08 – Al cuore della nostra città
Nel IV centenario del Santuario Lauretano in Cremona

 

 

  1. Nel tempo e nello spazio

Maria ci precede sempre, e ci prepara una casa. Ne ho fatto esperienza tante volte. A Cremona, inviato come vescovo, ho subito trovato un pezzo di Loreto e di Marche, di Nazaret e di Terra Santa: la perfetta ricostruzione della Santa Casa Lauretana, nel santuario adiacente la chiesa di S. Abbondio.

Dopo aver vissuto trent’anni fa il VII centenario dell’arrivo della casa di Nazaret a Loreto, sono particolarmente felice di aprire ora un simile giubileo per i 400 anni del santuario che custodisce l’immagine della patrona di questa nostra città. Lo faccio con gioia e nella preghiera, insieme ai credenti che a Maria guardano con amore, e lo faccio anche con questa lettera, rivolta fraternamente alla comunità cristiana e civile di Cremona.

Come scriveva San Giovanni Paolo II all’Arcivescovo Pasquale Macchi nel 1994, “il centenario non è mai un semplice avvenimento cronologico, ma piuttosto un momento di grazia, in cui si fa memoria riconoscente del passato e ci si protende, con rinnovato dinamismo, verso il futuro”.

Gli eventi della salvezza sono ben situati al cuore della storia umana, come la nostra Santa Casa è non solo geograficamente al cuore della città. Ed è al cuore della nostra città che essa apre le sue porte, e offre fedelmente, nei secoli, il suo dono. Che è il dono di Gesù, della sua incarnazione, della salvezza resa possibile dal sì della Vergine all’annuncio divino. “Maria è la Donna, è, per così dire, lo “spazio” fisico e spirituale insieme, in cui è avvenuta l’Incarnazione. Ma anche la Casa in cui Ella visse costituisce un richiamo quasi plastico a tale concretezza”[1].

Anche Papa Benedetto XVI, nel 2012, così parlava di Loreto: “Questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfrGv 1,14). Maria ha offerto la propria carne, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando «luogo» della sua presenza, «luogo» in cui dimora il Figlio di Dio”[2].

Entrare nella Santa Casa, ovunque, significa entrare nel mistero di Dio e del suo progetto di salvezza, nel cuore di Maria e nel suo sì all’Incarnazione, nella casa di Gesù e della sua famiglia umana… ed entrare perciò nella verità ultima di noi stessi, e della nostra storia.

 

 

  1. Un santuario particolare

Perché questa “copia” della Santa Casa qui a Cremona? Loreto è certamente un santuario particolare, così unico che se ne fanno copie, nel tempo, in Italia e in Europa. Nel 1624 anche a Cremona, per volontà del conte Giovanni Pietro Ala.

Quando si era fatto difficile andare in pellegrinaggio in Terra Santa, si rimediava con un pellegrinaggio a Loreto, custode di un pezzo di quella realtà, benedetta da Dio: i muri, le pietre, la casa di Gesù, Maria e Giuseppe. Ciò consentiva di stare dove è stato Gesù, di toccare ciò che Lui aveva toccato, dove era vissuto. Perciò, Loreto (e ogni sua riproduzione) non è un qualsiasi santuario mariano, ma un luogo in cui Maria ci fa accogliere il Verbo e ci dona Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo.

San Giovanni Paolo II ci chiede ancora: “qual è il messaggio che la Santa Casa di Loreto, quale ‘Santuario dell’Incarnazione’, deve contribuire a diffondere nel mondo? Essa ci richiama alla mente la salvezza nel suo ‘stato nascente’ che è sempre, come si sa, il più carico di suggestione; rende in qualche modo ‘presente’ quell’istante unico nella storia in cui la grande novità fece la sua irruzione nel mondo. Essa aiuta, perciò, a ritrovare, ogni volta, lo stupore, l’adorazione, il silenzio necessari davanti a tanto mistero”[3].

Sì, il silenzio diventa subito facile e bello nella Santa Casa, un silenzio carico di intimità familiare, di confidenza filiale, di preghiera del cuore. Nel silenzio, salgono dall’anima le stesse parole dell’Angelo con cui ora noi salutiamo Maria, disponendoci al rinnovarsi dell’Incarnazione del Verbo, nella nostra stessa povera vita. E ce ne usciamo rigenerati, nella fede e nella speranza.

