Nuova esperienza africana per il cremonese Paolo Carini, che dall’inizio di marzo si trova in Congo

Per tre anni seguirà un progetto di ristrutturazione e rilancio dell’ospedale St. Jean Baptiste di Kansele finanziato dalla CEI

image_pdfimage_print

Nuova esperienza missionaria per il cremonese Paolo Carini, della parrocchia S. Maria Annunciata al Boschetto. Dall’inizio di marzo si trova in Congo, nella città di Mbuji Mayi, capoluogo della provincia del Kasai orientale. Per i prossimi tre anni seguirà un progetto di ristrutturazione e rilancio dell’ospedale St. Jean Baptiste di Kansele. Il suo compito, in particolare, è quello di approntare un sistema di contabilità corretto e autosostenibile.

La nuova avventura africana di Carini si è realizzata attraverso un progetto, finanziato dalla Conferenza episcopale italiana, e coordinato da Ascom, un’associazione di Legnago che da 35 anni lavora in Africa e con la quale Carini aveva collaborato in passato, nei 13 anni di servizio in Burundi, tra il 1996 e il 2011.

Mbuji Mayi è la quarta città del Congo come numero di abitanti, più di 2 milioni e mezzo, ed è conosciuta soprattutto perché costruita attorno a una miniera di diamanti.

I problemi dell’ospedale sono ingenti, come spiega lo stesso Carini nella prima lettera inviata dal Congo e pubblicata sul minisito dell’Ufficio missionario diocesano. « Il problema di fondo è economico – precisa il laico cremonese –. Il fondo di sostentamento dello Stato, 10 milioni di franchi al mese, è solo teorico perché da anni non arriva alcun contributo. L’ospedale vive sulle consultazioni, gli esami, i ricoveri. Sono entrate che dovrebbero compensare le spese di gestioni, tra le quali gli stipendi sono una voce importante, ma non l’unica. Due anni fa il ministero ha alzato bandiera bianca e ha chiesto alla diocesi se poteva occuparsi della gestione ospedaliera. Si è tenuto per sé la medicina preventiva e i programmi di cura per HIVpositivi e tubercolotici che sono ben finanziati da organismi internazionali. Tra il personale curante c’è chi riceve ancora uno stipendio statale, al quale si aggiunge un premio. Ci sono 8 medici, dei quali 3 a tempo parziale, ma nessuno supera i 150 dollari al mese».

E proprio la questioni stipendi sembra essere il problema più urgente. «Il 26 aprile abbiamo controllato i soldi nella cassa dell’ospedale. Ci sono poco più di 900 mila franchi congolesi, l’equivalente di 950 dollari. Entro 4 giorni si dovrebbero pagare gli stipendi degli 87 dipendenti che ammontano a circa 3 milioni e 800 mila franchi. Non c’è alcun conto bancario sul quale fare affidamento. Come si farà? L’ipotesi più probabile è quella di un anticipo. Ma un conto è dare la metà dello stipendio, un altro è darne un quarto».

Il contesto certo non aiuta. «Ci si lava con un secchio – racconta ancora Carini – si cucina con il carbone, fa un gran caldo e si ha a disposizione un’ora di corrente elettrica al giorno. Non c’è un frigo per cui è necessario consumare in giornata quello che si prepara. (…) Personalmente, ho ripreso la decennale guerra con le pulci da materasso e altri insetti non identificati, ma sono strategicamente in vantaggio grazie ad una polvere magica acquistata al mercatino ed in ogni caso, dormo più che a Cremona. E se i sogni sono sempre strani, mi addormento senza grandi preoccupazioni per l’indomani. Di solito, in Africa, quello che non fai un giorno puoi farlo il giorno dopo. O almeno entro i 4 giorni seguenti».

Il testo integrale delle lettera di Paolo Carini
pubblicata sul minisito dell’Ufficio missionario diocesano

Facebooktwittermail