Dopo Bozzolo la preghiera sulla tomba di don Milani

Nella seconda parte della mattinata del 20 giugno Papa Francesco ha fatto tappa a Barbiana

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Dopo Bozzolo, il pellegrinaggio di Francesco è continuato a Barbiana dove l’elicottero che trasportava il pontefice è atterrato poco dopo le 11 nello spiazzo sottostante la chiesa del piccolo centro. Al suo arrivo, Francesco ha trovato ad accoglierlo l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, e il sindaco di Vicchio, Roberto Izzo.

Pochi minuti, poi il Papa si è trasferito immediatamente al cimitero per la visita privata alla tomba di don Lorenzo Milani. «Sono venuto qui – ha detto ad alcuni discepoli ed ex-alunni del sacerdote fiorentino – per rendere omaggio alla memoria di un sacerdote che ha testimoniato come, nel dono di sé a Cristo, si incontrano i fratelli nelle loro necessità e li si serve, perché sia difesa e promossa la loro dignità di persone, con la stessa donazione di sé che Gesù ci ha mostrato, fino alla croce» ha proseguito Francesco. «Voi – ha aggiunto – siete i testimoni di come un prete abbia vissuto la sua missione, nei luoghi in cui la Chiesa lo ha chiamato, con piena fedeltà al Vangelo. E siete testimoni della sua passione educativa, del suo intento di risvegliare nelle persone l’umano per aprirle al divino. Di qui, il suo dedicarsi completamente alla scuola, con una scelta che qui a Barbiana egli attuerà in maniera ancora più radicale».

La scuola, per don Lorenzo, «non era una cosa diversa rispetto alla sua missione di prete, ma il modo concreto con cui svolgere quella missione, dandole un fondamento solido e capace di innalzare fino al cielo – ha puntualizzato il Papa -: E quando la decisione del vescovo lo condusse da Calenzano a qui, tra i ragazzi di Barbiana, capì subito che se il Signore aveva permesso quel distacco era per dargli dei nuovi figli da far crescere e da amare».

Ma a Barbiana il Papa ha ribadito concetti legati all’insegnamento di don Milano: «Dobbiamo ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia – ha detto ancora Francesco -. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi, in cui solo possedere la parola può permettere di discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso, e di dare espressione alle istanze profonde del proprio cuore, come pure alle attese di giustizia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giustizia. Di quella piena umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità».

«So che voi, come tanti altri nel mondo, vivete in situazioni di marginalità e che qualcuno vi sta accanto per non lasciarvi soli e indicarvi una strada di possibile riscatto, un futuro che si apra su orizzonti più positivi» ha poi aggiunto Francesco rivolto a ragazzi e giovani, ospiti di case di accoglienza della diocesi di Firenze. Parlando con i volontari che si occupano dei migranti, il Pontefice ha poi voluto «ringraziare tutti gli educatori, quanti si pongono al servizio della crescita delle nuove generazioni, in particolare di coloro che si trovano in situazioni di disagio: la vostra è una missione piena di ostacoli ma anche di gioie. Ma soprattutto è una missione. Una missione di amore, perché non si può insegnare senza amare e senza la consapevolezza che ciò che si dona è solo un diritto che si riconosce, quello di imparare. E da insegnare ci sono tante cose, ma quella essenziale è la crescita di una coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune».

Di qui la citazione da “Lettera a una professoressa”: “Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. «Questo è un appello alla responsabilità – ha commentato il Papa -. Un appello che riguarda voi, cari giovani, ma prima di tutto noi, adulti, chiamati a vivere la libertà di coscienza in modo autentico, come ricerca del vero, del bello e del bene, pronti a pagare il prezzo che ciò comporta». E «questo senza compromessi», ha aggiunto a braccio.

Il significato del pellegrinaggio di Francesco alla tomba di don Milani è stato spiegato i prima persona dallo stesso Papa: «Il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Dal card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi, gli arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani: non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco». Essere a Barbiana, per il Papa, ha significato riconoscere nell’esempio di don Milani «un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

Ma Francesco non ha dimenticato nelle sue parole nemmeno la madre di don Lorenzo, Alice, che aveva più volte auspicato un segno da parte della Chiesa nei confronti del figlio: «Con la preghiera sulla tomba di don Lorenzo Milani – ha spiegato papa Francesco – mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui… quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire, ma che gli ha dato il sacerdozio e la forza di quella fede… Se non si comprenderà realmente il sacerdote che don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità». Il prete «trasparente e duro come un diamante», ha concluso il Papa utilizzando la definizione di don Milani data da don Bensi, «che continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa. Prendete la fiaccola e portatela avanti» è stato il congedo sotto forma di invito, pronunciato a braccio, da Francesco.

Salutando, infine, i presenti sul prato antistante della Chiesa, ancora a braccio, Francesco ha concluso: «Anche io prenda l’esempio di questo bravo prete». E poi, rivolgendosi di nuovo, ma fuori testo, ai preti: «Non c’è pensione nel sacerdozio, tutti avanti con coraggio!».

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