 

 

  1. Per ogni famiglia

Nel grembo di Maria, prese carne il Figlio di Dio, e accanto a lei Giuseppe si offrì come custode di così grande mistero, sperimentando con la sua giovane sposa la concretezza della vita familiare. Nazaret, l’umile casa nel villaggio sconosciuto, insegna al mondo come Dio fa famiglia con noi, quanto ogni famiglia sia amata e abitata da Lui, come il lavoro e la vita domestica, le relazioni affettuose e anche gli inevitabili momenti di prova siano il tessuto della santità, accessibile a tutti.

Anche papa Francesco si è fatto pellegrino a Loreto, nel 2019, quando parlò della Santa Casa come casa dei giovani, delle famiglie, dei malati: “la Casa di Maria è anche la casa della famiglia. Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un’importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezza e l’insostituibilità a servizio della vita e della società. Nella casa di Nazaret, Maria ha vissuto la molteplicità delle relazioni familiari come figlia, fidanzata, sposa e madre. Per questo ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza, ispirazione a vivere la propria identità”[4].

Rinnoviamo tutti l’impegno ad amare la nostra famiglia, con gratitudine per chi ci ha dato vita e amore, e a servire ogni famiglia perché possa realizzarsi nella gioia. Purtroppo, sembra invece che tanti fattori contribuiscano a spegnere la voglia di famiglia, imponendo una faticosa corsa a ostacoli, tra mille difficoltà, in cui presto ci si sente soli, divisi, scoraggiati.

Dal Santuario del Nascente, la Famiglia di Nazaret rincuora gli sposi, i genitori, i figli, i nonni, chi osa ancora scelte di fedeltà e fecondità, e nello stesso tempo accoglie e accompagna chi non ce la fa, chi ha sofferto separazioni e divorzi, soprattutto i figli privati di un contesto di unità che li faccia crescere.

La Santa Casa è aperta a ogni famiglia, ne raccoglie i cocci con amore, ne cura le ferite e riapre il cammino con fiducia… nella misura in cui le nostre comunità cristiane crescono nella virtù dell’accoglienza, nella capacità di ascolto, nella condivisione delle esperienze e dei percorsi.

Il nostro Santuario Lauretano dice a ogni parrocchia di diventare “famiglia di famiglie”, e richiama alla società civile l’urgenza di scelte e risorse a favore di tutte le famiglie, specie le più povere e provate.

 

 

  1. Chiesa domestica

Maria diventa, col suo Sì, madre di Cristo e madre della Chiesa. La sua casa è tempio di Dio, perché ogni casa possa altrettanto ospitare i doni del Creatore e la grazia del Salvatore. La Chiesa è nata nelle case e “tra le case” (questo significa la parola “parrocchia”), è cresciuta nel tempo, e ora dalle case può rinascere come esperienza di rinnovato incontro con il vangelo di Gesù, la cui luce non tramonta mai. Chiedo a tutti i membri delle nostre comunità, non solo ai loro sacerdoti, di aver sempre cura di visitare le persone sole e ammalate nelle case, di bussare senza paura alle porte dei vicini, di costruire instancabilmente rapporti cordiali nel condominio e nel quartiere, di riunirsi con gli amici e i conoscenti per qualche gesto di preghiera.

Non è difficile capire che in questo consiste la conversione missionaria richiesta oggi alla Chiesa: uscire incontro al mondo, incontrarci sulle strade, ripartire dalla realtà, da ogni incontro umano reso possibile dalla vita quotidiana. E fare delle nostre case luoghi in cui saperci fermare, riposare, dialogare, facendo buona manutenzione delle relazioni e degli affetti. Spegnendo per un attimo gli apparati tecnologici che ci illudono e pilotano, per essere un po’ meno connessi e un po’ più vicini.

Una parola speciale di gratitudine voglio rivolgerla ai genitori di bambini, ragazzi e giovani, cui spesso le nostre comunità chiedono di favorire la loro partecipazione alla catechesi, all’oratorio, ai gruppi ecclesiali. Sognando una vita comunitaria in cui la fede venga respirata con naturalezza, grazie al contributo di tutti e non solo alla competenza di qualche generoso specialista. Mentre la nostra popolazione invecchia rapidamente, godiamoci la bellezza dello scambio tra le generazioni, in cui nessuno pretende e giudica, ma tutti si aprono, si capiscono e si sostengono.

