Il Vescovo per la Giornata del malato: «La malattia esige carità» (AUDIO e FOTO)

Nel pomeriggio di lunedì 11 febbraio mons. Napolioni ha presieduto la celebrazione diocesana a Rivolta d'Adda, presso la Casa famiglia "Spinelli"

image_pdfimage_print

«Non esiste un mondo diviso tra sani e ammalati, tutti siamo fragili e vulnerabili. E quando l’esperienza della malattia, della fragilità, della disabilità, del bisogno di continuo aiuto da parte degli altri si fa più forte si scatena un bisogno di vicinanza. Questa malattia esige carità, cioè Cristo stesso». È con queste parole che il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la celebrazione diocesana nella XXVII Giornata mondiale del malato, dal titolo “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). L’appuntamento è stato nel pomeriggio di lunedì 11 febbraio a Rivolta d’Adda, presso la casa famiglia delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento intitolata a san Francesco Spinelli.

Un pomeriggio iniziato con il Vescovo che ha fatto visita nei vari reparti incontrando ammalati e disabili, oltre che il personale in servizio. Insieme a lui suor Daniela Lazzaroni, referente della struttura, e la superiora generale delle Adoratrici, madre Isabella Vecchio.

Nel frattempo la chiesa posta al centro di casa famiglia ha iniziato a riempirsi. Oltre agli ospiti della struttura, presente anche una nutrita rappresentanza dell’Unitalsi, con le dame e i barellieri insieme agli ammalati. Tante anche le suore Adoratrici, in particolare quante abitano a Rivolta.

Dopo la preghiera del Rosario, guidato dalla comunità delle Adoratrici che ha anche animato le celebrazioni con i canti, è seguita la Messa presieduta dal Vescovo e concelebrata dal parroco di Rivolta d’Adda, mons. Dennis Feudatari; dall’incaricato diocesano per la Pastorale della salute, don Maurizio Lucini; dal vicario di Agnadello, don Daniele Rossi; e dal cerimoniere vescovile, don Flavio Meani. Presente anche il diacono permanente Eliseo Galli. Ha servito all’altare il seminarista Valerio Lazzari (unitalsiano) insieme a due ospiti della struttura, storici ministranti.

Nelle prime file, naturalmente, i malati: molti dei quali in carrozzina. Un posto d’onore, il loro, sempre raccomandato da san Francesco Spinelli, che vedeva in loro i “prediletti”. Forte la raccomandazione alle sue suore di ravvisare sempre Gesù in questi fragili, come ha ricordato anche suor Daniela Lazzaroni nel saluto iniziale. Nelle sue parole anche il riferimento a quanto scritto dal Papa nel messaggio per questa giornata: “La cura dei malati – scrive il Pontefice – ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è caro”. «Ogni giorno – ha affermato la religiosa – l’incontro con la sofferenza ci stimola a essere casa che profuma di amore, di accoglienza, di speranza e di fede; una famiglia che diffonde colore e colore di gioia, di vita, di dolcezza e di premura»

Nell’omelia il Vescovo si è soffermato sulle letture della Messa: a cominciare dal testo della Genesi (Gen 1,1-19). “Dio vide che era cosa buona”, ha sottolineato il Vescovo riferendosi alla Creazione, prima di interrogarsi sul senso del dolore, della malattia e della morte. «Dio ha permesso che ci fosse il limite, la malattia, la morte – ha spiegato – per manifestare ancora di più chi è Lui, che non solo ci ha creati per amore, ma per un amore ancora più grande non ci ha lasciati soli, donandoci suo Figlio».

Rileggendo quindi la pagina del Vangelo di Marco (Mc 6,53-56) si è soffermato in modo particolare sul fatto che la gente supplicava Gesù “di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati”. «Quel mantello – ha affermato mons. Napolioni – è tutta la catena di mani, di cuori, di uomini, di donne che, dalla risurrezione di Gesù, avendo creduto in Lui e nutrendosi di Lui – san Francesco Spinelli ce lo ha insegnato –, hanno accolto nel cuore qualcosa del Suo cuore: un amore che supera ogni egoismo, che riapre gli occhi sugli altri, che fa riconoscere fratelli quelli che altrimenti io potrei considerare estranei, specie quelli che nella comunità più sono soli, scartati, meno importanti e sembrano meno amati».

«Il lembo del mantello è dunque la Chiesa – ha proseguito il Vescovo –, fatta di credenti e anche di chi pensa di non credere ma con il suo amore fa arrivare la carezza di Dio a tante persone». E ancora: «Il lembo del mantello siamo tutti noi. Gli uni per gli altri!». «Non spetta solo ai sani guarire i malati – ha detto ancora –. Quante volte il malato guarisce il sano, perché gli permette di non chiudersi nelle sue illusioni, nel suo egoismo, ma gli riapre il cuore alla tenerezza e alla fraternità. Ognuno di noi, dunque, si lasci toccare e abbia il coraggio di toccare gli altri con la delicatezza di Gesù».

Da ultimo non è mancato un richiamo al desiderio di guarigione di ogni malato, ma guardando oltre. «Una guarigione avviene di sicuro: siamo salvati! – ha detto riprendendo il passo evangelico – Si salva solo l’anima o si salva il senso di una vita?». E il riferimento non è stato solo alla salvezza eterna, ma anche alla «qualità degli attimi che si vive giorno per giorno». «Chiediamo che questo miracolo – ha concluso – continui a salvare il mondo. Perché il mondo si salva se tanti uomini e donne si salvano tra loro, lasciando che l’amore di Dio scorra, che il lembo del mantello si allarghi, che ci si tocchi con questa tenerezza».

La celebrazione – che è stata vissuta in comunione con tutte le realtà che in diocesi sono casa della sofferenza – si è conclusa con l’omaggio a Maria. La Giornata del malato, infatti, cade ogni anno l’11 febbraio, nel ricordo della prima apparizione della Madonna a Lourdes. Proprio due ammalati in carrozzina hanno offerto al Vescovo il mazzo di fiori e il cero che sono stati posti ai piedi della statua di Maria prima della preghiera di affidamento.

A tutti i presenti, infine, un regalo: una coroncina del Rosario, nel ricordo anche della recente canonizzazione di san Francesco Spinelli.

Photogallery

Facebooktwittermail