Don Compiani e don D’Agostino dal Papa per l’udienza dei “Missionari della Misericordia”: il mercoledì delle ceneri il mandato

Il 9 febbraio in Vaticano Papa Francesco ha incontrato 726 dei 1.142 “Missionari della Misericordia”: due i sacerdoti scelti per la diocesi di Cremona

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I confessori coprano i peccatori “con la coperta della misericordia”. Questa l’efficace immagine che Papa Francesco ha tratteggiato nell’udienza con i “Missionari della Misericordia”. L’incontro, avvenuto nel pomeriggio di martedì 9 febbraio nella Sala Regia, in Vaticano, ha visto la presenza anche di due sacerdoti cremonesi: don Maurizio Compiani e don Marco d’Agostino. I due presbiteri sono stati infatti scelti come “Missionari della Misericordia” per la diocesi di Cremona. Per loro in programma un altro importante appuntamento: il mandato che riceveranno dal Papa nel Mercoledì delle Ceneri.

 

L’udienza del 9 febbraio

726 i Missionari della Misericordia, provenienti da tutti i continenti, presenti nella Sala Regia: più del doppio del totale dei nominati, 1.142 in tutto il mondo. Ad aprire l’incontro il saluto di mons. Rino Fisichella, presiente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha definito Francesco “primo missionario della misericordia”.

“La Chiesa è madre”, e i confessori devono essere “canali” della misericordia di Dio. Ricevendo in udienza i Missionari della Misericordia, alla vigilia del mandato, il Papa li ha esortati in primo luogo ad “esprimere la maternità della Chiesa”: “La Chiesa è madre – ha ribadito – perché genera sempre nuovi figli nella fede; la Chiesa è madre perché nutre la fede; e la Chiesa è madre anche perché offre il perdono di Dio, rigenerando a una nuova vita, frutto della conversione”. “Non possiamo correre il rischio che un penitente non percepisca la presenza materna della Chiesa che lo accoglie e lo ama”, ha ammonito Francesco. “Se venisse meno questa percezione, a causa della nostra rigidità – ha sottolineato -, sarebbe un danno grave in primo luogo per la fede stessa, perché impedirebbe al penitente di vedersi inserito nel Corpo di Cristo. Inoltre, limiterebbe molto il suo sentirsi parte di una comunità”. “Noi invece – ha proseguito – siamo chiamati ad essere espressione viva della Chiesa che come madre accoglie chiunque si accosta a lei, sapendo che attraverso di lei si è inseriti in Cristo”.

“Entrando nel confessionale – i consigli pratici del Papa – ricordiamoci sempre che è Cristo che accoglie, è Cristo che ascolta, è Cristo che perdona, è Cristo che dona la pace. Noi siamo suoi ministri; e per primi abbiamo sempre bisogno di essere perdonati da Lui. Qualunque sia il peccato che viene confessato, ogni missionario è chiamato a ricordare la propria esistenza di peccatore e a porsi umilmente come canale della misericordia di Dio”.

Non è mancato un ricordo personale del Papa: “Vi confesso fraternamente che per me è una fonte di gioia ricordare quella confessione del 21 settembre del 1953, che ha orientato la mia vita”. “Cosa mi ha detto il prete? Non mi ricordo”, ha proseguito Francesco a braccio: “Solo mi ricordo che mi ha fatto un sorriso e poi non so cosa è successo”.

Nel corso dell’udienza Papa Francesco è entrato nel concreto della situazione di chi entra in un confessionale. “È un desiderio frutto della grazia e della sua azione nella vita delle persone, che permette di sentire la nostalgia di Dio, del suo amore e della sua casa”, ha spiegato. “Non dimentichiamo – ha aggiunto – che c’è proprio questo desiderio all’inizio della conversione”. “Il cuore si rivolge a Dio riconoscendo il male compiuto, ma con la speranza di ottenere il perdono”, ha evidenziato. E “questo desiderio si rafforza quando si decide nel proprio cuore di cambiare vita e di non voler peccare più. È il momento in cui ci si affida alla misericordia di Dio, e si ha piena fiducia di essere da Lui compresi, perdonati e sostenuti”. “Diamo grande spazio a questo desiderio di Dio e del suo perdono – l’invito di Francesco -; facciamolo emergere come vera espressione della grazia dello Spirito che provoca alla conversione del cuore”.