L’anno del centenario ci offrirà occasioni di riflessione e preghiera a misura di famiglia, per regalare compagnia alle tante solitudini che si moltiplicano oggi (in un terzo delle case di Cremona vive una persona sola), perché nessuno “si apparti” e ciascuno si scopra davvero – in qualche modo – al cuore della comunità.

Tra le case della città ci sono alcune case molto speciali, in cui la condivisione spicca perché sollecitata dal dolore, dai bisogni educativi, e da tante altre esperienze umane. È bello pensare a Maria insieme a chi è nell’Ospedale maggiore e nelle cliniche, ai tanti anziani nelle Case di riposo, ai detenuti della Casa circondariale, alle donne e ai bambini ospiti di strutture di accoglienza, ai carissimi fratelli e sorelle con qualche disabilità e alle tante realtà istituite per promuoverli. Maria ha fatto crescere Gesù “in età, sapienza e grazia” e perciò invochiamo la sua maternità anche su tutte le scuole e le università. Un pensiero speciale alla Casa dell’accoglienza e alle altre opere-segno della Caritas diocesana, e ai gruppi di volontariato che operano in tanti ambienti e modi. Così stiamo dando un po’ di casa a chi l’ha smarrita.

 

 

  1. Di casa in città

Maria è di casa in città, nel suo Santuario Lauretano, nella parrocchia di Borgoloreto, e in tanti altri contesti ecclesiali. E nel 1625 la Vergine Lauretana di S. Abbondio venne proclamata patrona e protettrice dell’intera città.

Celebrare questa Santa Casa significa dunque ripensare anche alla nostra città, dove Maria ha insegnato ai cremonesi la virtù dell’accoglienza e lo stile della solidarietà: lasciatelo dire a chi come me, chiamato a diventare cremonese di adozione, ne è subito colpito positivamente. Ringrazio quanti mi hanno educato in questi anni a una partecipazione attiva e nello stesso tempo discreta agli avvenimenti sociali e civili della città. I credenti sanno affidare all’intercessione della Madonna quanti hanno responsabilità istituzionali delicate, da cui dipende in vari modi il progresso sociale, per la libertà e dignità di ciascuno.

Non dimentico che queste settimane ci preparano alle elezioni amministrative ed europee. Un duplice esercizio di democrazia da non disertare, anzi da onorare con vero senso di responsabilità, come raccomando innanzitutto ai cattolici. È evidente a tutti che la nostra vita si gioca nell’orizzonte di grandi sfide globali e geopolitiche che impongono posture di dialogo, scelte di pace, stili e prassi di nonviolenza. Nello stesso tempo, il rinnovo dell’amministrazione comunale e la scelta di un nuovo Sindaco impegnano ad un confronto schietto e costruttivo sul presente e il futuro della nostra città, imparando tutti il metodo del dialogo e della concertazione per la ricerca e costruzione del bene comune. Ciò esige sin dalla campagna elettorale rispetto reciproco più che faziosità, per non attentare all’unità e alla concordia della comunità cittadina, affidata alla cura di ciascuno e non solo di S. Omobono.

La Santa Casa può ispirare tutti ad un impegno perché chiunque si senta “di casa in città”, lavorando per il superamento di ogni forma di emarginazione, valorizzando le diversità in percorsi di integrazione e crescente corresponsabilità, assicurando sicurezza senza impedire la necessaria promozione umana e sociale dei più svantaggiati o degli ultimi arrivati. Se Maria ha ricevuto tutti noi come figli da Gesù sulla croce, la penso costantemente protesa a suscitare e veder crescere negli uomini uno spirito di fratellanza universale.

Tornano perciò molto attuali le parole del Papa nell’enciclica Fratelli tutti: “Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in uneducazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto allamore”[5].

Mi auguro che a Cremona si pratichi instancabilmente una “cultura dellincontro”, che per papa Francesco significa che “come popolo ci appassiona il volerci incontrare, il cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti”[6].

