Commercio delle armi, nel 2015 4,8 miliardi di dollari al giorno

Il 13 gennaio nella sede provinciale delle Acli relazione della presidentessa Carla Bellani

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«La violenza non è la cura». È partito da questo presupposto, mutuato dalle parole di papa Francesco, l’incontro che venerdì 13 gennaio, nella sede provinciale delle Acli, ha visto Carla Bellani, presidente provinciale della stessa associazione, intervenire sul tema “Il commercio delle armi: la denuncia di papa Francesco, le nostre responsabilità”. È stata proprio Bellani a offrire una panoramica documentata sull’inquietante e grave rapporto fra l’Italia e il commercio internazionale di armi prima dell’intervento finale del teologo don Antonio Agnelli.

Nel 2015 per spese mondiali di armamenti si sono spesi 4,8 miliardi di dollari al giorno. Il 90% delle vittime dei conflitti nei quali vengono utilizzate è composta da bambini, e si stima che per ogni militare ucciso muoiano 10 civili. Per dare un’idea del volume d’affari, basterà ricordare che tra il 2010-14 il commercio delle armi è cresciuto del 16% rispetto a quello del 2005-2009.

L’Italia ha un ruolo tutt’altro che secondario in questo quadro, dato che nel 2014 è stato il Paese al primo posto nel mondo per esportazioni di armi leggere, quelle che Kofi Annan ha definito «armi di distruzione di massa». I dati più recenti hanno tutti il segno più. Secondo la più recente Relazione della Presidenza del Consiglio Ministri alle Camere (18 aprile 2016) nel 2015 l’export italiano nel mondo è triplicato: da 2,9 miliardi di euro nel 2014 a 8,2 miliardi nel 2015. Al primo posto, fra i destinatari, ci sono i Paesi della Nato, ma le armi sono arrivate anche a Paesi in guerra e a spietati dittatori. Tutto questo nonostante la legge 185 del 1990 e la posizione comune dell’unione Europea 2008/944/Pesc che escludono l’invio di armi nei Paesi in conflitto, ai regimi autoritari o che violano i diritti umani. Nel 2017 l’Italia ha stanziato per la difesa 23 miliardi e 377 milioni di euro, parte dei quali finanziati  grazie al contributo Ministero dello Sviluppo Economico.

Solo una parte dell’ampia mole di informazioni che Bellani ha snocciolato prima di parlare del ruolo possibile del cattolici, citando Padre Balducci: «Se chiedo alle persone “credete nella Risurrezione?” rispondono sì. Se chiedo loro  “credete alla possibilità di un mondo  senza armi?” rispondono no. Ma, credere nella Risurrezione vuol dire credere che l’impossibile diventa possibile». Una riflessione servita anche per raccontare la recente esperienza bolognese della Marcia della Pace di Pax Christi, le campagne contro il finanziamento alle armi delle banche, quella contro gli F-35.

Don Agnelli invece ha chiuso l’incontro ricordando come il Pontefice stia fortemente denunciando il mercato delle armi e il circuito della violenza, ma come allo stesso tempo tale messaggio venga passato in sordina dai media. «Pianificatori del terrore, li chiama, organizzatori dello scontro, imprenditori delle armi», ha fatto notare il teologo autore di numerosi volumi. Citando il discorso del Papa tenuto a Washington nel 2015, ha ripreso un messaggio semplice e coraggioso: «Essere al servizio del dialogo e della pace significa essere determinati e porre fine a conflitti armati in tutto il mondo. Chiediamoci perché armi mortali sono vendute a chi pianifica di infliggere sofferenze».

Il pomeriggio era iniziato con un presidio al Boschetto, sul sagrato della chiesa, in occasione del 127° anniversario della nascita di don Primo Mazzolari. Qui don Antonio Agnelli ha proposto una riflessione a partire dal “Tu non uccidere”, uno dei testi mazzolariani più intensi e attuali. Leggi per saperne di più.

LZ

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