Don Francesco Fontana (FOCr): «Vale ancora e decisamente la pena di fare oratorio»

Riflessione dell'incaricato diocesano per la Pastorale giovanile alla vigilia della festa di san Giovanni Bosco

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Relazioni belle ed esperienze che fanno crescere. Questa la sintesi di un incontro a cui ho avuto la fortuna di partecipare in questa settimana dell’educazione. È ciò che è emerso dal dialogo con gli adolescenti e i giovani presenti a proposito del volto bello dell’oratorio.

Di questi tempi e ciclicamente, per la verità, ci si chiede se valga ancora la pena adoperarsi per tenere aperti gli oratori. Nessuno nasconde che a volte sia davvero una pena. Accade soprattutto quando il prete o il barista si trova a sentirsi solo di fronte alla sproporzione con la missione educativa. L’educazione è sempre una questione comunitaria, è la comunità cristiana che educa i suoi figli; i singoli, con tanta buona volontà possono proporre qualcosa di buono, ma certamente un educatore da solo non può pensare di saper e poter proporre una vita buona e bella ai suoi ragazzi. Non c’è educazione senza una comunità, così come non c’è vera vita cristiana fuori da una comunità di discepoli.

Eppure ne vale la pena. Prima di tutto per le relazioni belle che in oratorio si possono sperimentare, dicono i ragazzi che ho incontrato. E proprio in questi lunghi mesi di relazioni mortificate ci si rende conto come l’oratorio possa essere davvero un luogo quasi unico in cui incontrarsi. Non esistono molti altri luoghi in cui sperimentare relazioni gratuite, anche con chi è diverso da

Don Francesco Fontana

me, anche molto diverso (per età, sesso, interessi, gusti, persino per fede), relazioni che possano diventare durature e che comunque fanno sperimentare come sia decisamente più interessante uscire da se stessi e dalla comodità della propria stanza per incontrare altri, diversi, magari sulla panchina scomoda e sgangherata del portico che sta tra il campetto e il bar col biliardino. E in questa bellezza e ricchezza di relazioni c’è continuamente la possibilità di ricevere l’invito a coltivare la propria relazione personale e di gruppo con il Signore. Lui rende belle le relazioni dell’oratorio perché è Lui ad abitarle.

L’altro elemento che fa dire che vale ancora e decisamente la pena di fare oratorio sono le esperienze che fanno crescere. Essere protagonisti di qualcosa (cosa sarebbe l’estate senza il Grest?), sentire di avere qualche piccola o grande responsabilità (essere catechista o educatore o barista), misurarsi con le proprie capacità (organizzare qualcosa insieme e non solo per noi) e sperimentarsi nelle prime occasioni di indipendenza (imparare al campo estivo che il letto si fa con due lenzuola…).

E poi, da prete, permettetemi di riportare una frase che mi ha davvero commosso, oltre che colpito e per la quale don Bosco si direbbe contento. Ho chiesto al gruppo di adolescenti cosa ritenessero così bello e prezioso dell’oratorio di oggi, tanto da desiderare che i loro figli possano un giorno fare la stessa esperienza. Una delle prime risposte: “Avere un prete che ti sia amico”.

Sono convinto che valga davvero la pena di fare oratorio! Oggi più che mai.

Don Francesco Fontana
incaricato diocesano Pastorale giovanile

TeleRadio Cremona Cittanova
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