Oggi invece si preferisce tessere relazioni “privilegiate” con pochi (i “nostri”) piuttosto che lasciarsi coinvolgere da quelle comunitarie. Dobbiamo riconoscere che viviamo in comunità che diventano progressivamente multietniche, e impegnarci pazientemente a conoscerci, dialogare, condividere idee e valori, perché la convivenza futura sia ispirata ad una medesima visione di ciò che è bene, e perciò diventa il “bene comune”. Chiedendoci:

  • Riteniamo che sia utopistico pensare di poter condividere il progetto di una società solidaristica, capace di praticare “la carità sociale”?
  • Come imparare a prenderci cura delle istituzioni e della cosa pubblica?
  • Conosciamo e favoriamo buone pratiche di condivisione?
  • Ci sentiamo tutti chiamati alla corresponsabilità per la cura del creato, anche nell’interesse delle future generazioni?

Troppo frettolosamente separiamo a volte carità e politica, esaltando la prima e magari disprezzando la seconda, chiudendoci così in mondi sempre più estranei e distanti, e perciò meno incisivi. Riflettiamo su queste parole del Papa : “È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica”[7].

 

  1. Pastorale cittadina

Negli scorsi anni ho voluto compiere la visita pastorale in tutte le parrocchie della zona 3 (oggi la diocesi è distinta in 5 zone pastorali), che preferisco chiamare “la zona di città”, in attesa che diventi sempre più la “Chiesa di città”. So bene che esistono canonicamente ben 25 parrocchie (compresa quella dell’ospedale!), e che alcune di esse sono già riorganizzate in 5 unità pastorali, mentre le altre aspettano di conoscere/decidere la loro “sorte”. Detto così, sembra un’operazione di ingegneria ecclesiastica, o di spending review (anche un po’ affrettata, visto il numero di sacerdoti ancora residenti in Cremona).

Maria, tu, che ne pensi? Suggerisci al Vescovo e a tutti noi le vie del Vangelo e della missione, della comunione e della testimonianza di carità… perché questa è la sostanza dell’esperienza cristiana, comunque e dovunque siamo chiamati a viverla. Senza farci schiavi di inutili nostalgie, per metterci decisamente sulle tracce del Risorto che ci precede nel cammino.

La Santa Casa è la chiesa più piccola della città, eppure è quella in cui tutti entrano e si sentano abbracciati dall’unica Madre. È una casa con solo tre pareti, aperta verso l’alto, verso il basso, verso il mondo… ed è perciò un’immagine stupenda ed eloquente della Chiesa che siamo chiamati a diventare: più aperta, in rete, in cammino, leggera e accogliente, povera e perciò disarmante. La Chiesa di Gesù che è a Nazaret, a Loreto, c’è anche a Cremona.

Sì, questa Chiesa nascosta ed evangelica c’è già, e non fa rumore. Sta nel cuore di tanti, innamorati del Signore e servi della comunità, magari nella concretezza di quelle piccole cose che riempiono le parrocchie e gli oratori, che si vivono nelle periferie, che avvengono nello slancio di chi nel mondo, nella scuola, tra le fragilità, porta il profumo della carità che si fa opera, progetto, fattore di cambiamento.

Guai a noi diventare ciechi di fronte all’invisibile agire di Dio, che edifica il suo Regno con il contributo dei più improbabili, dato che per Lui tutti gli scarti sono candidati a diventare pietra angolare. Secondo quella umile “parabola delle pietre” che tocchiamo con stupore ogni volta che entriamo in Santa Casa…

Prima di scrivere i prossimi progetti di pastorale cittadina, occorre lavarsi gli occhi alla fontana, e rinnovare uno sguardo di fede, la fiducia nei piccoli, che come Maria incarnano il dono dello Spirito e danno corpo a Gesù anche in questo tempo.

Ho ripetuto spesso che la “Chiesa di città” è fatta di cinque dita, di cinque diversi volti e dinamismi di azione ecclesiale: la Chiesa delle parrocchie, la Chiesa delle comunità religiose e delle loro opere, la Chiesa dei movimenti e delle associazioni laicali, la Chiesa del Vescovo, della cattedrale e delle iniziative diocesane, la Chiesa dei “battitori liberi” e delle sorprese stesse di Dio. Cinque dita che a volte non agiscono proprio come un’unica mano, a meno che non riprendiamo la ginnastica della comunione, della stima reciproca, della partecipazione al medesimo gesto.

Il centenario Lauretano ci offre qualche opportunità in più per provare a camminare insieme. Segnalo sin d’ora il modo in cui vivremo il secondo “mese mariano” dell’anno, quello di ottobre, quando l’immagine della Virgo Lauretana sosterà in cattedrale e presso di Lei ci metteremo tutti, ogni martedì sera, a “scuola di preghiera”. Intanto il presbiterio e i consigli pastorali della città faranno altri passi di comunione, sul sentiero tracciato dalla visita pastorale.