“Essere confessore secondo il cuore di Cristo – ha spiegato il Pontefice – equivale a coprire il peccatore con la coperta della misericordia, perché non si vergogni più e possa recuperare la gioia della sua dignità filiale”. Questo, in sintesi, il ruolo del prete nel confessionale. A riassumerlo è stato il Papa, che non ha nemmeno tralasciato “una componente di cui non si parla molto, ma che è invece determinante: la vergogna”. “Non è facile porsi dinanzi a un altro uomo, pur sapendo che rappresenta Dio, e confessare il proprio peccato”, ha ammesso Francesco, per il quale “si prova vergogna sia per quanto si è compiuto, sia per doverlo confessare a un altro”. “La vergogna è un sentimento intimo che incide nella vita personale e richiede da parte del confessore un atteggiamento di rispetto e incoraggiamento”, il monito del Papa, che ha ricordato che “fin dalle prime pagine la Bibbia parla della vergogna”, come si legge nella Genesi non solo a proposito di Adamo ed Eva dopo il peccato, ma anche nell’episodio in cui Noè si ubriaca. “Noè nella Bibbia è considerato un uomo giusto, eppure non è senza peccato”, ha commentato Francesco.

Di qui l’importanza del “ruolo” dei sacerdoti nella confessione: “Avanti a noi c’è una persona nuda, con la sua debolezza e i suoi limiti, con la vergogna di essere un peccatore. Non dimentichiamo: dinanzi a noi non c’è il peccato, ma il peccatore pentito. Una persona che sente il desiderio di essere accolta e perdonata. Un peccatore che promette di non voler più allontanarsi dalla casa del Padre e che, con le poche forze che si ritrova, vuole fare di tutto per vivere da figlio di Dio”. “Non siamo chiamati a giudicare, con un senso di superiorità, come se noi fossimo immuni dal peccato”, le parole del Papa. Al contrario, “siamo chiamati ad agire come Sem e Jafet, i figli di Noè, che presero una coperta per mettere il proprio padre al riparo dalla vergogna”.

Un buon confessore deve “capire non solo il linguaggio della parola, ma anche il linguaggio dei gesti”. È la raccomandazione affidata, a braccio, dal Papa. Tornando su un tema già trattato stamattina, durante la Messa ai frati cappuccini di tutto il mondo, nella basilica di San Pietro, il Papa ha esortato ogni singolo confessore a tenere “le braccia aperte per capire cosa c’è dentro in quel cuore che non può venire detto”. Di fronte a sé, infatti, chi sta nel confessionale trova “un peccatore pentito, che non vorrebbe essere così ma non può”, e che magari “non riesce a dirlo”.

“Non è con la clava del giudizio che riusciremo a riportare la pecorella smarrita all’ovile, ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa”. Ne è convinto il Papa, che ai Missionari della Misericordia ha ribadito che “la santità si nutre di amore e sa portare su di sé il peso di chi è più debole”. “Un missionario della misericordia porta sulle proprie spalle il peccatore, e lo consola con la forza della compassione”, l’identikit degli speciali Missionari provenienti dai cinque continenti.

“Vi accompagno in questa avventura missionaria, dandovi come esempi due santi ministri del perdono di Dio, san Leopoldo e san Pio, insieme a tanti altri santi sacerdoti che nella loro vita hanno testimoniato la misericordia di Dio”, l’assicurazione di Francesco. “Loro vi aiuteranno – ha concluso -. Quando sentirete il peso dei peccati a voi confessati e la limitatezza della vostra persona e delle vostre parole, confidate nella forza della misericordia che a tutti va incontro come amore che non conosce confini”.

