Il Vescovo ricordando i morti dell’epidemia: «I dolori, se lo permettiamo, generano ulteriore capacità d’amare»

Martedì 15 settembre la celebrazione di suffragio al Cimitero di Cremona, dove riprendono le celebrazioni festive e feriali il martedì e giovedì

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Una celebrazione semplice, sobria, ma dal grande significato. È la Messa che nel pomeriggio di martedì 15 settembre il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto presso il cimitero di Cremona, in suffragio di tutte le vittime dell’epidemia e di tutti coloro che sono morti in questo tempo e che, durante le settimane della piena emergenza, sono spirarti soli, senza la vicinanza dei propri cari e neppure la possibilità di un estremo saluto.

L’occasione di questa celebrazione è stata data dalla ricorrenza liturgica della Beata Vergine Addolorata, cui è dedicata la cappella del cimitero di Cremona, dove da questa settimana riprendono le celebrazioni dopo lo stop forzato iniziato nel lockdown.

Accanto al vescovo Napolioni c’erano l’emerito Lafranconi, il vicario zonale don Pietro Samarini, don Achille Bolli (cui è stata recentemente affidata la cura della cappella del cimitero) e i preti della città. Tra i presenti anche una rappresentanza istituzionale con il sindaco Gianluca Galimberti, il prefetto Vito Danilo Gagliardi e i comandanti delle forze dell’ordine.

«Certo che dobbiamo tornare alla normalità – ha affermato il vescovo Napolioni nell’omelia –, non appesantire la vita dei bambini e dei ragazzi, guardare avanti. Ma non possiamo certo dimenticare! I dolori veri accompagnano sempre il cuore e la vita di chi li ha sperimentati e generano, se glielo permettiamo, ulteriore capacità d’amare».

«Ci si può ribellare alla propria morte? – l’interrogativo rivolto ai presenti – Possiamo cancellarla dal programma della vita?». «Noi siamo certi – ha proseguito – che una sofferenza così imprevista, subdola e disumana non ha impedito ai cuori di tutti i nostri cari, specie di chi ha custodito, conservato e alimentato la fede, di consegnarsi, di dire eccomi. Non avendo vicino i familiari, certamente Maria si è fatta vicina, Gesù è andato incontro, i santi hanno interceduto. E tutti i figli di Dio si sono mobilitati: chi sulla terra nelle forme della solidarietà, del servizio, della cura e della preghiera; e chi in cielo, in modalità che non sappiamo neppure immaginare, ma che sono certamente potenti».

L’invito del Vescovo è stato quello di avere la stessa fiducia e lo stesso abbandono che ha avuto Cristo in croce, senza chiudersi in se stessi. «Quante volte devo ripetere a fratelli e sorelle provati da un grande lutto: non chiudetevi al cimitero insieme ai vostri cari, ma da lì ripartiamo perché nuove parentele spirituali, di carità, di solidarietà e di servizio sono possibili». Quindi monsignor Napolioni ha indicato il modo migliore per onorare i propri morti: «Amare i vivi, imparare la lezione ed essere più umani, più fratelli, più pieni di speranza».

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E ha concluso, facendo riferimento alla liturgia eucaristica che di lì a poco si sarebbe vissuta: «La comunione al corpo di Cristo è comunione del corpo di Cristo. Non si è cosi uniti come nell’Eucaristia, anche con chi ci ha lasciati: è il banchetto che unisce cielo e terra». E invita a «riprendere il cammino, ciascuno secondo le proprie responsabilità, con generosità, fiducia, trasformando davvero il giorno della città addolorata nella possibilità di una città che ritrova le vere ragioni della festa e dell’impegno lungo la strada che ci è tracciata davanti».

Dopo il Covid nulla potrà più essere come prima. E in qualche modo anche il Vescovo ha ripreso questa consapevolezza, con l’auspicio a essere migliori: «Avremo ancor più cura – ha detto – dei malati, degli anziani, dei defunti e di noi stessi, da credenti».

La celebrazione ha segnato anche la ripresa delle celebrazioni eucaristiche al cimitero nei giorni feriali (ogni martedì e giovedì alle ore 9) e in quelli festivi (alle 10).

 

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