 

 

  1. Verso il Giubileo 2025

Sono tanti i messaggi che la Santa Casa consegna da 400 anni alla nostra comunità civile ed ecclesiale, e un filo dorato li attraversa per condurci all’essenziale, che soprattutto in questo tempo confuso e complesso non dobbiamo perdere di vista. È il filo dell’azione di Dio, che in Cristo dona lo Spirito Santo a coloro che lo cercano con cuore sincero. È il filo della nostra vita interiore, dove risuonano domande e attese segrete del cuore umano, diventando preghiera per il credente e pungolo per chi pensa di non saper pregare.

La Mamma celeste sa come farsi breccia, prima o poi, in ciascuno dei suoi figli. Per questo i cristiani ricorrono a Lei specialmente nelle ore più buie della vita e della storia. Invocando la pace, quella del cuore e quella nel mondo.

Meditiamo queste parole dette a Loreto da Benedetto XVI: “Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni a essere uomo. Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna. Ma il dimorare del Figlio di Dio nella ‘casa vivente’, nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo ‘a casa’; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida a entrare nella volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle”[8].

La Provvidenza ci regala significative coincidenze: la celebrazione di questo centenario avviene nell’anno che il Papa ha voluto fosse “anno della preghiera” in preparazione al Giubileo del 2025, quando ci faremo tutti “pellegrini nella speranza”. E mi piace pensare sin d’ora ad un analogo abbinamento, quando nel 2032 festeggeremo al Santuario di Caravaggio il VI centenario dell’apparizione di Maria a Giannetta, proprio alla vigilia del secondo millenario della Redenzione, che tutta la Chiesa vivrà nel 2033. Insomma, sempre Maria ci porta a Gesù. Lasciamola fare, con entusiasmo di bambini e fiducia di figli, e la nostra esistenza rifiorirà, per la potenza dell’Amore che Dio vuole riversare sull’umanità.

Non mancheranno proposte di formazione e preghiera, celebrazioni e pellegrinaggi. Segnalo sin d’ora quello che guiderò, insieme a don Andrea Foglia, a Loreto dal 6 all’8 settembre prossimi. Soprattutto, raccomando a me stesso e a tutti voi la quotidiana confidenza con Maria, attraverso la bella pratica del Rosario e uno sguardo amorevole verso le Sue immagini che certamente abbiamo in onore nelle chiese e nelle case. Per poi veder riflesso il suo volto in ogni ragazza e donna, che ogni uomo ha da rispettare religiosamente. Per riconoscerla anche nella comunità, affinché mai si divida e disperda.

A Lei, così tanto di casa in città, nelle nostre famiglie e nella vita di ciascuno di noi, possiamo rivolgerci con questa preghiera della nostra tradizione:

 

O Maria,

rispondendo docilmente all’annuncio dell’angelo,

nella santa casa di Nazareth,

hai accolto nel tuo grembo Gesù,

che si è fatto uomo nascendo da te,

ed ha voluto che tu fossi la madre di tutti gli uomini.

 

Aiutaci a sperare nell’amore di Dio,

nella gioia delle virtù cristiane,

nel premio eterno al quale siamo destinati.

 

Sii presente in ogni nostra famiglia,

affinché diventi una piccola chiesa

dove si impara a vivere il Vangelo.

 

Proteggi i nostri bambini,

aiuta i giovani a rispondere a Cristo che li chiama,

conforta gli anziani e gli ammalati,

benedici il nostro lavoro.

 

Fa’ che cresca tra noi la concordia

e che il mondo ritrovi le vie della bontà e della pace.

Amen.

 

 

Cremona, 2 maggio 2024

+Antonio, vescovo

 

 

[1] Giovanni Paolo II, Lettera a Monsignor Pasquale Macchi per il VII centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto, 3.

[2] Benedetto XVI, Omelia nella visita pastorale a Loreto nel 50° anniversario del viaggio di Giovanni XXIII, 4 ottobre 2012.

[3] Giovanni Paolo II, Lettera, cit. 6.

[4] Francesco, Discorso al santuario di Loreto, 25 marzo 2019.

[5] FT 72.

[6] FT 216.

[7] FT 186.

[8] Benedetto XVI, cit.

 

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02-05-2024