Il vescovo Napolioni intervistato da Mondo Padano

Dialogando con il giornalista Filippo Gilardi, il Presule riflette sulle prossime sfide della Diocesi

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In un’intervista pubblicata dal settimanale Mondo Padano, nell’edizione di venerdì 7 aprile, mons. Antonio Napolioni guarda alle sfide della Diocesi, dal Sinodo dei giovani alla riorganizzazione delle parrocchie, allargando un sguardo anche oltre i confini territoriali. Dialogando con il giornalista Filippo Gilardi, il vescovo Antonio riflette in particolare su quali strade la Chiesa cremonese deve imboccare per il prossimo futuro

Vi proponiamo l’inizio dell’intervista pubblicata sul settimale cremonese in edicola sino a giovedì 13 aprile.

 

Cremona ha ormai imparato a conoscere il vescovo Antonio. In poco più di un anno monsignor Napolioni ha costruito una vasta rete di legami all’interno delle comunità di fedeli, ma anche all’esterno della Chiesa, proponendo sempre il suo stile giovanile e cordiale, dimostrandosi però fermo nelle scelte di cambiamento che stanno caratterizzando il suo ministero. Che – si augura lui stesso – «durerà molto a lungo».

Lo scorso 30 gennaio monsignor Napolioni ha festeggiato il suo primo anno da vescovo di Cremona. «Ma ancora c’è chi mi chiama don Antonio – sorride -. Certo, la vita da parroco era diversa».

In che cosa è cambiata?

«Mi capita di passare giornate dentro il palazzo vescovile per incontrare sacerdoti e laici. Diciamo che prevale la dimensione dell’ascolto. A volte le tante riunioni potrebbero sembrare “partite a chiacchiere” ma in realtà è una necessità per non agire d’impulso o in modo presuntuoso. Mi aiuta a coltivare le relazioni».

Più volte però nei suoi interventi invita la comunità ad uscire, ad andare incontro. In questo si riconosce un suo stile.

«Cerco sempre di muovermi nella diocesi. All’inizio erano soprattutto incontri tradizionali, poi sono aumentate le opportunità di incontri informali… Qualche volta busso alle parrocchie senza dare troppo preavviso. Non per controllarle, ma per conoscere le comunità nella loro dimensione quotidiana. Mi piace discutere e ascoltare: lo faccio con i giovani, con i consigli pastorali, con il mondo della sofferenza. In questi luoghi non vado solo per portare Cristo, ma innanzitutto per cercarlo».

Che cosa la fa sentire a casa?

«La cordialità delle persone, il feeling umano e cristiano che ho sentito subito con tutti, anche con i responsabili delle istituzioni: siamo tutti più piccoli delle responsabilità che abbiamo e questo ci fa sentire vicini. C’è la bellezza artistica della città che favorisce la qualità dei rapporti e a Cremona poi ritrovo la cultura e i modelli di vita tipici del mondo agricolo in cui sono cresciuto nelle Marche, fatto di semplicità e concretezza».

Che cosa le manca?

«La montagna. Per questo con la bella stagione una volta al mese cerco di trovare il tempo per una passeggiata con qualche sacerdote. Le gambe vanno fatte funzionare». […]

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