Gemellaggio terremoto/31. La testimonianza della volontaria Giorgia

«Le persone - racconta la ragazza - dicono di voler avere coraggio e speranza trovando la forza nella preghiera, nella vicinanza, nella condivisione»

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Pian di Pieca, febbraio 2017

Al nostro arrivo a Pian di Pieca nella mattinata del 13 febbraio troviamo ad accoglierci le famiglie rimaste in parrocchia ospiti di Don Luigi. Il pranzo preparato da Ilia, Giuliana e Maria è squisito e come contorno inizio a masticare discorsi, considerazioni e timori sulle scosse che ci sono ogni giorno e che si ipotizza arrivino. “Ogni giorno ci da’ il buongiorno” dice Maria. Si parla del terremoto come di una persona: c’è chi lo sente, chi ringrazia di non averlo sentito.. tutti sperano che “non passi di qui”, consapevoli di non poterlo lasciare fuori. È un’inevitabile invasione.

Pino nel pomeriggio ci mostra la sua casa gravemente danneggiata: non andiamo al secondo piano perché nemmeno lui è mai andato a vedere cosa ha lasciato il terremoto, o meglio, cosa si è portato via.

Don Luigi, Nicoletta e io lunedì sera siamo stati a Camerino dove con Don Marco, Don Franco e alcuni abitanti di Camerino abbiamo condiviso riflessioni significative sull’importanza dell’opera di ascolto: la speranza che si respira è quella di sollecitare in ognuno il desiderio di essere protagonista attivo nelle comunità percependosi corresponsabile nella creazione di realtà che colgano e tutelino i bisogno di ognuno.

Ho potuto assistere all’incontro settimanale con il gruppo mappatura, dove si condividono le informazioni reperite e si propongono azioni concrete e celeri, dove e come possibile.

Abbiamo partecipato anche all’inaugurazione della mostra “Capolavori Sibillini. L’arte dei luoghi feriti dal sisma”, importante iniziativa situata ad Osimo dove ho potuto apprezzare le opere storico-artistiche di questi luoghi e la cura con cui sono state recuperate e salvate dalle macerie.

Abbiamo festeggiato anche San Valentino mangiando cioccolatini e ascoltando i racconti delle famiglie presenti davanti ad una camomilla… ogni momento di condivisione mi ha lasciato principalmente una domanda: e  poi? Ogni racconto di ciò che era prima del 30 ottobre 2016 si conclude con lo sguardo che si abbassa, la testa che scuote:”e poi….” e poi c’è stato il terremoto, e dopo di “lui” ancora a oggi ci sono solo quei puntini di sospensione. Si è sospesi. E penso a come sarebbe tornare a Cremona senza sapere dove poter dormire domani, con la certezza di non poterlo fare a casa mia. Non poter immaginare dove e se lavorerò, tra una settimana, un mese, un anno. E i pensieri, le spese, le cose da pagare…
E poi? Nessuno ha una risposta a questa domanda. Il senso di abbandono è ciò che più emerge e affligge.

Nei giorni successivi  il sig. Adriano ci ha guidate per le strade agibili e meravigliose di San Ginesio: su una porta del Comune, come su moltissime altre, c’è un cartello con scritto “INAGIBILE” ma ciò non arresta il desiderio di conoscere e scorgere ciò che questo territorio e questi paesi offrono e continuano ad offrire.

Le persone dicono di voler avere coraggio e speranza trovando la forza nella preghiera, nella vicinanza, nella condivisione. Le persone ringraziano perché il terremoto si è portato via tutto ma la vita gliel’ha lasciata. Le persone restano lì perché quei posti sono la loro casa e perché “ora lo vedi così ma dovresti vedere col sole com’è bello qui”.

Ci si saluta con la promessa di tornare e con la speranza che nel frattempo cambi qualcosa e che dov’è scritto “inagibile” si possa a breve leggere “lavori in corso”.

Giorgia Carletti
Educatrice comunità di Marzalengo

Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti

 

 

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