L’emozione della forma dal 29 giugno a Soncino

Al Museo delle Campane e nella chiesa di San Pietro Apostolo un progetto di arte contemporanea promosso dalla Parrocchia e curato dall’artista Vincenzo Marsiglia

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Dal 29 giugno al 5 ottobre Soncino accoglie L’emozione della forma, un progetto di arte contemporanea, promosso dalla Parrocchia guidata da don Giuseppe Nevi e curato dall’artista Vincenzo Marsiglia, con il desiderio di restituire nuova vita e centralità ai luoghi sacri del borgo attraverso il linguaggio universale dell’arte, invitando a un’esperienza intima, spirituale e percettiva. La mostra – che sarà inaugurata nella mattinata di domenica 29 giugno (ore 11.30) – si articola in due sedi: il Museo delle Campane, di recente restauro, e la chiesa di San Pietro Apostolo (in foto), entrambe nel cuore del centro storico. Le opere saranno in dialogo con questi spazi carichi di storia e spiritualità, offrendo un’esperienza immersiva in cui la forma diventa veicolo di riflessione e ascolto.

Motivo ispiratore dell’iniziativa è anche la recente ristrutturazione del Museo delle Campane, situato presso la Pieve di Santa Maria Assunta, a cura dell’architetto Elvira Ambrogi. Il museo, che conserva le antiche campane della chiesa, diventa così anche spazio di accoglienza per opere d’arte contemporanea, in un dialogo inedito tra memoria, materia e spiritualità.

«La forma – afferma il curatore della mostra, Vincenzo Marsiglia – non si limita a occupare uno spazio, ma lo abita, lo trasforma, gli dà significato. L’emozione della forma invita il visitatore a rallentare lo sguardo, a sostare, ad ascoltare. Ogni opera è una presenza che si offre lentamente, ognuna con il proprio respiro, ognuna capace di generare un’attenzione che va oltre il semplice vedere. Non è il soggetto a parlare, ma la forma stessa, il suo equilibrio interno, la sua logica, il modo in cui occupa o lascia lo spazio. La scultura, in questo contesto, non è solo oggetto; si fa gesto, pelle, eco che lascia emergere tracce, tensioni, riflessi».

«Da quando vivo a Soncino – aggiunge il parroco don Giuseppe Nevi – mi ritorna spesso alla mente la frase di Fëdor Dostoevskij contenuta nel romanzo L’idiota: “la bellezza salverà il mondo”. Questo mi suggerisce che l’arte può essere un ponte che ci fa entrare in contatto con la verità, con la profondità dell’anima dell’essere umano. In particolare la ricerca artistica propria della contemporaneità fa sua questa aspirazione profonda che diventa, per l’oggi, una responsabilità. Infatti attraverso di essa il mistero dell’uomo si dipana davanti ai nostri occhi e l’espressione artistica ci invita a entrare in contatto con un oltre che ci vuole sempre incontrare. La nostra esposizione si colloca in questo contesto mantenendo questa splendida vocazione dell’arte e della bellezza».

«Nel contesto dell’antico borgo di Soncino, dove ad ogni passo riecheggia la storia, la contemporaneità si affaccia sul passato – evidenzia l’architetto Elvira Ambrogi, curatrice del progetto del Museo delle Campane –. Un dialogo condotto in punta di piedi, tra visioni, memorie ed inedite interpretazioni, che dà voce a nuove emozioni della forma».

Inserita tra i Borghi più belli d’Italia, Soncino è un luogo ricco di storia e di attrazioni culturali: dalla Rocca Sforzesca alla Casa degli Stampatori, dalla Pieve di Santa Maria Assunta al Parco del Tinazzo. Il Museo delle Campane, recentemente ristrutturato, si inserisce in questo itinerario turistico con una nuova proposta che integra arte e accessibilità. Un percorso sensoriale innovativo permette anche a persone con disabilità visive e uditive di percepire suono e vibrazione, arricchendo l’esperienza museale. La Chiesa di San Pietro Apostolo, edificata nel XVI secolo, è un raffinato esempio di architettura rinascimentale lombarda, oggi spazio espositivo e luogo vivo di spiritualità.

Nel Museo delle Campane (Pieve Santa Maria Assunta) saranno esposte le seguenti opere: Sarcopoterium di Antonio Barbieri, Estroversa di Rita Siragusa e Caduti di Oliviero Rainaldi. Mentre nella chiesa di San Pietro Apostolo troveranno spazio: Disobbedienza e Predestinazione di Fabiola Porchi. L’esposizione L’emozione della forma potrà essere visitata dal 29 giugno al 5 ottobre, tutti i giorni dalle 10 alle 17.

