Soncino in festa per l’ingresso del nuovo parroco

Sabato 16 settembre l'insediamento di don Giuseppe Nevi, scelto dal Vescovo a guidare le cinque comunità di Soncino, Isengo, Casaletto di Sopra e Melotta

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Nel pomeriggio di sabato 16 settembre, a Soncino, è stato accolto con tantissimo entusiasmo don Giuseppe Nevi, nuovo parroco di Soncino, Isengo, Casaletto di Sopra e Melotta. La comunità era da tempo che lo aspettava. Per meglio prepararsi tutta la settimana era stata caratterizzata da momenti di spiritualità. Il sabato mattina tutti i volontari della parrocchia si erano mobilitati per allestire l’oratorio, pulire la chiesa, preparare il rinfresco, organizzare gli aspetti tecnici, addobbare le vie di passaggio del corteo dall’oratorio di San Paolo alla chiesa della Pieve.

Don Giuseppe è arrivato alle 17 al San Paolo. Ad aspettarlo tra le molte persone vi erano le autorità, la rappresentanza delle varie associazioni con i relativi stendardi, la banda civica comunale.

Sceso dalla macchina don Giuseppe è stato accolto da un applauso. Ha risposto con molti abbracci e sorrisi. Un momento di gioia. Il primo saluto che gli è stato rivolto è stato quello del mondo associativo, rappresentato dal presidente della Croce Verde, Roberto Moreni, che ha rimarcato che la moltitudine delle associazioni di Soncino saranno pronte a collaborare, secondo le loro possibilità, con il nuovo parroco. Don Giuseppe ha voluto ringraziare tutto il mondo del volontariato e “coloro che hanno reso disponibile la casa parrocchiale”

Poi dall’oratorio, in corteo, tutti si sono spostati verso la Pieve. Don Giuseppe e i sacerdoti si sono fermati in San Giacomo per vestire i paramenti. Da lì, insieme al Vescovo, si è snodata la processione fino alla Pieve: tra i preti concelebranti il vicario don Fabrizio Ghisoni.

Prima di entrare in chiesa vi è stato saluto del sindaco Gallina Gabriele: «Don Giuseppe, ben arrivato a Soncino, a nome della comunità e dell’Amministrazione di Soncino e di Casaletto di sopra». Presente la senatrice Silvana Comaroli e il consigliere regionale Carlo Malvezzi. Il sindaco ha regalato a don Nevi il libro “La bella storia di Soncino” per presentare al nuovo parroco questa cittadina «dinamica e attiva».

La Pieve, pur essendo una chiesa molto grande, era gremita di fedeli: oltre ai soncinesi e ai casalaschi vi era la folta rappresentanza della parrocchia di Sant’Imerio di Cremona a salutare l’ormai ex parroco.

Don Nevi è stato salutato, in rappresentanza delle comunità parrocchiali, da una famiglia che ha i bimbi a metà del cammino dell’Iniziazione cristiana. Il papà ha lasciato questo augurio: «Quando ero bambino guardavo sempre affascinato il nome dei parroci di questa parrocchia sulla lastra di marmo che è all’ingresso della Pieve. Ho conosciuto prima di lei solo mons.  Luigi Affini e don Mario. A loro va la mia stima e la mia riconoscenza. Spero che come me tutti i bimbi che l’accompagneranno nel suo ministero in queste parrocchie possano avere significativi ricordi di lei nella loro crescita nella fede».

Il Vescovo durante l’omelia si è soffermato su quelle parole che don Giuseppe ripeterà tantissime volte davanti alla sua parrocchia: «Questo è il mio corpo». Riferendosi al corpo vivente di Cristo mons. Napolioni ha affermato: «Solo seguendo Lui noi diventiamo vivi oggi e per sempre». L’altra frase su cui il Vescovo si è soffermo è stata: «Io ti assolvo». Prendendo spunto dal Vangelo, mons. Napolioni ha sottolineato che «dobbiamo perdonare perché siamo stati perdonati, e chi molto ama molto perdona, chi perdona poco è perché ama poco».

«La tua parrocchia – ha proseguito il Vescovo – ti dirà tante volte “E con il tuo Spirito”:  ci sta a cuore il tuo spirito. Tu gli dirai “Signore è con voi”, e loro ti diranno ancor di più che è con te, con il tuo Spirito». Il Vescovo ha sottolineato come sia necessaria reciproca benevolenza, dialogo, discernimento laborioso e adulto, ma anche obbedienza, che in ultima analisi è obbedienza all’unico Vivente.

