Mons. Napolioni: «Come padre Enrico rischiate di diventare più umani e santi»

Giovedì 10 maggio alla casa di cura S. Camillo di Cremona il ricordo del camilliano beato Rebuschini

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Osare come fece padre Enrico Rebuschini, sino al «rischio di diventare più umani» o, ancor di più, di «vivere alla maniera di Gesù, con il rischio della santità». È questa l’eredità del beato cammilliano sottolineata dal vescovo Antonio Napolioni in occasione della solenne celebrazione presieduta nella mattinata di giovedì 10 maggio presso la casa di cura San Camillo di via Mantova, a Cremona, dove sono conservate le spoglie del beato Rebuschini.

Proprio dinnanzi alla tomba del padre camilliano, di cui il 10 maggio si ricorda la memoria liturgica, è iniziata la Messa, concelebrata da diversi sacerdoti diocesani, frati Cappuccini e religiosi Camilliani, della città e non solo. Accanto al Vescovo il superiore provinciale, padre Bruno Nespoli, e il superiore della comunità di via Mantova, padre Virginio Bebber, che ha all’inizio della liturgia ha salutato il Vescovo ricordando proprio la figura di questo religioso d’origine comasca che visse a Cremona quarant’anni, sino alla morte, svolgendo a S. Camillo l’incarico di superiore ed economo.

Presenti come consuetudine, con i propri gonfaloni e labari, le associazioni combattentistiche e d’arma. E tra queste l’associazione Caduti di guerra senza croce. La clinica di via Mantova, infatti, durante il primo conflitto mondiale, proprio per iniziativa del beato Rebuschini e in collaborazione con la Croce Rossa, fu ospedale militare.

Insieme ai fedeli, a comporre l’assemblea una delegazione del personale della casa di cura insieme al direttore sanitario Leonardo Marchi. In prima fila le autorità civili con l’on. Luciano Pizzetti, il presidente della Provincia Davide Viola e il presidente del Consiglio comunale di Cremona Simona Pasquali.

Il tema del «rischio» è stato al centro dell’omelia del Vescovo. Anzitutto contrapponendo il possibile rischio di un eccessivo coinvolgimento personale degli operatori con il rischio di fredda asetticità. Nel tempo di una cultura a volte sino all’estremo garantista e assicurativa, mons. Napolioni ha invitato a rischiare di lasciarsi coinvolgere, di sporcarsi le mani e persino di sbagliare. Si può anche rischiare di guarire e di vivere di più e meglio, ha detto ancora con un riferimento anche alla vicenda del piccolo Alfie Evans. C’è dunque da rischiare anche di diventare più umani e persino santi – ha proseguito mons. Napolioni guardando in particolare alla figura di padre Rebuschini – con un di più di bene e di amore, da mettere in circolo in quella maternità dell’umanità e della Chiesa che diventano generatività di bene.

Dopo le Comunioni è stata letta la preghiera ai caduti senza croce, cioè coloro che sono morti per la patria e le cui spoglie non sono mai state recuperate.

Quindi le parole di ringraziamento del Superiore provinciale, che ha in particolar mondo sottolineato il rapporto speciale tra la città di Cremona e i Camilliani.

Conclusa la celebrazione il Vescovo e i sacerdoti hanno venerato la reliquia del beato Rebuschini, portata sull’altare dall’ex superiore padre Roberto Corghi. Un gesto di devozione compiuto poi anche dai fedeli presenti.

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