizzazione del Palazzo vescovile: le cantine erano in uno stato di serio degrado. Senza considerare che sono ambienti fascinosi, che comprendono anche l’antica ghiacciaia, parte integrante dell’itinerario museale. Ma non solo: la vicinanza con la Cattedrale e il Battistero, sede del Museo delle Pietre Romaniche, con una collocazione nel centro cittadino, e in prossimità al Museo del Violino, che costituisce un significativo polo d’attrazione turistica, sono stati fattori molto importanti».

È già possibile abbozzare una fotografia del nuovo Museo diocesano?

«L’ingresso, secondo il progetto autorizzato, è previsto in piazza S. Antonio Maria Zaccaria. Le opere non saranno esposte secondo un criterio cronologico (sala del Trecento, del Quattrocento…), bensì tematico. Le sale del Museo, pertanto, illustreranno dapprima la realtà territoriale con alcuni dei suoi protagonisti per passare all’esposizione del mistero della morte e Risurrezione del Signore, attraverso opere diverse costituite da quadri, sculture, corali, suppellettili. Seguirà la sala che illustra la devozione della Vergine, per puntualizzare alcuni valori essenziali: l’Assunta, patrona della chiesa cattedrale; la Madonna di Caravaggio (Bg) e della Fontana di Casalmaggiore (Cr). Vi sarà poi l’esposizione di opere che sottolineano il culto dei Santi universali della Chiesa (S. Pietro, S. Paolo…) e quelli particolari della Chiesa cremonese (i santi fondatori, S. Omobono, S. Facio…). Infine troveranno spazio alcuni aspetti particolari, quali, a titolo esemplificativo, l’epoca dei Visconti; il ruolo di Francesco I, re di Francia, per Pizzighettone. In una sala centrale saranno collocate alcune opere che costituiscono parte della collezione del mecenate cui si deve la realizzazione del Museo. Non saranno utilizzate solo le cantine, ma anche qualche spazio del primo piano, come la galleria dei Vescovi, la stanza rotonda e la sala Bolognini. Nel Museo saranno disponibili, infatti, anche spazi per organizzare mostre temporanee su temi specifici».

Con quali finalità nasce questo museo?

«Direi che l’erigendo Museo diocesano intende dare una risposta concreta ad una triplice motivazione. La prima è quella di illustrare e ricostruire l’identità religiosa della nostra realtà diocesana: in un tempo nel quale culturalmente si ricercano i fondamenti di ogni realtà territoriale al fine di valorizzare il senso di appartenenza, si intende delineare le caratteristiche dell’identità religiosa della nostra Diocesi. Il Museo, inoltre, dovrà rispondere all’esigenza di “ricoverare” alcune opere d’arte provenienti da chiese che verranno dismesse. L’evoluzione demografica del tessuto diocesano, con alcune parrocchie costituite da poche decine di abitanti, sta portando, con sofferenza, a decidere la chiusura di alcune piccole chiese, non più fornite di sorveglianti e sacerdote. C’è anche una terza necessità: per rispondere alle leggi dello Stato e della Regione che obbligano la realizzazione di alcuni ambienti con caratteristiche particolari ai fini conservativi dove “ricoverare”, in caso di calamità naturali, opere esposte attualmente nelle chiese. Per questo il Museo prevede la costruzione di alcuni spazi nei quali ricoverare tali opere per la loro tutela e conservazione, anche se temporanea».

Che tipo di opere confluiranno in questa esposizione? Lei, insieme a don Andre Foglia e don Pietro Bonometti sta lavorando anche in questo senso?

«Le opere d’arte che confluiranno nell’erigendo Museo sono tutte di alto valore anzitutto religioso, ma anche storico-artistico: la storia della città e della diocesi merita questa particolare attenzione. Una commissione, voluta dal Vescovo, ha stilato un elenco di circa un centinaio di opere, scelte con il criterio della massima rappresentatività, privilegiando quelle provenienti da chiese di piccole comunità, quindi poco frequentate, anche per ragioni di tutela. Non sono state scelte quindi opere come la tavola di S. Agata, quella del Perugino in S. Agostino, perché storicamente legate a quei luoghi di culto».

Le opere saranno trasferite nel nuovo Museo in modo definitivo?

«In questo senso è necessario sottolineare che le opere continueranno a essere di proprietà delle rispettive parrocchie di provenienza e che saranno esposte in Museo solo temporaneamente, ritenendo che una certa circolazione possa risultare più significativa».

Quali i tempi che ci separano dall’apertura ufficiale?

«A seguito dell’autorizzazione del giugno 2016, si ritengono necessari ancora diversi mesi apprestare i locali, cui seguirà il necessario tempo per la collocazione delle opere».

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