Al termine della celebrazione la parola è andata a don Giuseppe che ha ringraziato la Madonna per averlo aiutato a prendere la decisione in questo momento di grande turbamento della fede, nel quale, però, alla fine le voci dei non cattolici non trionferanno. Riconoscendo la ricchezza della tradizione di Soncino, don Giuseppe è stato colpito dalla figura della beata Stefana Quinzani, di cui sono conservate le reliquie in San Giacomo, e che ha ricevuto per oltre quarant’anni le stigmate. Ha poi citato santa Paola Elisabetta Cerioli, che è stata sposa, madre, vedova e che ha anche perso i suoi quattro figli, ma poi si è rilanciata fondando un ordine che ha a cuore proprio i bambini. Infine un pensiero per Papa Pio V, priore in San Giacomo per due anni, e i tre sacerdoti Manzella, con la loro opera in Sardegna, padre Mario Zanardi, martire in Cina, e don Attilio Berta, soncinese “fidei donum” in Brasile recentemente scomparso.

Al termine della Messa, in corteo con la banda, il nuovo parroco è stato accompagnato all’oratorio San Paolo dove è continuato il pomeriggio di festa con il rinfresco.

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Profilo del nuovo parroco

Don Giuseppe Nevi, classe 1961, originario di Vicobellignano, è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1985. Dopo essere stato vicario parrocchiale a Calvatone (1985/1989) e a S. Michele Vetere in Cremona (1989/1995), ha assunto l’incarico di parroco di Vicomoscano e Fossa Caprara e, dal 2003, anche quello di amministratore parrocchiale di Casalbellotto. Comunità che ha continuato a guidare sino al 2007 dopo che nel 2005 fu creata l’unità pastorale di Quattrocase-Casalbellotto-Fossa Caprara-Vicomoscano.

Dopo aver ottenuto a Roma la licenza in Teologia del matrimonio e della famiglia, nel 2002 ha assunto la direzione dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare, che ha mantenuto sino al 2016.

Dal 2007 era parroco a Cremona della parrocchia Ss. Clemente e Imerio.

Ora mons. Napolioni l’ha scelto come nuovo parroco delle cinque comunità di Soncino, Isengo, Casaletto di Sopra e Melotta al posto di don Mario Marinoni che, dopo aver rinunciato per motivi di età, è stato trasferito come collaboratore parrocchiale a Pizzighettone, Gera, Regona e Roggione. Don Nevi potrà contare sulla collaborazione del vicario don Fabrizio Ghisoni e del collaboratore parrocchiale don Massimo Cortellazzi.

 

Saluto di don Nevi

Carissimi,

penso non sia mai stato facile essere parroco, per mille motivi che ben conoscete. Credo, però, che oggi in particolare ci siano ragioni chiaramente identificabili che rendono il ministero davvero impegnativo e, soprattutto, incompreso.

La Verità: questione superflua. La prima consiste nel fatto che viviamo in un clima di relativismo in campo religioso. Una religione vale l’altra per cui non si pone più il problema dell’esistenza di una religione vera. Tutte devono essere accolte perché, infondo, si tratta di opinioni tanto diverse quanto legittime. La religione cattolica è ridotta a sentimento o a preferenza personale per cui non è un problema farle dire ciò che ad ognuno più aggrada. Non si tratta più della Verità, tanto meno dell’unica Verità. Anzi, si giudica negativamente ogni insegnamento che si rifà alla Dottrina e al Dogma, dimenticando che non si tratta di altro che dell’insegnamento di Gesù e degli apostoli arrivato a noi tramite la Tradizione e il Magistero della Chiesa. Se la Chiesa non si riconoscesse più nelle proprie radici dogmatiche non sarebbe neppure più in grado di aprirsi al mondo e al dialogo con esso, ma si confonderebbe definitivamente con il mondo stesso. Vediamo con chiarezza gli effetti dell’abbandono di Dio, della sua “decentralizzazione” e del tentativo di sostituirlo con l’uomo il quale si fa orgogliosamente Dio a se stesso. La storia di Babele si ripete. Il 19 settembre 2010 Benedetto XVI beatificando il Card. Newman affermò: «…ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6)».

