Allo Zaist l’ingresso di don Gianni Cavagnoli

Nella Messa di insediamento il vescovo Napolioni ha invitato il nuovo parroco di S. Francesco e la comunità parrocchiale a guardare all'esempio del Poverello d'Assisi per essere credenti essenziali, poveri, liberi e obbedienti

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Dopo S. Agata con S. Ilario e Cristo Re, anche la comunità di S. Francesco d’Assisi, nel quartiere Zaist di Cremona, ha accolto il suo nuovo parroco, don Gianni Cavagnoli. La Messa di insediamento nel pomeriggio di sabato 24 settembre presieduta, come sempre, dal vescovo Antonio Napolioni.

La processione con i sacerdoti concelebranti, partita dall’oratorio, prima di fare ingresso in chiesa ha fatto tappa sul sagrato della chiesa parrocchiale dove il nuovo parroco e il vescovo hanno ricevuto il saluto del sindaco Gianluca Galimberti, affiancato dal consigliere comunale Sara Arcaini, residente in parrocchia.

Nelle parole del primo cittadino la consapevolezza che, così come le diverse comunità parrocchiali sono un’unica Chiesa, anche i diversi quartieri (nello specifico Cristo Re e Zaist, precedente e attuale parrocchie di don Cavagnoli) sono la stessa città. Da qui il «ringraziamento a questa unica Chiesa per il servizio che dà a questa città, che deve imparare a riscoprirsi come unica città». Poi la metafora della liturgia – guardando al nuovo parroco, elogiato per la sua sapienza in questo ambito – come incontro che deve continuare anche nelle strade e nelle piazze.

Non è mancato neppure il ringraziamento per ciò che la Parrocchia dello Zaist ha fatto in questi anni, in modo particolare in relazione alla cura delle relazioni e all’attenzione alle povertà, «sperimentando nuove forme di coesione e partecipazione». «Questa amministrazione e tutta la città – ha concluso il sindaco – vogliono contribuire a continuare questa liturgia di comunione, di comunità, di relazioni».

In chiesa, quindi, dopo il saluto liturgico da parte di mons. Napolioni, è stata data lettura del decreto di nomina di don Cavagnoli a parroco dello Zaist. A leggerlo don Pierluigi Codazzi, nuovo vicario zonale, ma presente anche in veste di parroco dell’Immacolata Concezione, al Maristella, parrocchia che, insieme a quella di S. Bernardo (sul presbiterio anche il parroco don Giuliano Vezzosi), condivide con S. Francesco il percorso della pastorale giovanile, affidata a don Matteo Alberti, vicario di tutte e tre le parrocchie. Tra i sacerdoti concelebranti anche don Gianpaolo Maccagni che, su espressa richiesta del Vescovo, infrangendo un po’ la consuetudine, ha preso parte all’ingresso del suo successore allo Zaist.

Dopo che don Cavagnoli ha asperso l’assemblea con l’acqua benedetta e incensato la mensa eucaristica, secondo il cerimoniale proprio dell’insediamento dei nuovi parroci, ha preso la parola Mattia Cabrini che, a nome dell’intera comunità parrocchiale, ha rivolto il saluto al vescovo e al nuovo parroco.

Il benvenuto è stato offerto insieme a una fotografia di questa «parrocchia di città e di periferia insieme, non nobile ma ricca di umanità e di solidarietà, realtà sociale unita ma variegata per provenienza sociale ed etnica». Una «parrocchia a gestione familiare» – è stata definita – in cui percepire lo stile evangelico che si cerca di vivere. «Qui i preti li “spremiamo” – ha affermato Cabrini – perché li teniamo presenti in quanto protagonisti e compagni delle nostre quotidianità».

Una parrocchia punto di riferimento per l’intero quartiere, con le sue povertà e le sue necessità educative, in particolare nei confronti delle giovani generazioni. A questo proposito è stato ricordato come S. Francesco sia stata una delle prime parrocchie che ha aderito al modello dell’Iniziazione cristiana. Poi la questione dell’alleanza educativa con le famiglie e il ruolo dell’oratorio, con la scelta di aprire le porte al quartiere in un desiderio di “uscita”. Senza tralasciare la collaborazione con le parrocchie di S. Bernardo e Maristella.

Infine lo sguardo al patrono, il Poverello d’Assisi, strumento del Signore, e una richiesta precisa al nuovo parroco: aiutare la comunità a vincere la tentazione di guardare solo a se stessa.

