Festa degli animatori del Grest tra Cattedrale, carcere e oratori

Durante la serata lo spettacolo teatrale presentato dai detenuti di Ca' del Ferro e la testimonianza di Andrea Franzini

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E’ stata una festa degli animatori diversa, quella che si è svolta mercoledì 20 giugno tra il palazzo vescovile e la Cattedrale. Ci sono stati i colori del Grest, le magliette arancioni (qualcuna blu), i sorrisi dei giovani, un momento di svago nel cortile della curia, con la musica dei Marshall Blend, i balli e i brindisi a coca e patatine. Poi il trasferimento in Cattedrale, dove le luci si sono abbassate per lo spettacolo presentato dal laboratorio teatrale della Casa Circondariale.I ragazzi hanno riempito la navata centrale, qualcuno è avanzato e si è seduto per terra per avere la meglio di qualche disguido tecnico e non perdere i dialoghi della pièce diretta da Alfonso Alpi che racconta «La storia di Edimar».

Edimar era un ragazzo brasiliano come loro, come gli animatori dei nostri Grest, quando, a 16 anni, è stato ucciso. Aveva avuto un’infanzia difficile, da ragazzo di strada. Le bande lo avevano trascinato nei vicoli della malavita: furti, spaccio, armi… La sua storia però è una storia di riscatto. «Io voglio cambiare, ma è difficile» dice. Sono gli incontri a cambiare la sua strada: la scuola, nuovi amici, un sacerdote che lo avvicina alla fede.

 

Alpi e gli attori della casa circondariale hanno raccontato la sua vicenda con impegno e con l’emozione della prima volta: la prima esibizione fuori dalle mura di Ca’ del Ferro davanti a tanti giovani, al vescovo Antonio Napolioni e davanti ai famigliari che sono venuti per vederli recitare e ballare avvolti dagli applausi del pubblico in Cattedrale.

«Io non ammazzo. Io me ne vado»

è l’ultima battuta di Edimar che lascia la banda e accetta di essere «diverso». Il colpo di quella pistola che lui rifiuta, però, puntata ora contro di lui chiude lo spettacolo teatrale. Ma fa nascere in tutto il mondo, dall’Italia al Brasile, dalla Romania a Camerun, frutti di bene nel nome di Edimar che Alfonso Alpi mostra agli animatori come segno di speranza.

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Un segno raccolto dalla testimonianza di Andrea Franzini, missionario cremonese che per 20 anni ha lavorato con i bambini e i ragazzi delle favelas alla Pastoral do Menor. «Quando quei colpi di pistola li senti davvero, e poi devi assistere al funerale di tanti bambini e ragazzi come Edimar, è qualcosa che ti resta dentro».

Franzini ha raccontato ai ragazzi la sua esperienza, le sparatorie, il carcere, le ribellioni. Una realtà lontana che però il testo teatrale ha avvicinato agli animatori dei nostri Grest:

«Qui non ci sono sparatorie – parla con loro il missionario – ma quando al mattino accogliete i piccolini all’oratorio fate quello che facciamo noi in Brasile: donate la vostra presenza»
«In fondo – ha aggiunto – Gesù non era un’e-mail, ma una presenza reale. E noi non ci tiriamo indietro perché a loro serve una Chiesa che gioca con loro al pallone ma che non si riduce ad un campetto, perché vive con loro e li accoglie»

Il saluto finale è affidato al vescovo Antonio che definisce la festa degli animatori una «serata straordinaria».

«Cattedrale, carcere e oratori: sembrano tre luoghi strani – ha osservato – invece sono la mappa della speranza. Purché ci siano delle strade e lungo queste strade ci riconosciamo e ci incontriamo»

Un incontro che negli oratori continuerà anche dopo l’estate. ne sono certi gli animatori all’uscita dalla Cattedrale. «Perché i legami che si sono creati in queste settimane – assicura Beatrice – resteranno vivi dentro di noi». Resteranno le emozioni e le fatiche di queste settimane: «Ci siamo svegliati presto la mattina – sorride Andrea – ma abbiamo avuto l’occasione di imparare anche dai più piccoli a metterci in gioco». A donare la presenza, come ha sottolineato nella sua testimonianza Andrea Franzini: «Che durante il Grest – conferma Nicolò – significa umiltà, ascolto, mettersi al servizio. E imparare a fare una scelta: quella di esserci».

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