Infine un forte avvertimento: “Si può fare tanto male ad un’anima se non viene accolta con un cuore di padre, con il cuore della santa madre Chiesa”. Tornando ancora una volta a parlare a braccio, il Papa ha concluso l’udienza invitando chi non si sente pronto a fare il confessore ad astenersi dall’esercitare tale ministero. Tornando su un tema già trattato nella Messa di apertura della giornata di oggi, celebrata nella basilica di San Pietro per i frati cappuccini di tutto il mondo, alle presenza delle spoglie di san Pio da Pietrelcina e san Leopoldo Mandic, il Papa ha ricordato che ad ognuno dei presenti sarà capitato di sentire, a proposito della frequenza con cui si ricorre al sacramento della Riconciliazione: “Non ci vado mai, sono andato una volta e il prete mi ha bastonato, mi ha rimproverato tanto, mi ha fatto domande oscure, di curiosità”. “Questo non è un buon pastore”, ha commentato Francesco sempre fuori testo. Di più: “Questo è un giudice che crede che non ha peccato, o un povero uomo malato che con le domande è incuriosito”. “A me piace dire – ha concluso il Papa -: se tu non tela senti di essere padre, non fare questo. È meglio, fai un’altra cosa, perché si può fare tanto male a un’anima se non viene accolta con un cuore di padre, con il cuore della santa madre Chiesa”.

 

Il mandato del 10 febbraio

L’11 febbraio, Mercoledì delle ceneri, i Missionari riceveranno lo speciale mandato del Santo Padre per la loro missione di predicazione e confessioni.

 

Chi è il “Missionaro della Misericordia”

La figura dei “Missionari della Misericordia” è descritta nella bolla Misericordiae vultus, al n. 18. Si tratta di sacerdoti che provengono dalle diverse parti del mondo e sono stati indicati dai propri vescovi per svolgere questo servizio peculiare. Riceveranno il mandato da parte del Santo Padre di essere predicatori della misericordia e confessori ricolmi di misericordia. Dovranno essere:

  1. segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in cerca del suo perdono;
  2. artefici presso tutti, nessuno escluso, di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo;
  3. guidati dalle parole “Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti” (Rm 11,32);
  4. predicatori convincenti della Misericordia;
  5. annunciatori della gioia del perdono;
  6. confessori accoglienti, amorevoli, compassionevoli e attenti specialmente alle difficili situazioni della singole persone.

I Missionari saranno invitati, dai singoli Vescovi Diocesani all’interno del loro Paese, per animare missioni al popolo o iniziative particolari legate al Giubileo, con particolare riferimento alla celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Il Santo Padre, infatti, conferirà loro l’autorità di perdonare anche i peccati riservati alla Sede Apostolica: la profanazione della Santa Eucaristia, l’assoluzione del complice, l’ordinazione episcopale di un vescovo senza il mandato del Papa, la violazione del sigillo sacramentale (che consiste nel far trapelare quanto ascoltato in confessione), la violenza fisica contro il Pontefice.

 

I missionari cremonesi

Don Maurizio Compiani, classe 1960 originario di Castelleone, laureto in Sacra Scrittura, è docente di Esegesi presso l’Istituto teologico del Seminario di Scutari (Albania) e presso l’Istituto superiore di Scienze religiose di Crema-Cremona-Lodi, così come per quello di Mantova: è inoltre responsabile diocesano per la Pastorale universitaria e assistente spiritale della sede cremonese dell’Università Cattolica. Don Marco D’Agostino, classe 1970 originario di Soresina, è responsabile del Centro diocesano vocazioni, vicerettore del Seminario vescovile “S. Maria della Pace” oltre che assistente ecclesiastico del Movimento Ministranti e Lettori. Don D’Agostino è autore tra l’altro del libro “Maria, grembo di misericordia” (San Paolo Edizioni – collana Parole per lo spirito); tra le pubblicazioni di  don Maurizio Compiani da segnalare il volume “La Confessione. Sacramento della Misericordia”, uno degli otto sussidi daella San Paolo per conto del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione come strumenti pastorali del Giubileo della Misericordia.

Da sinistra: don Maurizio Compiani e don Marco d'Agostino

I Missionari della Misericordia. Da sinistra: don Compiani e don d’Agostino

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