La celebrazione, supportata con il canto dal coro parrocchiale guidato da Antonio Cariani, è stata servita all’altare dai diaconi permanenti Flavio Carli, Eliseo Galli e Marco Ruggeri. Il servizio liturgico affidato ai ministranti della parrocchia coadiuvati dai seminaristi William Dalè e Jacopo Mariotti.

Nell’omelia il Vescovo, prendendo spunto dalle letture, ha voluto anzitutto guardare al prete come “uomo di Dio”. «Questa, caro don Gianni, – ha affermato mons. Napolioni – è un’assemblea di uomini e donne di Dio. Farete a gara a chi è più di Dio!. Non certo una comunità perfetta, ma che proprio davanti al Signore cerca di trovare la capacità di accoglienza reciproca e di giustizia».

Poi un monito contro l’indifferenza che rinchiude in casa e che indurisce il cuore. E invitando a non fare del divano un «luogo di istupidimento», il Vescovo ha invitato a educare i ragazzi sul senso delle cose, in particolare evitando lo spreco di cibo in un mondo che ancora muore di fame.

«Se noi veniamo qui – ha proseguito il Vescovo – affamati di giustizia e di pace e ci nutriamo di Gesù e lo ascoltiamo nel profondo del cuore e ci aiutiamo come comunità a essere fedeli a lui, tutto cambia! La comunità diventa capace di solidarietà, di fantasia, di coraggio, di nuovi percorsi, di nuove scelte, di nuove vocazioni. Non siamo condannati a un degrado, a un declino: siamo chiamati alla pienezza dell’esperienza di fede. E questo è un nuovo inizio. E siamo chiamati a viverlo con tutto noi stessi».

Da ultimo, scherzando sul passaggio di don Cavagnoli da Cristo Re a S. Francesco, il Vescovo ha invitato il nuovo parroco lui per primo a modellarsi su Francesco. «Ti farà compagnia – ha detto –, ti rincuorerà, ma sarà anche un modello esigente per te e per tutti noi. Ripartiamo da lì. Ci è stato donato anche un Papa di nome Francesco perché non ci venisse la voglia di archiviare in fretta questa chiamata del Signore a essere credenti essenziali, poveri, liberi e obbedienti. Questa è la novità cristiana che stasera si ripropone con un parroco che prende per mano questa comunità».

Dopo l’omelia, il nuovo parroco da solo ha recitato la professione di fede (il Credo), segno che sarà lui il primo responsabile della diffusione e della difesa dei contenuti della fede nella comunità.

Ed è stato proprio don Cavagnoli, al termine della celebrazione, a prendere la parola. Anzitutto per i saluti e i ringraziamenti. Quindi tre spunti di riflessione, ideali indirizzi per il nuovo ministero.

Primo spunto dal Salmo 126 (Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori) con il commento di sant’Agostino che ricorda come, pur essendo il pastore a offrire l’annuncio, è poi Dio che costruisce interiormente. E se sono i pastori che hanno il compito di custodire, loro stessi vogliono anche essere custoditi: una richiesta che lo stesso don Cavagnoli ha rivolto alla sua nuova comunità, nella consapevolezza – ha proseguito ancora citando Amoris Laetitia (224) – che i pastori sono anche discepoli dell’unico Maestro insieme al proprio gregge, con il quale condividono il cammino.

Poi, facendo riferimento al saluto del rappresentante parrocchiale, il nuovo parroco ha riflettuto su come dare significato all’azione pastorale. Lo ha fatto citando il documento preparatorio al Congresso eucaristico di Genova con l’invito non ad aumentare le attività, quanto piuttosto ad avere uno stile che sia di testimonianza e missionario, evitando di creare una comunità che diventi «struttura prolissa separata dalla gente, che guarda solo a se stessa» e con il pericolo di un ingolfamento di iniziative che coinvolgono sempre le stesse persone.

Da ultimo l’immagine del vasaio di Geremia 18 con l’invito a lasciarsi plasmare dall’Eucaristia domenicale. E anche qui alcune citazioni: prima dal Libro per una chiesa eucaristica di Giuseppe Dossetti e poi da Atanasio, che definisce il riunirsi attorno alla mensa un “perenne miracolo”. Il modo migliore di pregare insieme – ha detto don Cavagnoli – sentendosi solidali e fondendo nell’unità della fede lontani e vicini, presenti e assenti.

