A Caravaggio… per affidarci a Maria

Il vescovo emerito Dante: Il senso vero dell’affidarsi non è aspettarsi un intervento miracoloso che cambi la condizione del presente, quanto invece di affrontarlo con pazienza e intraprendenza sapendo che comunque “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”

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In occasione dell’Affidamento dell’Italia a Maria, con la celebrazione presieduta dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni al Santuario di Caravaggio trasmessa la sera del 1° maggio su Tv2000 e i canali web della Diocesi, proponiamo una riflessione sull’affidarsi alla Vergine a firma del vescovo emerito Dante Lafranconi.

 

Per affidarci a Maria. Anni fa mi è capitato di condividere i disagi e le preoccupazioni di un amico per alcuni problemi finanziari che sopraggiungevano a complicare quelli della sua salute seriamente minata da un tumore. Mi è rimasto impresso, dalle conversazioni con lui, un ritornello con cui concludeva quasi sempre i nostri incontri. “Mi affido a mia mamma (era morta da circa un anno, ndr) e mi sento sereno perché sono sicuro che mi è vicina e mi aiuta ad affrontare questo momento difficile della mia vita. Anche lei ne ha passate di difficoltà e mi torna alla mente la sua serenità, la sua fiducia in Dio, la parola e le attenzioni cariche di affetto con cui mi sosteneva nelle difficoltà che incominciavano a farsi preoccupanti per me, mi infondeva la fiducia che il sereno sarebbe tornato nella mia vita”. Così ho percepito il senso vero dell’affidarsi: non si tratta tanto di aspettarsi un intervento miracoloso che cambi la condizione del presente, quanto invece di affrontarlo con pazienza e intraprendenza sapendo che comunque “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rom 8,28).

Maria è Madre. Come a Cana di Galilea, così oggi non le sfuggono le difficoltà in cui versa l’umanità in questo tempo tribolato a causa del Coronavirus in cui serenità e affetti sono insidiati da ansie e timori, da sofferenze e da lutti, da smarrimento e incertezza per il futuro. Maria è Madre che si prende a cuore la sorte degli uomini come a Cana si è presa a cuore la situazione degli sposi e degli invitati. Forse perché nei giorni precedenti la festa di nozze aveva dato una mano per aiutare nei preparativi e per questo ha potuto accorgersi che non c’era più vino. Donna/madre esperta di servizio domestico a Cana, esperta di sacrificio al Calvario. È questa sua maternità, accettata con umile fiducia nell’Annunciazione e siglata definitivamente ai piedi della croce nel dolore per la morte del Figlio, che ci muove spontaneamente, quasi istintivamente, ad affidarci a Lei. Non compie miracoli; presenta al Figlio le nostre necessità. E intercede per noi.

A Caravaggio. A Caravaggio andiamo non solo per presentare a Maria le nostre necessità, ma anche per ascoltare le sue parole. Ella ripete a noi quanto disse a Giannetta perché lo ripetesse a tutti, di riconoscere la fondamentale relazione dell’uomo con Dio come creatura e come figlio. Se la nostra condizione di creature ci richiama alla verità fondamentale della nostra dipendenza da Dio perché “la creatura senza il Creatore svanisce” (G.S.36), la nostra condizione di figli ci ricorda che il nostro rapporto con Dio si muove in una relazione di amore e di fiducia reciproca. Il peccato dell’uomo e la rivendicazione della propria assoluta libertà, e di conseguenza della propria autosufficienza, è la tentazione sempre latente di farsi dio e di rifiutare ogni vincolo morale, dimenticando che esso è una salvaguardia per l’uomo stesso. Si apre così la strada verso la sopraffazione dell’uomo sull’uomo e sulla natura. Sconfinamenti di questo genere sono ben visibili a tutti. Come scrive Dostoevskij : “Tolto Dio, tutto diventa lecito”. Per questo la Vergine, rivolgendosi a Giannetta “con le lacrime agli occhi” manifesta tutto il suo dolore perché “gli uomini fanno ciò che è male ogni giorno di più e cadono di peccato in peccato”.

Come sempre Maria, la madre, ci esorta alla conversione. È incoraggiante costatare quanti esempi di fede e di amore fino al sacrificio della vita ci ha offerto questo tempo di pandemia. Sono segni profetici che ci indicano la strada giusta di una convivenza umana e ci incoraggiano a seguirla. La strada appunto della conversione.

In questi giorni in cui si profila la “fase 2” per superare la pandemia, tutti parlano di inevitabili cambiamenti di vita per il futuro: ci saranno più poveri e maggiori saranno  le difficoltà relative alla produzione e al commercio e conseguentemente ai consumi. Si prospetta, insomma, una vita più austera, con abitudini cambiate. Ma si prospetta anche e forse si desidera una vita scandita da spazi di silenzio e di preghiera personale e famigliare, dalla riscoperta del significato religioso della domenica, dal gusto di relazioni interpersonali più semplici e intense, da modi nuovi di gestire il tempo libero. Prepariamoci a non perdere questa opportunità. Anche questo sguardo al futuro fa parte della conversione richiesta dalla Madonna a Caravaggio.

+ Dante Lafranconi
vescovo emerito di Cremona

 

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TeleRadio Cremona Cittanova
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