La fede a basso prezzo. La seconda ragione consiste nel diffuso tentativo, anche intra ecclesiale, di depotenziare la fede rendendola più accettabile alla mentalità di oggi. Sembra ancora la fede cristiana, ma lo è solo in apparenza perché ha radici solo umane e non divine. La Rivelazione e le sue formulazioni tradotte nel Catechismo sono considerate tesoro prezioso ma talmente bello ed importante da ritenerlo irrealizzabile nella vita dell’uomo di oggi. Gli insegnamenti della Chiesa sono semplicemente degli ideali a cui conformarsi, ma che non si realizzeranno mai. In questo modo si da un colpo mortale alla grazia che è la dimensione costitutiva della vita cristiana. Perciò si tenta di rendere la fede piacevole e compiacente, eliminando da essa ogni riferimento, ad esempio, al peccato o al timor di Dio. La fede proposta oggi, contiene un po’ di verità, ma non tutta la Verità. Il Vangelo, ad esempio viene “vivisezionato” e di esso si esaltano gli aspetti più consolanti, insistendo unilateralmente sull’amore e facendone derivare discorsi dal contenuto umanitario ed assistenziale. Si mettono in ombra, invece, gli aspetti più oscuri e profondi della vita e del destino dell’uomo, i forti richiami di Gesù e le sue parole più scomode. Chi afferma che la Verità è una (per il principio filosofico di non contraddizione) e ad essa occorre assentire per essere davvero liberi rischia di trovarsi affibbiati epitteti sempre più pungenti che vanno da fondamentalista a tradizionalista, da fariseo a ipocrita. E’ proprio dello stile del nostro tempo, tra l’altro, demonizzare l’avversario invece di confrontarsi con esso attraverso l’esposizione di ragioni convincenti e attraverso la forza della verità stessa. Sempre Benedetto XVI, nell’occasione sopra citata, disse: “… la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata”.

I principi traditi. La terza ragione riguarda l’abbandono della morale che consegue logicamente all’abbandono della fede in Cristo: “Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno”.(Benedetto XVI) La sfida che il mondo lancia in campo morale riguarda l’educazione, la vita e la famiglia. In questi campi, per niente separati, dovrebbe esserci il massimo impegno della Chiesa e dei cristiani perché da essi, lo capisce anche un bambino, dipende il futuro della società. I problemi sociali infatti, sono tutti riconducibili al diverso approccio che si ha difronte all’educazione, alla vita e alla famiglia. Una società sana è indubbiamente quella che vuole coltivare con scelte concrete l’unità attorno a questi principi. Essi non sono valori, ma appunto principi, perché, volenti o nolenti, stanno all’origine dell’umanità. Sono come la pietra fondamentale di cui parla la Scrittura che è identificabile, per noi, con la chiave di volta. Proviamo a togliere la chiave ad uno degli archi delle nostre Chiese e vedremo il risultato…. La comunità cristiana è sempre stata in primo piano nella difesa di tali principi e, nonostante i cedimenti, dovrà sempre esserlo in fedeltà alla persona stessa di Gesù che, come ho già detto, si è definito “la Verità”.

Vengo a voi perciò consapevole di tutto queste sfide, ma pieno di gioia e con il desiderio di continuare l’opera feconda di don Mario. Indubbiamente con una personalità differente dalla sua ma con la stessa sua fede in Cristo che ci unisce e con il legame di un antica amicizia che me lo ha fatto sempre apprezzare, posso cominciare con grande fiducia questo tratto della mia vita sacerdotale che potrebbe concludersi tra voi.

Siccome mi sono servito di molte citazioni del Card. Newman, che come tutti i convertiti ha ben chiaro cosa significhi e comporti vivere della fede in Cristo, permettetemi l’ultima che utilizzai tanti anni fa quando, giovane vicario a S. Michele, mi impegnavo a promuovere l’evangelizzazione tra i giovani attraverso l’arte e lo spettacolo: “Guidami luce gentile; tra le tenebre, guidami Tu. Nera è la notte, lontana la casa: guidami Tu. Amavo scegliere la mia strada, ma ora guidami Tu. Sempre mi benedisse la tua potenza; ancora oggi mi guiderà per paludi e brughiere, finché svanisca la notte e l’alba sorrida sul mio cammino”.

Don Giuseppe

 

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