Dopo la Messa la firma degli atti ufficiali da parte del Vescovo, del nuovo parroco e di due testimoni: Sarà Chan e Paolo Ungari.

Poi un momento di festa in oratorio seguito, in serata, da un concerto gospel di benvenuto in chiesa.

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Biografia del nuovo parroco

Don Giovanni (Gianni) Cavagnoli è nato a Trigolo il 30 giugno 1950 ed è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1974. Laureato in Liturgia a Roma, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Pomponesco, proseguendo poi, sempre come vicario, nella parrocchia di S. Imerio dal 1980 al 1991, anno in cui il vescovo Assi gli affidò la comunità di S. Bernardo come parroco. Nel 2000 il trasferimento, sempre come parroco, a Cristo Re, dove è rimasto per 16 anni.

Incaricato per la Pastorale liturgica dal 1984, nel 1997 ha assunto la guida della sezione di Pastorale liturgica dell’Ufficio diocesano per il Culto divino. Inoltre, dal 1977, è insegnante in Seminario. Da alcune settimana, inoltre, ha assunto la direzione della Rivisita Liturgica, l’importante pubblicazione delle Edizioni Camaldoli che vanta oltre un secolo di storia.

Con decreto del 10 giugno scorso, il vescovo Napolioni l’ha nominato parroco della parrocchia di S. Francesco d’Assisi, nel quartiere Zaist di Cremona, al posto di don Gianpaolo Maccagni, che ha assunto l’incarico di vicario episcopale per il clero e la pastorale, oltre che quello di cappellano del monastero domenicano di Cremona.

 

Il saluto del nuovo parroco sul giornalino

Nel vangelo di Giovanni viene citato un proverbio, non facilmente spiegabile dal versante della verità storica, ma che aiuta a leggere adeguatamente l’evento che stiamo vivendo: “Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimo-stra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica” (Gv 4,36-38).

A me capita proprio questo: di subentrare a don Gianpaolo, che per 19 anni ha seminato con larghezza nel fecondo campo della comunità di s. Francesco in Cremona, e di godere, insieme con lui, per quanto mi lascia da raccogliere. One-rosa e indefessa è stata la sua fatica, che mi piace considerare pienamente con-divisa con voi. E così vorrebbe essere anche la mia, sia nel raccogliere la sua eredità, sia nel continuare a seminare, perché i tempi non si fermano, ma si suc-cedono incalzanti.

Al riguardo, l’istanza dell’evangelizzazione, che permane primaria nelle fatiche di qualsiasi comunità ecclesiale, va continuamente concretizzata anche nella no-stra, con grande speranza.

Poste queste premesse, ci si immette subito, almeno da parte mia, nella operosi-tà pastorale che ci attende, cercando di cogliere e interpretare insieme quei se-gni della presenza di Dio nella storia, che non si possono assolutamente preve-dere.

La grande fortuna di avere don Matteo come primo collaboratore, pari a me nel ministero (e lo sottolineo con forza!), non può che riempirmi di gioia e solleci-tarmi a condividere con lui qualsiasi “impresa”. Non vuole essere, questo, un sogno idilliaco, ma il tentativo quotidiano di vivere una comunione, che rimane l’emergenza prioritaria di ogni comunità testimone, nella società attuale, dell’insegnamento evangelico: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepo-li” (Gv 13,35).

Il tempo, nel suo inesorabile snodarsi quotidiano, ci permetterà, gradualmente, di conoscerci meglio, ben oltre il semplice “sentito dire” o, ancor meno, “per fama”. E di conoscere pure la varietà delle vostre situazioni umane per suppor-tarle il più possibile: la gioia come la malattia, la giovinezza come la maturità e la vecchiaia, tanto nelle loro ricchezze quanto nei loro limiti.

Un’ultima annotazione: anagraficamente sono più vecchio (lasciamo pure que-sto epiteto, non me ne vergogno!) di don Gianpaolo e quindi…vi aiuterò, ma avrò anch’io bisogno di aiuto. E ve lo chiedo con tanta serenità, perché sono si-curo che non me lo lascerete mancare, secondo una ormai proverbiale caratteriz-zazione della comunità di s. Francesco, in chiave di collaborazione e di soste-gno.

Grazie, fin d’ora, di tutto, con la stima e l’affetto, che spero di sapervi dimo-strare. Andiamo avanti insieme, nel nome del Signore e nella forza dello Spirito.

don Gianni

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