CL, in oltre ventimila al santuario di Caravaggio

Sabato 1° ottobre una folla immensa ha vissuto un intenso pomeriggio di spiritualità concluso con la messa celebrata dal card. Angelo Scola

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Un popolo di oltre 22mila persone ha letteralmente invaso il Santuario di Caravaggio. Tra questi – anche la nutrita comunità di Comunione e Liberazione di Cremona (molti tra loro hanno anche prestato un eccellente servizio d’ordine affinché il gesto fosse ben curato).

Sabato 1° ottobre, infatti, CL ha scelto il santuario mariano per vivere il proprio comunitario pellegrinaggio giubilare. Una scelta non casuale: fu questo un luogo carissimo al servo di Dio monsignor Luigi Giussani, fondatore del Movimento. (Tanto che al termine della santa messa, il card. Angelo Scola ha ricordato che anche negli ultimi mesi di vita “il don Giuss” si faceva accompagnare in macchina davanti al cancello del santuario, per pregare la Madonna a cui era devotissimo),

Ecco quindi che sabato migliaia di aderenti lombardi di Cl, con moltissimi sacerdoti, hanno partecipato ad un pomeriggio di preghiera intensa (con letture tratte dagli scritti di Charles Peguy, canti e meditazioni) e di recita del rosario che si è concluso con l’intervento del presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Julian Carrrón e con la Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Milano.

IMG_5096Il tema della misericordia è stato quindi il punto da cui ha preso le mosse don Carrrón per introdurre il gesto: «In mezzo ai nostri peccati, i nostri limiti, le nostre pochezze; in mezzo alle nostre molteplici cadute, Gesù Cristo ci ha visti, si è avvicinato, ci ha dato la mano e ci ha usato misericordia con noi. Con chi? Con me, con te, con te, con te, con tutti. Ognuno di noi potrà fare memoria, ripassando tutte le volte che il Signore lo ha visto, lo ha guardato, gli si è avvicinato e lo ha trattato con misericordia», ha spiegato il prete spagnolo. Che ha ricordato come la misericordia di Dio stia nel fatto che è paziente, un Dio che abbraccia tutto di noi e ci dà” il tempo di capire il cambiamento epocale che stiamo attraversando».

Tuttavia non fa sconti, don Carrrón, nemmeno quando parla di certi malumori interni al Movimento: «L’attacco all’unità di una esperienza che ci precede; il prevalere della contrapposizione di idee sull’appartenenza vissuta; lo svuotamento dell’ontologia del fatto cristiano fino a identificarlo con un insieme di idee e regole definite da noi; la riduzione del carisma a ispirazione…». Ma, chiosa il presidente della Fraternità citando don Giussani, «Il mondo è stato conquistato al cristianesimo ultimamente da questa parola riassuntiva: “misericordia”: è questa «la vera rivoluzione». “È amando che si annuncia Dio: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva”».IMG_5098

Durante la messa, infine, è stato l’Arcivescovo di Milano Scola a definire il senso di una misericordia che non abbandona mai l’uomo, nessun uomo. Proprio nel solco di quanto ricordato nelle stesse ore da papa Francesco in visita in Georgia e Azerbaijan . «Più passa il tempo, più siamo consapevoli della profondità delle radici del male nella nostra esistenza e in quella della famiglia umana. Un male che il nostro tempo esibisce con tanta crudeltà, come si vede nelle stragi di bambini per la guerra in questi giorni». Eppure, appunto, il perdono è più grande. «La Sua misericordia supera non solo il nostro timore e il nostro scetticismo, ma addirittura il nostro desiderio, esaltandolo fino alla sua vera statura. La misericordia di Dio, infatti, riscatta il nostro desiderio, lo redime, gli permette di essere finalmente se stesso e, nello stesso tempo, ce lo fa riconoscere in ogni uomo e ogni donna, abbattendo così ogni barriera e divisione».

Insomma, se – per usare un’espressione di don Giussani, “la misericordia è una cosa dell’altro mondo in questo mondo” –, è essa stessa a domandare che la nostra fede cresca attraverso una continua tensione alla conversione. Il cardinale non ha risparmiato un paterno monito al popolo di cielle. «Le parole dell’Apostolo Paolo a Timoteo – “ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato” – descrivono il contenuto della responsabilità di ciascun membro del Movimento. Non assumere la misericordia come elemento imprescindibile per la persona in autentica comunione, e quindi come criterio di attuazione pratica dell’esistenza, condurrà inevitabilmente allo scadimento nella sequela del carisma ricevuto. La misericordia, infatti, permette di salvare a priori ogni diversità, ogni sensibilità, ogni convinzione nell’orizzonte dell’unità. Per questo sempre, in ogni autentica realtà ecclesiale, la misericordia è la bussola sia di chi guida sia di chi segue».

Altrimenti, suggerisce Scola, si perde anche il senso del gesto giubilare che si sta compiendo. Ma come custodire il dono ricevuto? Con la testimonianza all’interno di ogni realtà ecclesiale. «‘Testimone’ è il nome del cristiano, descrive la sua esperienza di conoscenza della realtà e di comunicazione della verità. Infatti, senza conoscenza della realtà e comunicazione della verità non c’è propriamente testimonianza. Ravvivare e custodire il dono ricevuto è, quindi, lasciarsi possedere dalla Verità che è Gesù, secondo la forma con la quale è stata ricevuta, senza difese, senza pretese, senza pensare di essere arrivati». La fede dimostra, così, la sua bellezza e la sua convenienza condivisibile da tutti, utile a vivere ogni esperienza, come il lavoro, il riposo, gli affetti. Da qui la conclusione: «È nella Chiesa e in tutte le sue forme di realizzazione che, da duemila anni, uomini e donne di ogni etnia, cultura e ceto sociale continuano a riconoscere la bellezza di Gesù, Volto della misericordia».

Alla fine del gesto, dopo un’ultima preghiera alla Madonna, sono state raccolte le offerte per la carità del Papa. Poi ciascuno, in silenzio e in preghiera, ha fatto ritorno alla propria casa.

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