“Il significato del Sermig non è soltanto quello di aver trasformato, come sovente abbiamo detto in tanti, un luogo di guerra in un luogo di pace, ma è molto di più. Perché arsenale è un nome che evoca lavoro che si spiega per uno scopo, e qui si lavora per la pace”. È il tributo offerto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento all’Arsenale della pace di Torino in occasione della visita al Sermig (Servizio missionari giovani) nel 55° anniversario della fondazione.
“La pace – ha osservato il Capo dello Stato – non è raggiunta una volta per tutte, non è soltanto – come tutti sappiamo bene – l’assenza di guerra. La pace va consolidata, sviluppata, difesa, va costantemente aggiornata e – ripeto – consolidata. E questo richiede lavoro, richiede opere di pace per consolidarla”. “Ed è ciò che qui avviene – ha proseguito Mattarella –, che ho visto avvenire all’eremo, che ho visto avvenire a Madaba, in Giordania, che so che avviene in Brasile, a San Paolo. Ma questa opera attiva, questo impegno attivo, concreto, costante per la pace è quello che la garantisce e può difendere da tanti pericoli che emergono di continuo, particolarmente in questo periodo.”
“I cambiamenti che il mondo sta attraversando e affrontando – ha osservato il presidente – creano disorientamento, provocano anche paure. E le paure generano chiusure e contrapposizioni pericolose”. “Le paure sono anche contagiose”, ha riconosciuto Mattarella, “ma anche la pace è contagiosa, anche la bontà è contagiosa. E metterla in pratica, chiamando altri a praticarla, moltiplicando e diffondendo questo impegno, è fortemente contagioso e importante”.
Parlando di ciò che avviene al Sermig, il presidente ha sottolineato l’importanza “di incontrarsi con le persone, di aprirsi all’incontro con gli altri, di far uscire, emergere quel che c’è di potenzialmente buono in tutti e di procedere insieme in quella direzione”.
Mattarella ha concluso con un ringraziamento al Sermig e ad Ernesto Olivero, il fondatore: quanto creato in questi anni “è non soltanto una grande opera in sé, ma è una semina che si diffonde in maniera importante, non soltanto per quello che è sorto in Giordania e in Brasile, ma per l’esempio che si diffonde e si trasmette nella nostra società, nel nostro Paese”.