Il ritorno in classe era davvero necessario

Una riflessione proposta dagli ufficio diocesani di pastorale giovanile e scolastica

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In queste ore rientrano in classe le seconde e le terze medie e, in progressione, i ragazzi delle superiori. La zona “arancione” consente la ripresa più serena, sempre entro regole da far rispettare con precisione, dei percorsi formativi (la catechesi e i dopo-scuola e, laddove le strutture lo consentono, anche dello sport, con allenamenti che possono essere rimodulati e personalizzati).

La grande attesa è ovviamente sulla scuola.

Il ritorno in classe era necessario. Lo straordinario della pandemia ha chiesto la chiusura di molte scuole; ed è stato straordinario vedere ragazzi che desideravano rientrare, orgogliosi di percorsi di conoscenza e crescita. Ma il Covid ha avuto la meglio sulla scuola. Ed ora anche la scuola deve avere il suo vaccino. Siamo chiamati a combattere il contagio anche su questo fronte. Chiudere le scuole ha significato troncare rapporti interpersonali che ai ragazzi sono necessari per la crescita: per conoscere se stessi e gli altri. Ha voluto dire – ed in parte ancora significa – interrompere esperienze di vita irripetibili.

Bisogna pensare ad altre soluzioni.

La dad, con tutte le possibilità che ha offerto, non è sufficiente, non sostituisce quella “carne e sangue” che sono necessari nella scuola, quel “tu” che si ha davanti e che comunica non solo con parole, ma anche con gesti, sguardi, atteggiamenti. Non può essere sostituito da quel “vederti e correrti incontro” per dire qualcosa di sé: il ragazzo ha bisogno di dirsi, di confrontarsi, di sentirsi ascoltato, di essere in quel momento li protagonista della storia, della sua storia, della nostra storia. Ha bisogno di stare seduto su banchi (pure scomodissimi e a rotelle) perché quell’aula lì è anche sua (la mia classe), è abitata da altri che sono anche i suoi (i miei) compagni di classe, dove anche il mondo adulto è suo (i miei professori, i miei bidelli, il mio preside). Insomma: quel luogo gli appartiene… e, senza colpa di nessuno, gli è stato rubato. Ha dovuto vivere in una stanza, davanti ad uno schermo, con compagni tante volte ridotti a sigle e colori, con professori lontani, senza che nulla o quasi si possa dire a tu per tu. Ben venga questo ritorno a scuola, seppur ridotto. È benedetto perché abbiamo tutti bisogno di riscoprire e riappropriarci di spazi che sono profondamente umani, che mostrano i nostri limiti e che rafforzano le nostre debolezze.

Che questo ritorno anticipi quella normalità di cui abbiamo bisogno. E che si metta mano con lucida coerenza a quanto attorno alla scuola si muove, per la serenità di tutti e perché non si perda ancora altro tempo. Ora tocca ancora alla gente di scuola darsi da fare anche in presenza. È ancora una volta tempo di educare ed educarsi alla vita vera; non archiviare nulla; far tesoro e crescere in questa storia, irripetibile e condivisa.

don Paolo Arienti (incaricato di Pastorale Giovanile)
don Giovanni Tonani (incaricato di Pastorale Scolastica)

TeleRadio Cremona Cittanova
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