“Il Papa doveva morire”. L’attentato a Giovanni Paolo II oltre la cronaca nel libro di Preziosi

Il giornalista offre anche una chiave di lettura, incentrata sulla fede, dei fatti che avrebbero inciso profondamente sul pontificato di Karol Wojtyla. Gli eventi ripercorsi anche attraverso testimonianze e dettagli poco conosciuti o inediti

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Due, forse tre colpi di pistola: Giovanni Paolo II si accascia nella campagnola bianca in piazza San Pietro. Erano le 17.17 del 13 maggio 1981. Un momento che resterà nella storia, per Karol Wojtyla, per la Chiesa, per l’Europa e il mondo. Il Papa sopravvive, forse miracolosamente, e l’attentatore, Ali Agca, non se lo spiega: “Ho sparato da quattro metri, non potevo sbagliare”.

Nel suo nuovo libro dal titolo “Il Papa doveva morire” (edizioni San Paolo), il giornalista Antonio Preziosi, a 40 anni di distanza analizza quel fatto, con la cronaca minuziosa di quel giorno, la storia di ciò che avvenne dopo, soprattutto l’incontro tra la realtà, che si può provare, e quel lato mistico, connesso alla fede. Da quel momento, infatti, il Pontefice resterà convinto, per tutta la vita, di essere stato salvato dalla misericordia di Dio, per intercessione di Maria che avrebbe materialmente deviato il proiettile. E Preziosi su questo punto racconta che fu lo stesso chirurgo Francesco Crucitti, primario del Policlinico Gemelli che operò Wojtyla d’urgenza per salvargli la vita, a non riuscire a spiegarsi la “strana traiettoria” del proiettile: un percorso a zig-zag, entrato dall’addome, uscito dal bacino, che evitò tutti gli organi vitali e l’arteria principale, di pochi millimetri.

Oltre la cronaca del 13 maggio 1981. Le fasi concitate del soccorso in piazza, la corsa al Gemelli con un’ambulanza senza sirena, che si era rotta, l’angoscia del mondo e la preghiera nelle ore dell’operazione. Ecco i primi fatti scritti nella storia di quel giorno. E, poi, il perdono che Giovanni Paolo II, già pochi istanti dopo l’attentato, concede al killer dei Lupi Grigi, per poi ribadirlo quando lo va a trovare in carcere. Le diverse versioni date da Agca. Preziosi racconta tutto con il piglio del cronista, ma con uno sguardo al mistero di Dio. I riflettori si accendono, dunque, sulla fede profonda di Karol Wojtyla, che si affida alla Madonna con il suo motto “Totus tuus”, che un anno dopo l’attentato si reca a Fatima e fa incastonare il proiettile che lo ha colpito nella corona della statua di Maria. Fatima, da dove tutto ha inizio, con il “Terzo Segreto” che, il Papa ne era convinto, parlasse del suo assassinio. Tra le questioni rimaste aperte l’improbabile errore di Agca, killer professionista, che, sparando da meno di quattro metri, non riesce a uccidere il Pontefice. E, poi, il mistero della seconda suora (oltre a quella che materialmente bloccò con energia la fuga del killer) che avrebbe trattenuto il braccio di Agca, facendolo sbagliare. Non si seppe mai chi fosse. Tutti segni che – ne era convinto il Papa santo – hanno a che fare con la misericordia di Dio. Che ha voluto risparmiarlo, perché da quel momento, per lui, aveva un disegno particolare.

Le testimonianze. Nella sua ricostruzione dell’agguato a Giovanni Paolo II Preziosi indica dettagli poco conosciuti o inediti. Analizza le ragioni e le conseguenze del gesto, evidenziando tutte le implicazioni di cronaca, storiche e spirituali dell’attentato. L’autore racconta alcune testimonianze dirette, come quelle di suor Letizia Giudici che fermò il terrorista Ali Agca e del professor Renato Buzzonetti, il medico del Papa. Tantissimi, poi, i dettagli ricordati dal card. Stanislao Dziwisz, già segretario personale del Papa, e da diversi altri testimoni. “Il racconto coinvolge il lettore come in un ‘film’ che ha una duplice regia – si legge nella presentazione -: una umana (i mandanti ancora oscuri dell’attentato) e una soprannaturale (la mano che deviò il proiettile salvando la vita al Papa)”.

“Molte sono le zone d’ombra e di mistero che ancora giacciono non chiarite”, scrive Preziosi.

“E forse non sarà facile, nemmeno per gli storici, venire a capo del ‘garbuglio’ (Wojtyła lo definì così in una conversazione con Indro Montanelli) che con grande probabilità si celava e si cela ancora dietro l’attentato. Una cosa ci è apparsa certa: quel giorno, in piazza San Pietro, il Papa doveva morire”.

La “rinascita spirituale”. Il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, mons. Rino Fisichella, nella prefazione, sottolinea un particolare aspetto del volume di Antonio Preziosi.

“Questo libro ha il merito di porre l’attentato come una chiave di lettura dell’intero pontificato, per evidenziare quanto Giovanni Paolo II abbia visto in quel fatto una ‘rinascita spirituale’”.

“Preziosi si rivela un eccellente interprete: analizza i dati, li mette in relazione e cerca di trovare una via per uscire dal labirinto in cui è racchiusa la drammatica vicenda che ancora ai nostri giorni mostra aspetti inediti e spesso contraddittori”. Infine, mons. Fisichella ribadisce che “aprire di nuovo questo capitolo a quarant’anni di distanza può aiutare a mantenere viva quella memoria storica che ha bisogno di essere sempre alimentata, perché non venga perduto il ricordo e il significato che ha posseduto non solo per la generazione che ha sperimentato il dramma di quel giorno, ma soprattutto per quanti non l’hanno vissuto”.

AgenSir
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