 

LE OPERE

SARCOPOTERIUM (di Antonio Barbieri) – Sarcopoterium indaga la struttura della pianta dal nome omonimo e ne studia lo sviluppo matematico per realizzare un algoritmo in grado di riprodurla. La forma finale risulta, così, essere totalmente ricostruita e smaltata nel processo finale. Antonio Barbieri è un artista poliedrico che unisce la conoscenza del software, l’abilità ingegneristica e l’abilità manuale esecutiva nell’intagliare e modellare i materiali più diversi. Le sue sculture traggono ispirazione dal mondo naturale visibile e invisibile. Le sue conoscenze e competenze tecnologiche gli permettono di trasformare dati e forme del mondo naturale, come suoni, vibrazioni, emozioni, odori, forme e colori, in opere d’arte. L’artista progetta non solo il software di modellazione tridimensionale, ma anche le macchine per la produzione delle forme elaborate e gli strumenti per l’intaglio e la pittura.

CADUTI (di Oliviero Rainaldi) – Il percorso artistico di Oliviero Rainaldi si intreccia profondamente con una dimensione spirituale, tra- sformandosi in una ricerca interiore che trova espressione nella scultura. Fin dagli inizi, il suo interesse per l’iconografia religiosa si manifesta in una reinterpretazione originale, capace di restituire nuova luce a immagini e simboli della tradizione cristiana. Per approfondire il rapporto tra arte e liturgia, Rainaldi intraprende un percorso di studio teologico, frequentando corsi che lo portano a immergersi nella Bibbia e nella letteratura cristiana. In particolare, la lettura della Genesi diventa per lui fonte di riflessione e ispirazione creativa. Le storie del peccato ori- ginale, del diluvio universale e delle figure cadute, segnate dal tormento e dalla redenzione, lo spingono a dedicare un intero ciclo di opere a questi temi. Questa serie, sviluppata nell’arco di sei anni fino al 1999, esplora con sensibilità il senso della colpa e della penitenza. L’opera esposta, parte di questo corpus, m incarna perfettamente lo stile essenziale e levigato dell’artista.

ESTROVERSA (di Rita Siragusa) – Una linea che si solleva, piega il silenzio, si sporge oltre il proprio asse.
Estroversa nasce come gesto di apertura, slancio che sfida l’equilibrio per cercare dialogo. Le sue pieghe, nette e luminose, riflettono il tempo e la luce, ma anche l’anima di chi si avvicina.
In acciaio, materia forte e resistente, la scultura custodisce l’eco del sacrificio e dell’ascesa. I dettagli dorati – discreti, ma presenti – richiamano la voce antica delle campane vicine: oro e bronzo, metalli che parlano di devozione, memoria e richiamo spirituale.
Collocata accanto alla chiesa, Estroversa diventa sentinella contemporanea di un luogo sacro. Non urla, ma invita. Non si impone, ma si offre. È una forma che prega in silenzio, una colonna che danza, un pensiero che sale.

DISOBBEDIENZA (di Fabiola Porchi) – Il corpo che si oppone alla violenza solo restando presente.
Non si dissolve, ma resiste saturando lo spazio pur nella quasi invisibilità del nero totale, assoluto.
Qui il tempo si contrae fino a diventare materia. È un tempo che non avanza: ristagna, si accumula, di- venta spessore. Il movimento non è più nello spazio, ma nella memoria incisa, nell’eco dell’inutilità del gesto che modella forme che non possono essere realmente esperite.
Il risultato è uno spazio che sembra vuoto, ma è saturo, un tempo che ci illudiamo di padroneggiare, ma che continua a stratificare presenze invisibili, rimosse, sopravvissute.
L’opera è un bassorilievo modulare in nero assoluto calamitato al supporto metallico.
Le forme sembrano rigide, immobili, ma in realtà sono solo appoggiate a una superficie che le trattiene, ma non le domina. Un ordine momentaneo, reversibile, incontrollabile.

PREDESTINAZIONE (di Fabiola Porchi) – L’opera Predestinazione si compone di una piastrella modulare, realizzata in gesso in bassorilievo, in cui sono rappresentati gli animali più consumati in Italia e perciò vittime degli allevamenti intensivi: suini, bovini e pollame.
I corpi degli animali sono perfettamente incastrati tra loro a formare un unico ammasso ordinato ed efficiente. Il rigore geometrico e la perfezione della composizione celano l’orrore insito in questa immagine. Gli ani- mali si sovrappongono, si fondono, il confine tra i corpi diventa inconsistente e insignificante. Sono già carne, sono già oggetti, nessuno di loro ha un volto e un’individualità.

TeleRadio Cremona Cittanova
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